«In tema di impiego pubblico privatizzato, nel caso in cui la PA stabilisca discrezionalmente di provvedere alla copertura dei posti vacanti con il sistema dello scorrimento delle graduatorie concorsuali valide ed efficaci, deve motivare la determinazione riguardante le modalità di reclutamento del personale e, in particolare, in presenza di più graduatorie per il medesimo profilo, deve indicare le circostanze di fatto o le ragioni di interesse pubblico prevalenti che la inducono ad effettuare lo scorrimento applicando un criterio diverso da quello della utilizzazione delle diverse graduatorie secondo il criterio cronologico, cioè a partire da quella di data anteriore, che è anche quella destinata a scadere per prima (seguendo l’indirizzo applicativo dettato dagli articoli 2 della Circolare della Funzione Pubblica 31 gennaio 1992, n. 8498 e della Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 5 marzo 1993, n. 7). Per il giudice ordinario la mancata giustificazione dell’omesso rispetto del criterio cronologico, nei confronti degli idonei inseriti nella graduatoria di data anteriore, si traduce nel mancato rispetto da parte della PA dei criteri generali di correttezza e buona fede (art. 1175 e 1375 cod. civ.), applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., che è configurabile come inadempimento contrattuale, suscettibile di produrre un danno risarcibile per la lesione del diritto degli interessati allo “scorrimento prioritario” della graduatoria del concorso da loro espletato».
La ha affermato la Suprema Corte di Cassazione – sezione lavoro – con sentenza n. 280 del 12 gennaio 2016
Il caso
Con ricorso al Tribunale di Roma alcuni partecipanti ad un concorso esponevano quanto segue: a) avevano superato un concorso a n. 17 posti di dirigente amministrativo indetto dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (d’ora in poi: MIUR), collocandosi in posizioni tutte successive al cinquantatreesimo posto della graduatoria, pubblicata l’8 agosto 2000; b) nello stesso giorno era stata pubblicata la graduatoria di altro concorso bandito dal MIUR per n. 3 posti di dirigente di ragioneria; c) il 27 marzo 2001 era stata poi pubblicata la graduatoria di un ulteriore concorso bandito dal MIUR per n. 122 posti di dirigente amministrativo; d) successivamente, in base alla vigente normativa, il MIUR aveva stabilito di fare uso delle graduatorie ancora valide per la copertura fino ad un terzo dei posti vacanti nell’organico dirigenziale; e) conseguentemente con decreto dirigenziale (d.d.g.) del 18 febbraio 2001 era stato disposto di utilizzare a scorrimento le graduatorie di tutti e tre i suindicati concorsi, rispettivamente per 9 unità (dal n. 29 compreso in poi), nella graduatoria del concorso cui i ricorrenti avevano partecipato, per 4 unità (dal n. 7 compreso in poi) e per 7 unità (dal n. 14 compreso in poi) nelle graduatorie degli altri due concorsi suddetti.
Sulla base di queste premesse i ricorrenti, dopo aver evidenziato la persistente validità della graduatoria del loro concorso all’epoca dell’emanazione del suindicato d.d.g. (in virtù delle proroga del termine di efficacia stabilita dall’art. 20, comma 3, della legge n. 488 del 1999), chiedevano — previa annullamento o disapplicazione del citato d.d.g. — l’accertamento del loro diritto allo “scorrimento prioritario” nella graduatoria del concorso cui avevano partecipato, perché, in caso di pluralità di graduatorie tutte valide la PA — in conformità dei principi di correttezza e buona fede — prima di attingere alle graduatorie successive, avrebbe dovuto scorrere fino in fondo la graduatoria più risalente nel tempo, destinata perdere validità prima delle altre.
