Reato della stessa indole e revoca della pena sospesa

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Ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena prevista dall’art. 168, n. 1, cod. pen., l’identità dell’indole del reato commesso nei termini stabiliti opera solo con riferimento alle contravvenzioni e non si estende ai delitti, con la conseguenza che l’ulteriore delitto è sempre causa di revoca, quale che sia la sua natura.

Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione – sezione prima penale – con sentenza n. 36373 del 13 giugno 2016, depositata il giorno 1 settembre 2016.

Il caso 

Reato della stessa indole e revoca della pena sospesa

Reato della stessa indole e revoca della pena sospesa

Con ordinanza del 28 aprile 2015, la Corte di appello di Milano, quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza, formulata, ai sensi dell’art. 168, comma 1, cod. pen., dal Procuratore generale della Repubblica di Milano, nei confronti di un condannato, di revoca della sospensione condizionale della pena concessa al suddetto con sentenza della medesima Corte del 7.6.2006, irrevocabile dal 4.7.2007, per il reato di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali.

La Corte riteneva che il suddetto beneficio non poteva essere revocato in quanto con la sentenza della Corte di appello di Milano del 11.6.2013, il reo era stato condannato alla pena di anni uno di arresto per la contravvenzione di cui all’art. 699 cod. pen. e a quella di mesi quattro di reclusione per il reato di ci agli artt. 490, 477, 482 cod. pen. e che tali ultimi reati non sono della stessa indole di quelli oggetto della sentenza con la quale era stata concessa la sospensione condizionale della pena.

Il ricorso per cassazione

Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica di Milano denunciando l’erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 168, comma 1, n. 1 cod. pen..

Con requisitoria scritta, il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e la revoca della sospensione condizionale della pena concessa con sentenza 7.6.2006, irrevocabile dal 4.7.2007.

Il principio di diritto

Ricordano gli Ermellini che “ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena prevista dall’art. 168, n. 1, cod. pen., l’identità dell’indole del reato commesso nei termini stabiliti opera solo con riferimento alle contravvenzioni e non si estende ai delitti, con la conseguenza che l’ulteriore delitto è sempre causa di revoca, quale che sia la sua natura” (ex pluribus Sez. 6, n. 10349 del 06/02/2013, Rv. 254688).

La Suprema Corte accoglie il ricorso del Procuratore Generale

In applicazione di detto principio – poiché il reo, nel caso in esame, è stato condannato con la sentenza della Corte di appello di Milano dell’11.6.2013, anche per un delitto commesso il 24.8.2010 e cioè nei cinque anni successivi dalla data di irrevocabilità della sentenza della Corte di Appello di Milano del 7.6.2006 (irrevocabile dal 4.7.2007) che gli aveva concesso la sospensione condizionale della pena – l’ordinanza impugnata viene annullata senza rinvio e, conseguentemente viene disposta la revoca di detto beneficio.

Una breve riflessione

Con la sentenza in rassegna la Suprema Corte ribadisce un orientamento che può definirsi pacifico.

In effetti, la formulazione letterale della norma contenuta nell’articolo 168 codice penale potrebbe suscitare dei dubbi. La dizione “commetta un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole” potrebbe interpretarsi nel senso che non solo la contravvenzione, ma anche il delitto, deve essere della stessa indole di quello già commesso affinchè possa procedersi alla revoca del beneficio.

Di diverso avviso è, invece, la Suprema Corte: qualunque delitto, anche si di indole diversa, legittima la revoca della sospensione condizionale della pena.

Una interpretazione, questa, che si basa sulla differente gravità (anche se solo presunta) dei delitti rispetto alle contravvenzioni.

In ogni caso, va rilevato che vi sono dei reati contravvenzionali che vengono puniti con pene superiori rispetto ad alcuni delitti e che, inoltre, tendono a tutelare dei beni giuridici di primaria importanza (come può accadere in ambito di tutela ambientale).

Alla luce di ciò, una interpretazione così rigorosa potrebbe appare ingiustificata soprattutto alla luce del non chiarissimo dettato normativo.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouyell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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