Sentenza penale: sulla motivazione vince il dispositivo letto in udienza

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In caso di contrasto tra motivazione e dispositivo di una sentenza penale, in relazione alla quale il dispositivo sia stato letto in udienza dopo la deliberazione mentre la motivazione sia stata depositata successivamente, prevale il dispositivo.

Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione – sezione IV – con sentenza 2 marzo 2015, n. 9187

Il caso.

Sentenza penale: sulla motivazione vince il dispositivo letto in udienza

Sentenza penale: sulla motivazione vince il dispositivo letto in udienza

Un imputato proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte territoriale che aveva, a sua volta, confermato la sentenza di condanna inflitta dal giudice di primo grado.

Il ricorrente si doleva, per quel che qui interessa, del rigetto della richiesta di declaratoria di improcedibilità dei reato, per difetto di rituale querela, da parte della Corte di Appello. In particolare egli osservava che il Tribunale, nella motivazione, aveva escluso la sussistenza della aggravante, esclusione della quale non vi era traccia invece nel dispositivo.

Da qui il ricorso per cassazione

Il ragionamento della Suprema Corte

La Suprema Corte ritiene che coerentemente la Corte territoriale abbia accertato la sussistenza del reato nella forma aggravato, e ciò pur a fronte del tenore della frase utilizzata dal giudice di primo grado, nel corpo della motivazione, valorizzata dall’appellante, in quanto la stessa non consentiva di ritenere che il Tribunale avesse, in realtà, escluso la circostanza aggravante della violenza sulle cose, tenuto conto del calcolo della pena.

In caso di contrasto tra dispositivo e motivazione prevale il dispositivo.

Secondo la Suprema Corte “il dispositivo, il quale, attraverso la lettura in pubblica udienza, acquista rilevanza esterna prima della motivazione e indipendentemente a essa, non può essere modificato con la motivazione; e che, pertanto, in caso di difformità tra il dispositivo e la motivazione, il primo prevale sulla seconda, in quanto il dispositivo costituisce l’atto con il quale il giudice estrinseca la volontà “della legge” nel caso concreto, mentre la motivazione assolve una funzione strumentale (ex plurimis, Cass. Sez. 1, sentenza n. 1139 del 12/03/1992, dep. 05/05/1992, Rv. 190205)”.

Bisogna distinguere tre diverse ipotesi:

  • motivazione contestuale;
  • sentenza camerale deliberata senza lettura preliminare del dispositivo;
  • dispositivo letto e pubblicato in udienza con successiva redazione della motivazione.

Il contrasto tra dispositivo e sentenza si pone in maniera peculiare riguardo alla terza delle tre ipotesi sopra enunciate.

La Suprema Corte ha stabilito, infatti, che la soluzione, in caso di contrasto tra dispositivo e motivazione “deve risolversi in termini volta a volta diversi, congrui alle variabili sistematiche possibili (motivazione contestuale, sentenza camerale deliberata senza lettura preliminare del dispositivo, dispositivo letto e pubblicato in udienza con successiva redazione della motivazione) e comunque con attenzione alla peculiarità del caso concreto, per verificare l’effettivo contenuto della deliberazione come in ogni caso cristallizzatasi nel momento della sua prima “esternazione”.

Il contrasto tra dispositivo e motivazione nei casi di dispositivo letto in esito alla discussione, con separata e successiva stesura della motivazione non letta in unitario contesto alla pubblicazione del dispositivo.

In tale ipotesi, il contenuto del dispositivo prevale sempre e comunque, ogni qual volta esso non si appalesi intrinsecamente incoerente ovvero non presenti delle parziali omissioni nelle singole determinazioni che conducono alla determinazione della pena che risulta positivamente irrogata (cfr. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 44642 del 02/12/2010, dep. 20/12/2010, Rv. 249090, in motivazione).

Il principio di diritto espresso dalla Corte.

Il dispositivo, il quale, attraverso la lettura in pubblica udienza, acquista rilevanza esterna prima della motivazione e indipendentemente a essa, non può essere modificato con la motivazione; e che, pertanto, in caso di difformità tra il dispositivo e la motivazione, il primo prevale sulla seconda, in quanto il dispositivo costituisce l’atto con il quale il giudice estrinseca la volontà “della legge” nel caso concreto, mentre la motivazione assolve una funzione strumentale. Il tema della patologica diversità tra dispositivo e motivazione deve risolversi in termini volta a volta diversi, congrui alle variabili sistematiche possibili (motivazione contestuale, sentenza camerale deliberata senza lettura preliminare del dispositivo, dispositivo letto e pubblicato in udienza con successiva redazione della motivazione) e comunque con attenzione alla peculiarità del caso concreto, per verificare l’effettivo contenuto della deliberazione come in ogni caso cristallizzatasi nel momento della sua prima “esternazione”. in particolare, il principio di diritto che è stato affermato nei casi di dispositivo letto in esito alla discussione, con separata e successiva stesura della motivazione non letta in unitario contesto alla pubblicizzazione del dispositivo – come nel caso di specie – è che il contenuto del dispositivo prevale sempre e comunque, ogni qual volta esso non si appalesi intrinsecamente incoerente ovvero non presenti delle parziali omissioni nelle singole determinazioni che conducono alla determinazione della pena che risulta positivamente irrogata“.

Una breve riflessione

L’articolo 544 del codice di procedura penale stabilisce che, conclusa la deliberazione, il presidente redige e sottoscrive il dispositivo.

La stessa norma prevede che “subito dopo” è redatta una concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la sentenza si fonda.

Infine, la stessa norma prevede che qualora non sia possibile procedere alla redazione dei motivi in camera di consiglio, il giudice provvede a redigere e depositare la motivazione entro quindici giorni, ovvero entro un termine maggiore, di norma non superiore a novanta giorni.

Nella prassi giudiziaria, a causa dell’enorme carico di ruolo, spesso i giudici riservano di depositare la motivazione entro il termine massimo previsto dalla legge..

Tale disposizione normativa va raccordata con quella contenuta nell’articolo 525 del codice penale di rito secondo cui “la sentenza è deliberata subito dopo la chiusura del dibattimento” e che “alla deliberazione concorrono, a pena di nullità, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento“.

Ora, la ratio legis sottesa ad entrambe le disposizioni richiamate è quella di evitare il condizionamento dei giudici che vanno ad emettere una sentenza. Si pensi che la camera di consiglio nel corso della quale avviene la deliberazione della sentenza non può essere interrotta per nessun motivo. Nel caso di maxi-processi, con numerosi imputati ed innumerevoli capi di imputazioni, i giudici debbono rimanere “chiusi” in camera di consiglio per tutto il tempo necessario (anche decine di giorni) senza poter far rientro nella propria abitazione. E ciò, appunto, fino alla lettura del dispositivo.

Quindi, la deliberazione si conclude con la lettura del dispositivo e non con la redazione della motivazione.

Pertanto, si può comprendere, alla luce di tali due norme, perché la Suprema Corte di cassazione, con la sentenza in argomento, abbia stabilito il principio in forza del quale, nel caso di contrasto tra dispositivo e motivazione (nell’ipotesi di dispositivo letto in udienza e successiva stesura della motivazione) prevalga il primo. E ciò proprio perché è il dispositivo che acquista rilevanza pubblica.

Ipotizzare il contrario significherebbe svilire il principio di immediatezza ed esporre gli organi giudicanti a possibili intimidazioni (o pressioni di altro tipo) affinchè redigano e depositino una motivazione in contrasto con il dispositivo letto e pubblicato in udienza.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

 

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