La decisione del giudice di primo grado
Il Tribunale adito declinava la giurisdizione del giudice ordinario, che veniva invece affermata in sede di gravame, con sentenza della Corte d’appello di Roma n. 2209/2007. La causa veniva, quindi, riassunta dinanzi ad altro giudice persona fisica del Tribunale di Roma, che (con sentenza n. 743/2009) rigettava le domande, sul principale assunto secondo cui il rivendicato diritto allo “scorrimento prioritario” della graduatoria di data anteriore rispetto alle altre esistenti sarebbe privo di fondamento normativa, non rinvenibile neppure nell’art. 97 Cost. e nei generali principi di correttezza e buona fede.
La decisione della Corte di appello
La Corte d’appello di Roma, con la sentenza impugnata nel grado di legittimità (depositata il 6 maggio 2012), respingeva, a sua volta, gli appelli riuniti proposti dai ricorrenti avverso la suddetta sentenza del Tribunale di Roma n. 743/2009, precisando, per quel che qui interessa, quanto segue
- “a) in primo luogo va ricordata la giurisprudenza di legittimità secondo cui in materia di procedure concorsuali della PA preordinate all’assunzione dei dipendenti, l’istituto del cosiddetto “scorrimento della graduatoria” presuppone necessariamente una decisione dell’Amministrazione di coprire il posto; pertanto l’obbligo di servirsi della graduatoria entro il termine di efficacia della stessa preclude all’Amministrazione di bandire una nuova procedura concorsuale ove decida di reclutare personale, ma non la obbliga all’assunzione dei candidati non vincitori in relazione a posti che si rendano vacanti e che l’Amministrazione stessa non intenda coprire, come è reso palese dall’espressione “eventuale copertura di posti che dovessero rendersi disponibili” adoperata tanto nell’art. 15, conuna 7, del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, per i concorsi delle Pubbliche Amministrazioni in genere, quanto nell’art. 91, comma 4, del d.lgs. n. 267 del 18 agosto 2000, per i concorsi degli Enti locali, norme entrambe sopravvissute alla privatizzazione del pubblico impiego (Cass. 11 agosto 2008, n. 21509);
- b) nella specie i ricorrenti, a fronte dello scorrimento effettuato dalla PA su tre graduatorie contemporaneamente, rivendicano il diritto allo “scorrimento prioritario” della graduatoria di data anteriore rispetto alle altre esistenti (nella quale essi sono inseriti come idonei);
- c) tuttavia, non vi è alcuna norma che prevede un simile diritto, in particolare non lo prevede l’art. 3 del d.P.R. 30 marzo 2001, sulla cui base è stato emanato il decreto direttoriale di cui si tratta nel presente giudizio, visto che esso si limita a fare riferimento all’utilizzazione “delle graduatorie ancora vigenti di concorsi banditi direttamente dalle medesime”, sicché l’operato della PA si deve considerare ad esso conforme;
- d) va aggiunto che la suddetta disposizione prevale sulla Circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica richiamata dai ricorrenti, sia per il suo “rango superiore di norma di legge”; sia perché emanata in epoca successiva;
- e) va anche esclusa la violazione dei canoni di buona fede e correttezza visto che la PA si è attenuta ad una “norma di legge” e comunque ha utilizzato lo scorrimento in modo proporzionale rispetto alle quantità di idonei di ciascuna delle tre graduatorie valide”.
Da qui il ricorso per cassazione di due degli originari ricorrenti al quale resiste il MIUR, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.
La giurisdizione appartiene al giudice ordinario
Dopo il provvedimento di riunione dei due ricorsi proposti dai due ricorrenti, la Suprema Corte precisa che, per effetto della sentenza della Corte d’appello di Roma n. 2209/2007, si è formato il giudicato interno sulla giurisdizione del giudice ordinario, fondato sull’assunto secondo cui nel presente giudizio si discute del riconoscimento del diritto allo “scorrimento” della graduatoria del concorso espletato dai ricorrenti, sostenendosi che la PA anziché effettuare lo scorrimento su tre graduatorie concorsuali contemporaneamente, avrebbe dovuto effettuare lo scorrimento sulla graduatoria di data anteriore rispetto alle altre esistenti (nella quale i ricorrenti erano inseriti come idonei al momento dell’emanazione del citato d.d.g.).
