Sottoscrizione e deposito del ricorso straordinario per cassazione ex art.625-bis c.p.p.

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In tema di ricorso straordinario per cassazione ex art.625-bis codice di procedura penale, spetta al condannato provvedere — personalmente, ovvero col ministero di un procuratore speciale — sia alla proposizione del ricorso straordinario sia alla presentazione dell’atto nella cancelleria della cassazione. Di conseguenza è inammissibile non solo il ricorso straordinario sottoscritto dal difensore di fiducia non munito di procura speciale, ma anche il ricorso straordinario proposto personalmente dal condannato, ma depositato da altri su incarico del difensore di fiducia senza alcuna specifica procura o incarico specifico.

Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione – sezione prima penale – con sentenza n.12595 del 13 marzo 2015

Il caso

Sottoscrizione e deposito del ricorso straordinario per cassazione ex art.625-bis c.p.p.

Sottoscrizione e deposito del ricorso straordinario per cassazione ex art.625-bis c.p.p.

Sottoscrizione e deposito del ricorso straordinario per cassazione ex art.625-bis c.p.p.

La Suprema Corte di cassazione rigettava il ricorso proposto dal difensore dell’imputato avverso la sentenza della Corte di appello di Milano di conferma della condanna per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, commesso l’8 febbraio 2001.

Il condannato proponeva ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’articolo 625-bis cod. proc. pen., col ministero del nominato difensore di fiducia, censurando l’omesso rilievo ex officio, ai sensi dell’articolo 129 cod. proc. pen., della prescrizione del delitto, assertivamente maturata (tenuto conto del prolungamento del termine per effetto degli atti interruttivi) 1’8 agosto 2013, nelle more del giudizio di legittimità.

I motivi del ricorso straordinario

Secondo il difensore, nella specie non trovano applicazione le norme previgenti in materia di prescrizione, bensì quelle della novella del 5 dicembre 2005, n. 251, in quanto la sentenza di primo grado è stata deliberata il 13 giugno 2006; il termine prescrizionale massimo (prolungato), ai sensi dell’articolo 157 cod. pen., è di dodici anni e sei mesi; la sentenza della Corte suprema di cassazione impugnata non reca alcuna valutazione giuridica in punto di prescrizione; il Collegio di legittimità «ha erroneamente mancato di verificare il dato di fatto» della scadenza del termine della prescrizione.

La Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso straordinario.

Per i giudici di legittimità, concorrono due profili di inammissibilità: sul piano soggettivo e sul piano formale dell’atto di impugnazione straordinaria.

Il profilo di inammissibilità sul piano soggettivo

Sotto il primo profilo i giudici di Piazza Cavour rilevano che il ricorso è stato proposto da soggetto non legittimato: l’avvocato nella qualità di mero difensore del condannato.

Il legale, infatti, né avrebbe allegato al ricorso alcuna procura speciale, né — e neppure — avrebbe prospettato che il condannato gliela abbia mai conferita.

Orbene, l’articolo 625-bis, comma 2, cod. proc. pen. stabilisce che la impugnazione «è proposta dal procuratore generale o dal condannato con ricorso presentato alla corte di cassazione» entro il termine prescritto.

Il difensore del condannato non è legittimato a proporre l’impugnazione straordinaria.

Per gli Ermellini, a differenza, pertanto, rispetto al ricorso per cassazione (ordinario), il difensore del condannato non è legittimato alla proposizione della impugnazione straordinaria per effetto della norma derogatrice, contenuta della ridetta disposizione (lex specialis).

In proposito – prosegue la Suprema Corte – la giurisprudenza di legittimità ha fissato, esattamente in termini, il principio di diritto affatto consolidato, secondo il quale «è inammissibile il ricorso straordinario per la correzione dell’errore di fatto proposto, nell’interesse del condannato, dal difensore non munito di procura speciale, la quale è imprescindibile, trattandosi di impugnazione di carattere straordinario, riservata ex articolo 625-bis, comma 2, cod. proc. pen., esclusivamente al condannato, con la conseguenza che, in tal caso, è inapplicabile il disposto di cui all’articolo 571, terzo comma, cod. proc. pen.» (Sez. 4, n. 13918 del 05/07/2011 – dep. 12/04/2012, Tempesta, Rv. 252456; Sez. 4, n. 34923 del 27/06/2002 – dep. 17/10/2002, Abanto, Rv. 222917; Sez. 2, n. 47848 del 05/11/2003 – dep. 15/12/2003, Lodigiani, Rv. 227694).

La presentazione del ricorso straordinario da parte del condannato non vale a sanare il difetto di procura speciale.

Nella specie, il condannato è stato incaricato dal difensore ricorrente a presentare il ricorso straordinario nella cancelleria della Corte suprema di cassazione ma siffatta circostanza della personale presentazione da parte del condannato non vale – per i giudici di legittimità, a rendere ammissibile la impugnazione, riguardando, la legittimazione ad impugnare, la proposizione e non la presentazione della impugnazione.

Il requisito della proposizione ed il requisito della presentazione.

Per i giudici della Cassazione, infatti, ai sensi dell’articolo 625-bis, comma 2, cod. proc. pen., devono, comunque, concorrere entrambi i requisiti soggettivi, nel senso che spetta al condannato provvedere — personalmente, ovvero col ministero di un procuratore speciale — sia alla proposizione del ricorso straordinario sia alla presentazione dell’atto nella cancelleria della cassazione (cfr., in tema di ricorso straordinario proposto personalmente dal condannato, ma «depositato da altri su incarico del difensore di fiducia […] senza alcuna specifica procura […] o incarico specifico», Sez. 6, n. 28713 del 11/05/2012 – dep. 17/07/2012, Carlevaris, Rv. 253246).

