In caso di risoluzione del contratto di locazione a seguito di sfratto per morosità, il locatore ha diritto non solo al pagamento dei canoni scaduti, ma anche al risarcimento dei danni conseguenti al mancato o ritardato rilascio dell’immobile e fino al reperimento di altro conduttore.
Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione – sezione III civile – con sentenza 13 febbraio 2015, n. 2865
Sia il giudice di primo grado che quello di appello accoglievano solo la domanda risarcitoria relativa al degrado dell’immobile ma rigettavano quella derivante dalla risoluzione anticipata del rapporto per colpa del conduttore.
Il ragionamento dei giudici di merito
Secondo i giudici di merito al locatore non competono i danni consistenti e nella mancata corresponsione dei canoni di locazione dal rilascio dell’appartamento alla nuova locazione, e nella differenza tra il canone originario e il minor canone concordato con il nuovo conduttore dalla conclusione del nuovo contratto di locazione fino alla naturale scadenza di quello intestati al precedente conduttore. E ciò in quanto tali danni non sono conseguenza diretta ed immediata dell’inadempimento del conduttore. Difatti, sempre secondo i giudici di merito, il locatore avrebbe potuto optare per la richiesta di condanna al pagamento dei canoni fino alla scadenza naturale del contratto anzichè richiedere la risoluzione del contratto di locazione e quindi assumersi il rischio del mancato guadagno conseguente, appunto, alla anticipata risoluzione.
Da qui il ricorso per cassazione
Il ragionamento seguito dalla Suprema Corte
Secondo la Suprema Corte, l’articolo 1453 c.c. non pone una incompatibilità tra la richiesta di risoluzione ed il risarcimento dei danni. Difatti detta norma stabilisce che la parte possa chiedere, a sua scelta, o l’adempimento o la risoluzione per inadempimento, salvo in ogni caso il suo diritto a richiedere anche il risarcimento del danno.
La parte non inadempiente può chiedere l’adempimento o la risoluzione e, in tale ultima ipotesi, ha anche diritto al risarcimento dei danni conseguenza diretta ed immediata dell’evento risolutivo.
Dunque, l’articolo 1453 del codice civile, facendo salvo il diritto della parte non inadempiente a richiedere la risoluzione del contratto a seguito di una valutazione sulla inaffidabilità dell’altro contraente non può precludergli, al tempo stesso, la possibilità di richiedere il risarcimento, incluso il mancato guadagno, tutte le volte in cui tale voce di danno costituisca conseguenza immediata e diretta dell’evento risolutivo.
Come può essere quantificato il quantum del risarcimento in caso di risoluzione del contratto per inadempimento.
Secondo la Suprema Corte, il quantum del risarcimento è pari all’incremento patrimoniale netto che la parte non inadempiente avrebbe conseguito mediante la realizzazione del contratto e che non ha potuto conseguire per la inadempienza dell’altra parte (v. Cass. n 530 del 2014).
In sostanza si tratta di un danno potenziale e futuro, la cui possibilità di risarcimento richiede che la lesione dell’interesse del locatore all’esecuzione del contratto sia effettiva. Nello specifico, in caso di immobile rimasto inutilizzato successivamente al rilascio del conduttore moroso, occorre fornire la prova che ciò sia dipeso da causa diversa dalla volonta’ del locatore di non locare nuovamente l’immobile.
Il principio di diritto enunciato dalla Corte Suprema.
“Il locatore che abbia chiesto ed ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, ha diritto anche al risarcimento del danno per la anticipata cessazione del rapporto di locazione. L’ammontare del danno risarcibile costituisce valutazione del giudice di merito che terra’ conto di tutte le circostante del caso concreto”.
Il precedente giurisprudenziale da cui la Suprema Corte si discosta.
Nella fattispecie in esame, la Suprema Corte si discosta dal precedente orientamento di Cass. n. 27614 del 2013, secondo la quale in ipotesi di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, intervenuto il rilascio del bene locato, la mancata percezione da parte del locatore dei canoni che sarebbero stati esigibili fino alla scadenza convenzionale o legale del rapporto, non configuri di per se’ un danno da “perdita subita”, ne’ un danno da “mancato guadagno”, non ravvisandosi in tale mancata percezione una diminuzione del patrimonio del creditore – locatore rispetto alla situazione nella quale egli si sarebbe trovato se non si fosse verificato l’inadempimento del conduttore, stante il carattere corrispettivo del canone rispetto alla privazione del godimento.
Il danno non è automatico ma non può nemmeno essere escluso in via aprioristica
Secondo la Suprema Corte, se è pur vero che a seguito del rilascio, il locatore recupera la disponibilita’ materiale della cosa e la possibilita’ di goderne, direttamente o dandola nuovamente in locazione a terzi, tuttavia questa nuova situazione di fatto di per se’ non e’ idonea a porre nel nulla il danno, che esiste ed e’ originato dalla alterazione dell’assetto di interessi concordato.
In definitiva, in caso di inadempimento contrattuale il rimedio del risarcimento per equivalente e’ in ogni caso utilizzabile, sia che il contraente non inadempiente chieda la condanna all’adempimento della controparte, sia che chieda la risoluzione del rapporto contrattuale per inadempimento della controparte.