Ciò, peraltro, risulta conforme – prosegue la Suprema Corte – al consolidato indirizzo delle Sezioni Unite secondo cui in materia di riparto di giurisdizione nelle controversie relative a procedure concorsuali nell’ambito del pubblico impiego privatizzato, la cognizione della domanda, avanzata dal candidato utilmente collocato nella graduatoria finale, riguardante la pretesa al riconoscimento del diritto allo “scorrimento” della graduatoria del concorso espletato, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, facendosi valere, al di fuori dell’ambito della procedura concorsuale, il “diritto all’assunzione”, mentre se la pretesa al riconoscimento del suddetto diritto è consequenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione di un nuovo concorso, la contestazione investe l’esercizio del potere dell’Amministrazione di merito, cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, la cui tutela spetta al giudice amministrativo ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4″ (vedi Cass. S.U. 18 giugno 2008, n. 16527; Cass. S.U. 16 novembre 2009, n. 24185; Cass. S.U. 13 giugno 2011, n. 12895; Cass. S.U. 7 luglio 2011, n. 14955; Cass. SU 11 dicembre 2012, n. 19595).
Sintesi dei motivi dei ricorsi
Vengono denunciate le seguenti violazioni:
- in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione sia dell’art. 3, comma 2, del d.P.R. 30 marzo 2001, in materia di criteri da adottare per l’utilizzazione delle graduatorie dei concorsi banditi dalla PA, sia della Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 7 del 1993;
- in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti;
- in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione sia dell’art. 3, comma 2, del d.P.R. 30 marzo 2001, in materia di criteri da adottare per l’utilizzazione delle graduatorie dei concorsi banditi dalla PA, sia delle Circolari della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, 5 marzo 1993 e 31 gennaio 1992, in relazione all’art. 15 disp. prel. cod. civ. Violazione dell’art. 12 disp. prel. cod. civ.;
- in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., omessa pronuncia circa la specifica domanda del ricorrente riguardante l’esistenza nell’ordinamento del principio generale dell’ordine cronologico da seguire in caso di scorrimento delle graduatorie, come affermato anche dalla giurisprudenza amministrativa;
- in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 1175 cod. civ. sostenendosi che il comportamento della PA, che ha comportato la parificazione di tutte le graduatorie, avrebbe frustrato la legittima aspettativa degli idonei inseriti nella graduatoria di data più risalente — destinata a scadere per prima — ad ottenere un posto per scorrimento. Questo avrebbe comportato una lesione del principio di buona fede e del legittimo affidamento degli idonei in graduatoria, diversamente da quanto genericamente affermato sul punto nella sentenza impugnata.
Le ragioni della decisione
Preliminarmente la Suprema Corte sottolinea l’erroneità della qualificazione, attribuita dalla Corte romana, del carattere di “norma di legge”, all’art. 3, comma 2, del d.P.R. 30 marzo 2001, visto che come si desume dall’assenza del numero di raccolta e dal contenuto dell’atto non si tratta certamente di un atto dotato “forza di legge”, ma di un provvedimento di carattere organizzativo generale volto a disciplinare la “Programmazione semestrale delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni” (come si legge nel titolo). Difatti, dalla lettura del testo del citato art. 3, comma 2, è evidente che in esso non viene dettata alcuna disciplina per l’ipotesi della contemporanea esistenza presso la medesima Amministrazione di una molteplicità di graduatorie valide, ipotesi che, peraltro, rappresenta una anomalia (vedi, in tal senso: Cons. Stato, sez. V, 30 agosto 2004, n. 5636), in quanto può comportare uno spreco di risorse umane ed economiche da parte dell’Amministrazione.