Il profilo d’inammissibilità sul piano formale dell’atto di impugnazione straordinaria.

Secondo i giudici della Suprema Corte, inoltre, la proposta impugnazione straordinaria è, altresì, carente del requisito della specificità dei motivi, in quanto affatto generica è, nella specie, la postulazione della maturazione della (supposta) prescrizione in epoca anteriore alla pronuncia della sentenza di legittimità impugnata.

La prescrizione non consegue indefettibilmente a automaticamente al decorso del tempo dalla data di commissione del reato.

Per gli Ermellini, la prescrizione è, per vero, un evento giuridico e non un mero fatto naturale (il tempo trascorso dal dies a quo). Di conseguenza, l’accertamento della prescrizione non è frutto della pura e semplice evidenza della constatazione del computo aritmetico del termine relativo (ordinario o prolungato) sul calendario (Sez. 1, n. 3774 del 3/10/2013 – dep. 28/01/2014, Melita, non massimata).

Difatti, plurime questioni, di diritto e di fatto, costituiscono l’oggetto del giudizio sul punto della prescrizione: titolo del reato, epoca della commissione, regime applicabile, atti interruttivi, sospensioni, limiti correlativi, circostanze soggettive, fatti naturali, atti o eventi processuali influenti, effetti correlati, determinazione dei periodi di maturazione e di quelli di sospensione, computo etc.

E poichè nella specie “gli scarni riferimenti del ricorrente straordinario — circoscritti alla indicazione del titolo e della data di commissione del reato, nonché del termine ordinario, prolungato (di un quarto), e della supposta scadenza — non danno conto del preteso compimento della prescrizione in epoca anteriore alla pronuncia della sentenza impugnata, in quanto la parte ha trascurato di rappresentare la sequela procedimentale e di dimostrare, alla stregua della medesima, l’intervenuta maturazione, senza soluzione di continuità, del termine di legge: dall’8 febbraio 2001 all’8 agosto 2013”, i giudici dichiarano inammissibile l’impugnazione straordinaria.

Una breve riflessione

La sentenza della Suprema Corte riveste notevole interesse per il giurista in quanto contiene delle importanti precisazioni in ordine alle modalità di sottoscrizione e di presentazione del ricorso straordinario per cassazione ex art. 625-bis c.p.p.

L’interesse lo si nota non solo a proposito della sottoscrizione (che deve essere effettuata dal condannato personalmente ovvero da un procuratore speciale all’uopo nominato), ma soprattutto a proposito della presentazione, giacchè anche per tale adempimento valgono le stesse regole dettate per la sottoscrizione: chi deposita il ricorso straordinario per cassazione ex art. 625-bis c.p.p., se non è il condannato personalmente, deve essere delegato espressamente dal medesimo, non essendo sufficiente la delega da parte del difensore.

Ora, sul punto, non si può però non osservare come vi siano delle regole, nel nostro sistema processuale, così come interpretate dalla Suprema Corte, che a volte possano apparire molto stringenti.

Nella specie, il condannato ha censurato un possibile errore di fatto da parte della Suprema Corte di cassazione. Ma a fronte di ciò, non solo si è visto dichiarare inammissibile il ricorso, ma si è anche visto infliggere una condanna di mille euro in favore della Cassa delle ammende.

E tutto questo lo si potrebbe anche accettare se la Corte di cassazione avesse dato contezza che le doglianze del detenute erano effettivamente prive di fondamento.

Viceversa, leggendo la motivazione della sentenza ci si accorge che la Suprema Corte “contesta” al condannato, dapprima di non aver sottoscritto lui il ricorso ovvero di non aver rilasciato apposita procura speciale al suo difensore: e poi di non aver dimostrato perché il reato si sarebbe prescritto, non essendo sufficiente indicare il termine iniziale ed il termine finale.

Ed i giudici di legittimità, nella motivazione della sentenza, fanno riferimento ad un dato: la annotazione di un termine prescrizionale nella copertina del fascicolo. Epperò, i giudici della Cassazione erano in possesso del fascicolo ed avrebbe potuto verificare se le doglianze del condannato fossero fondate o meno.

Dopo aver letto la sentenza in rassegna rimane un dubbio: il dubbio che il reato si sia effettivamente prescritto, ed in altre parole, che la Corte di cassazione sia effettivamente incorsa in errore di fatto nel non valutare la decorrenza del termine prescrizionale. E rimane la certezza che, per una serie di errori (?), il ricorso non merita di essere valutato ed esaminato nel merito.

Tutto ciò però non concorre a far accettare all’imputato la condanna e quindi la pena che va ad espiare.

E’ necessario che si modifichi quantomeno la norma sul ricorso straordinario per cassazione: chi evidenzia un probabile errore non deve soggiacere a restrizioni ancor più rigorose rispetto a quelle che si applicano per il ricorso ordinario. Ma, soprattutto, dovrebbe essere consentita una analisi completa della vicenda e non dovrebbe essere consentito che il soggetto che, in ipotesi, è incorso in errore, debba valutare se, a sua volta, il condannato abbia commesso errori nel proporre, presentare o scrivere il ricorso che quell’errore vuole correggere. La denuncia dell’errore dovrebbe poter essere esaminata senza limiti. E forse sarebbe proprio il caso che la decisione sul ricorso straordinario venisse affidato ad un soggetto terzo.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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