Le Circolari della Funzione Pubblica e della Presidenza del Consiglio dei Ministri
Gli unici testi nei quali, all’epoca, erano previsti “indirizzi applicativi” per l’indicata ipotesi – proseguono gli Ermellini – erano la Circolare della Funzione Pubblica 31 gennaio 1992, n. 8498 (pubblicata sulla GU Serie Generale n.49 del 28 febbraio 1992 — Suppl. Ordinario n. 44) e la Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 5 marzo 1993, n. 7 (pubblicata sulla GU n.57 del 10 marzo 1993).
In particolare, in entrambe dette Circolari, si stabilisce — nei rispettivi articoli 2 — che le assunzioni di personale, ivi autorizzate, “avvengono attingendo a graduatorie di vincitori e di idonei di concorsi già espletati valide secondo le disposizioni vigenti nei singoli comparti” e che “in presenza di più graduatorie, le assunzioni avvengono utilizzando quelle di data anteriore”.
L’art. 8 del testo unico degli impiegati civili dello Stato (d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, come modificato dall’articolo unico, della legge 8 luglio 1975, n. 305).
Del resto, sempre secondo i giudici di legittimità, deve essere considerato che l’applicazione dell’indicato criterio risponde alla stessa logica per cui, nel corso del tempo, a partire dall’art. 8 del testo unico degli impiegati civili dello Stato (d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, come modificato dall’articolo unico, della legge 8 luglio 1975, n. 305) — in base al quale: “Nel caso che alcuni dei posti messi a concorso restino scoperti per rinuncia, decadenza o dimissioni dei vincitori, l’Amministrazione ha facoltà di procedere, nel termine di due anni dalla data di approvazione della graduatoria, ad altrettante nomine secondo l’ordine della graduatoria stessa” — fino all’ art. 35, comma 5-ter, del d.lgs. n. 165 del 2001, nel testo attualmente vigente — secondo cui: “Le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le Amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione. Sono fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali” — è stato ampliato progressivamente il perimetro oggettivo di applicazione dell’istituto dello scorrimento, delineandosene il rapporto con le altre modalità di copertura dei posti vacanti, con l’intento di ridurre l’ambito della discrezionalità dell’Amministrazione nella scelta fra le diverse modalità di reclutamento, pur nel persistente riferimento al carattere “meramente eventuale” della copertura, che impedisce di configurare la procedura di scorrimento quale oggetto di un obbligo incondizionato dell’Amministrazione, direttamente collegato alla sopravvenuta vacanza del posto.
Le tappe normative intermedie
In tale percorso si collocano, come tappe intermedie: a) l’articolo 15, comma 7, del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, secondo cui le “graduatorie dei vincitori rimangono efficaci per un termine di diciotto mesi dalla data della sopracitata pubblicazione per eventuali coperture di posti per i quali il concorso è stato bandito e che successivamente ed entro tale data dovessero rendersi disponibili”; b) l’art. 91, comma 4, del d.lgs. n. 267 del 2000 (c.d. TUEL), che ha previsto che “per gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione, per l’eventuale copertura dei posti che si venissero a rendere successivamente vacanti e disponibili, fatta eccezione per i posti istituiti o trasformati successivamente all’indizione del concorso medesimo”.
Peraltro, in tutte le menzionate norme generali l’allungamento del termine di validità delle graduatorie è stato principalmente finalizzato – a parere della Corte regolatrice – al contenimento della spesa, oltre che ad una migliore organizzazione della PA, anche nell’ottica di rispettare i vincoli di bilancio, sempre più stringenti, posti dall’Unione Europea, per il cui perseguimento, con la legge costituzionale 1 del 2012, è stato introdotto il principio del pareggio di bilancio come vincolo costituzionale, modificando gli artt. 81, 97, 117 e 119 della Carta. Si è così arrivati al noto d.l. 31 agosto 2013, n. 101 (convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125), emanato per razionalizzare le procedure assunzionali delle Pubbliche Amministrazioni, dopo la presa d’atto della imminente scadenza di centinaia di graduatorie,di cui ha prorogato la validità sino a tutto il 2016.
La compresenza di più graduatorie valide per il medesimo profilo e per la stessa Amministrazione rappresenta una situazione patologica.
Ne consegue che – secondo i giudici di piazza Cavour – in simile situazione, la stessa compresenza di più graduatorie valide per il medesimo profilo e per la stessa Amministrazione rappresenta una situazione patologica ed è quindi certo che essa vada gestita in linea con i principi generali cui è stato ispirato l’anzidetto percorso normativo e, quindi, con la finalità di fare uso della procedura a scorrimento in modo da evitare — o comunque ridurre — l’evenienza della scadenza delle graduatorie.
Il criterio di buona amministrazione e di tutela del legittimo affidamento.
Ne deriva – a parere della Corte regolatrice – che il criterio di buona amministrazione e, al contempo, di tutela del legittimo affidamento degli idonei inseriti nelle graduatorie — che maggiormente corrisponde ai suddetti obiettivi è quello della utilizzazione prioritaria delle graduatorie di data anteriore, come indicato nelle suddette Circolari, salva restando la discrezionalità della decisione della PA in ordine alla copertura delle vacanze.
La giurisprudenza amministrativa
Di tutto questo ha tenuto conto — fin da epoca risalente e quindi utile per la presente fattispecie — la giurisprudenza amministrativa, che, con indirizzo consolidato, ha affermato la legittimità del principio indicato nelle suddette Circolari dell’utilizzazione prioritaria, fra più graduatorie, della graduatoria più antica, precisando che la scelta di seguire un criterio diverso deve essere effettuata in presenza di circostanze particolari che devono essere comunque esplicitate (fra le tante: Cons. Stato, sez. V, 22 Agosto 2003 n. 4742; Cons. Stato, sez. V, 20 Gennaio 2004, n. 147; Cons. Stato, sez. V, 30 agosto 2004, n. 5636;: Cons. Stato, sez. V, 24 Agosto 2007, n. 4484; Cons. Stato, sez. V, 28 settembre 2007, n. 4974; Cons. Stato, sez. III, 26 marzo 2013 n. 1692; Cons. Stato, sez. V, n. 5779 del 2002, nonché TAR Sicilia Catania, sez. I, sentenza n. 1966 del 2002; TAR Sicilia Catania, sez. III, sentenza n. 633 del 2002; TAR, Puglia Lecce, sez. II, 23 febbraio 2010, n. 590; TAR Lazio, sez. I-bis, 13 marzo 2014, n. 2801; TAR Lazio, sez. III, il 19 ottobre 2015, n. 11888).
La sentenza 28 luglio 2011, n. 14, emessa dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato
Gli Ermellini, a sostegno del percorso motivazionale addotto, evidenziano anche l’importante sentenza 28 luglio 2011, n. 14, emessa dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, nell’esercizio del potere nomofilattico attribuitole dall’articolo 99, comma 5, del codice del processo amministrativo, consistente nella possibilità di esprimere il principio di diritto nell’interesse della legge anche in caso di dichiarazione dell’irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità del ricorso, dell’ estinzione del giudizio.
In particolare, in tale sentenza il Consiglio di Stato: a) ha esaminato la questione del rapporto tra le due diverse modalità di reclutamento del personale pubblico, rappresentate dalla utilizzazione dei candidati idonei, collocati in graduatorie concorsuali ancora efficaci, attraverso il meccanismo dello “scorrimento” e la indizione di un nuovo concorso; b) di conseguenza, è stato chiamato a determinare se, in presenza di graduatorie concorsuali valide ed efficaci, la decisione con cui l’Amministrazione avvia una nuova procedura selettiva debba essere sorretta da una puntuale e approfondita motivazione, volta a illustrare le ragioni della scelta e a giustificare il sacrificio delle posizioni giuridiche dei soggetti idonei.
Il principio di diritto affermato dalla Consiglio di Stato con la sentenza 14/2011
Con lunga e articolata motivazione, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, ha risolto tali problematiche affermando il seguente principio di diritto: “in presenza di graduatorie concorsuali valide ed efficaci, l’Amministrazione, se stabilisce di provvedere alla copertura dei posti vacanti, deve motivare la determinazione riguardante le modalità di reclutamento del personale, anche qualora scelga l’indizione di un nuovo concorso, in luogo dello scorrimento delle graduatorie vigenti”.
Il superamento della tesi fin ad allora dominante nella giurisprudenza amministrativa.
A tale conclusione il Consiglio di Stato è pervenuto anche attraverso il superamento della tesi fin ad allora dominante nella giurisprudenza amministrativa (tra le ultime: Cons. Stato, sez. V, 19 novembre 2009, n. 743; Cons. Stato, sez. V, 19 novembre 2009, n. 8369; Cons. Stato, sez. IV, 27 luglio 2010, n. 4911) secondo cui la determinazione amministrativa di indizione di nuove procedure concorsuali, anche in presenza di graduatorie efficaci, essendo ampiamente discrezionale, non necessita di alcuna specifica motivazione, poiché è di per sé conforme alla regola tracciata dall’art. 97 della Costituzione.
Simmetricamente è stata considerata non condivisibile l’idea opposta, in forza della quale la disciplina in materia di “scorrimento” assegnerebbe agli idonei un diritto soggettivo pieno all’assunzione, mediante lo scorrimento, che sorgerebbe per il solo fatto della vacanza e disponibilità di posti in organico.
Al riguardo si è sottolineato – prosegue la Suprema Corte – che nelle suddette circostanze l’Amministrazione non è incondizionatamente tenuta alla copertura delle vacanze, ma deve comunque assumere una decisione organizzativa, correlata agli eventuali limiti normativi alle assunzioni, alla disponibilità di bilancio, alle scelte programmatiche compiute dagli organi di indirizzo e a tutti gli altri elementi di fatto e di diritto rilevanti nella concreta situazione, con la quale stabilire se procedere, o meno, al reclutamento del personale.
Resta ferma la discrezionalità dell’Amministrazione ma permane l’obbligo di motivare.
In altri termini, resta ferma la discrezionalità dell’Amministrazione in ordine alla decisione relativa alla copertura del posto vacante, ma l’Amministrazione, una volta stabilito di procedere alla provvista del posto, deve sempre motivare sulle modalità prescelte per il reclutamento, dando conto, in ogni caso, della esistenza di eventuali graduatorie degli idonei ancora valide ed efficaci al momento dell’indizione del nuovo concorso.
Il principio di “generale favore per l’utilizzazione delle graduatorie degli idonei”.
E nel motivare l’opzione preferita, l’Amministrazione deve tenere nel massimo rilievo la circostanza che l’ordinamento attuale afferma un “generale favore per l’utilizzazione delle graduatorie degli idonei”, che recede solo in presenza di speciali discipline di settore o di particolari circostanze di fatto o di ragioni di interesse pubblico prevalenti, che devono, comunque, essere puntualmente enucleate nel provvedimento di indizione del nuovo concorso.
In particolare, anche la decisione di “scorrimento”, poiché rappresenta un possibile e fisiologico sviluppo delle stessa procedura concorsuale, attuativo dei principi costituzionali, non può essere collocata – secondo i giudici della Cassazione – su un piano diverso e contrapposto rispetto alla determinazione di indizione di un nuovo concorso. Infatti, entrambi tali atti si pongono in rapporto di diretta derivazione dai principi dell’art. 97 Cost. e, quindi, devono essere sottoposti alla medesima disciplina, anche in relazione all’ampiezza dell’obbligo di motivazione.
Infine, il Consiglio di Stato con la decisione citata precisa che l’affermazione di un dovere più stringente delle Amministrazioni di procedere prioritariamente allo scorrimento delle graduatorie, per la copertura dei posti vacanti, non incide sulla soluzione del problema concernente la qualificazione della posizione giuridica del concorrente idoneo, il quale contesti l’avvio di una nuova procedura concorsuale, né comporta riflessi sulla giurisdizione del giudice amministrativo.
In proposito viene richiamato il principio da tempo consolidato nella giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione secondo cui la contestazione della procedura di indizione di un concorso, fondata sull’affermazione di un “diritto allo scorrimento”, si basa sulla deduzione non già di una carenza di potere dell’Amministrazione, ma di un vizio di violazione di legge, la cui cognizione spetta, in ogni caso, al giudice amministrativo.
Il d.d.g. 18 febbraio 2001 è da considerarsi viziato.
Tornando all’analisi della presente fattispecie, gli Ermellini chiariscono che il decreto dirigenziale (d.d.g.) del 18 febbraio 2001, con il quale è stato disposto di utilizzare a scorrimento contemporaneamente le graduatorie di tutti e tre i suindicati concorsi anziché di utilizzare per lo scorrimento soltanto la graduatoria di data anteriore (nella quale erano inseriti gli attuali ricorrenti), è da considerare viziato perché privo della motivazione necessaria a spiegare le ragioni per cui l’Amministrazione ha ritenuto di non privilegiare il criterio cronologico nell’uso delle graduatorie a scorrimento. Tale criterio, infatti – prosegue la Corte regolatrice – oltre ad essere indicato dalle Circolari suddette che all’epoca erano l’unica fonte esistente per disciplinare l’ipotesi — patologica — della contemporaneità di più graduatorie valide nella stessa Amministrazione, per il medesimo profilo professionale, provenivano da autorità gerarchicamente sovraordinate rispetto a quella che ha emesso il citato d.d.g. e dettavano criteri generali volti a fare sì che tutti i casi singoli fossero trattati allo stesso modo tra loro, in linea con quanto stabilito dal legislatore nel processo di progressivo ampliamento del perimetro oggettivo di applicazione dell’istituto dello scorrimento, a partire dall’art.15, comma 7, del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487.
La posizione della Corte costituzionale in punto di motivazione dei provvedimenti.
Non va, del resto dimenticato – ricordano i giudici della Suprema Corte – che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 310 del 2010, ha ribadito con forza che attraverso la motivazione — che è lo “strumento volto ad esternare le ragioni e il procedimento logico seguiti dall’autorità amministrativa” — si realizza l’esigenza di conoscibilità dell’azione amministrativa, che è intrinseca ai principi di buon andamento e d’imparzialità. Infatti, soltanto la motivazione può rendere accessibile e controllabile dagli stessi protagonisti — oltre che ed eventualmente dagli organi giurisdizionali — le modalità attraverso le quali gli organi amministrativi si sono attenuti all’obbligo di favorire un contraddittorio democratico e partecipativo con i soggetti coinvolti nei processi decisionali pubblici, che è essenziale per prevenire eventuali problemi derivanti dalla inevitabile penetrazione dell’attività amministrativa di tipo autoritativo negli spazi individuali dei singoli destinatari.
La illegittimità del decreto sopra richiamato comporta anche una violazione dell’art. 3 Cost., in quanto per effetto del suddetto atto si è venuta a creare una situazione particolare di assunzioni di personale governata da un criterio diverso da quello generale indicato dalle circolati de quibus, senza alcuna giustificazione, traducendosi – a parere della Corte regolatrice – nel mancato rispetto da parte della PA dei criteri generali di correttezza e buona fede (art. 1175 e 1375 cod. civ.), applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., essendo stato leso, senza alcuna motivazione, il diritto dei ricorrenti allo “scorrimento prioritario” della graduatoria del concorso da loro espletato, sul quale potevano fare legittimo affidamento in qualità di idonei inseriti nella graduatoria più risalente tra quelle ancora valide al momento dell’emanazione del d.d.g. 18 febbraio 2001 per posti di dirigente amministrativo del MIUR. Ne deriva che la situazione prodottasi, ai fini del presente giudizio – a parere degli Ermellini -, è configurabile come inadempimento contrattuale, suscettibile di produrre un danno risarcibile (arg. ex: Cass. SU 23 settembre 2013, n. 21671).
Da qui la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che si atterrà, per il necessario ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati e, quindi, anche al seguente
Principio di diritto
«In tema di impiego pubblico privatizzato, nel caso in cui la PA stabilisca discrezionalmente di provvedere alla copertura dei posti vacanti con il sistema dello scorrimento delle graduatorie concorsuali valide ed efficaci, deve motivare la determinazione riguardante le modalità di reclutamento del personale e, in particolare, in presenza di più graduatorie per il medesimo profilo, deve indicare le circostanze di fatto o le ragioni di interesse pubblico prevalenti che la inducono ad effettuare lo scorrimento applicando un criterio diverso da quello della utilizzazione delle diverse graduatorie secondo il criterio cronologico, cioè a partire da quella di data anteriore, che è anche quella destinata a scadere per prima (seguendo l’indirizzo applicativo dettato dagli articoli 2 della Circolare della Funzione Pubblica 31 gennaio 1992, n. 8498 e della Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri 5 marzo 1993, n. 7). Per il giudice ordinario la mancata giustificazione dell’omesso rispetto del criterio cronologico, nei confronti degli idonei inseriti nella graduatoria di data anteriore, si traduce nel mancato rispetto da parte della PA dei criteri generali di correttezza e buona fede (art. 1175 e 1375 cod. civ.), applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., che è configurabile come inadempimento contrattuale, suscettibile di produrre un danno risarcibile per la lesione del diritto degli interessati allo “scorrimento prioritario” della graduatoria del concorso da loro espletato».
Una breve riflessione
La sentenza sopra riportata affronta una tematica che, nell’attuale scenario economico e sociale del Paese, non può certo dirsi non attuale.
Non vogliamo spendere, né potremmo farlo meglio dell’Ill.mo Estensore della sentenza, alcuna parola ulteriore. La sentenza va letta per intero ed assaporata per quello che è.
Di particolare rilievo il passaggio motivazionale in cui si afferma che “la compresenza di più graduatorie valide per il medesimo profilo e per la stessa Amministrazione rappresenta una situazione patologica”.
Difatti, il problema che sta a monte della questione elevata alla cognizione dei giudici di piazza Cavour è anche questo: come mai la stessa Amministrazione ha bandito altri concorsi per il medesimo profilo richiesto durante la vigenza di una precedente graduatoria valida?
Non ci azzardiamo nemmeno a ipotizzare una risposta perché – ne siamo certi – potrebbe venirne fuori un dibattito “politico”.
Certo, potrebbero sussistere ragioni particolari che impongano di seguire questa strada (cioè della compresenza di più graduatorie), però la Suprema Corte di Cassazione ricorda che va sempre avuto riguardo al principio di “generale favore per l’utilizzazione delle graduatorie degli idonei”.
E la sentenza è riuscita, nel bilanciamento di opposti interessi, ad esprimere un principio che potrà sicuramente essere condiviso da tutti gli appartenenti a tutte le graduatorie. Giacchè, se i soggetti idonei nella graduatoria più datata hanno diritto a non vedersi scadere la efficacia della graduatoria stessa a vantaggio degli inseriti nelle graduatorie successive, è anche vero che pure i soggetti inseriti nelle graduatorie successive hanno maturato l’aspettativa ad essere assunti prima degli appartenenti alle graduatorie più datate.
Vedremo allora se, dopo questa sentenza, la Pubblica Amministrazione si limiterà a “pescare” dalle graduatorie più datate o riuscirà a trovare delle valide motivazioni per derogare al principio di diritto espresso.
avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
managing partner at clouvell (www.clouvell.com)