“La presenza di un veicolo fermo per incidente sulla sede stradale impone ai conducenti dei veicoli sopraggiungenti di moderare la velocità e di tenere un comportamento improntato alla massima prudenza, non potendo reputarsi circostanza assolutamente imprevedibile ed al contrario rientrando nella ragionevole prevedibilità la presenza degli occupanti della vettura incidentata sulla sede stradale in prossimità della vettura stessa”.
Lo ha affermato la Suprema Corte di Cassazione – sezione terza civile – con sentenza n. 2173 del 4 febbraio 2016
Il caso
I prossimi congiunti di una persona deceduta in conseguenza di un sinistro stradale convenivano in giudizio il responsabile del sinistro e la sua compagnia assicuratrice per la r.c.a. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni da essi subiti in conseguenza dell’incidente stradale in cui aveva perso la vita il loro congiunto. La domanda di risarcimento danni veniva rigettata sia in primo che in secondo grado.
La ricostruzione della Corte di appello
La Corte d’Appello di Milano così ricostruiva la vicenda all’esito della quale decedeva il giovane: il soggetto investito, mentre percorreva l’autostrada A4 alla guida di una Ford Mondeo con a bordo tre amici perdeva il controllo della vettura, che sbandava varie volte fino ad arrestarsi nella giusta direzione di marcia ma sulla parte sinistra della semicarreggiata di pertinenza, andandosi a posizionare con le ruote di sinistra contro il guard rail centrale; i tre amici della vittima che si trovavano a bordo della vettura riuscivano ad uscire dall’auto e ad attraversare le tre corsie della semicarreggiata fino ad andarsi a collocare in posizione protetta, a destra del guard rail della corsia di emergenza, mentre il conducente, che “inspiegabilmente” non aveva subito raggiunto gli amici che viaggiavano con lui a bordo della vettura usciva dalla vettura dalla parte destra del veicolo, ma qui, mentre si trovava a fianco del lato destro della vettura, prima che riuscisse anche lui ad attraversare e a porsi al riparo, veniva travolto dalla vettura Golf condotta dal responsabile del sinistro che sopraggiungeva da tergo. Quest’ultimo si avvedeva solo all’ultimo momento della presenza della Ford Mondeo ferma sulla corsia di sorpasso e riusciva ad evitare l’impatto con la vettura scartando verso destra, mentre non si avvedeva (tanto che non provava neppure ad evitarlo) della presenza del soggetto poi deceduto che veniva travolto e scagliato a 26 metri di distanza.
La corte di appello esclude l’applicabilità della presunzione legale di cui all’articolo 2054 c.c.
La corte d’appello riteneva che la presenza del pedone sulla carreggiata, accanto al veicolo in sosta in luogo evidentemente non consentito e pericoloso, al buio ed in posizione non protetta, di sagoma tale da non poter essere agevolmente avvistato in orario notturno, in quel preciso contesto spazio- temporale costituisse evento imprevisto ed imprevedibile tale da escludere l’applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 2054 c.c. primo comma (escluso il 2054 secondo comma non essendosi verificato alcuno scontro tra i due veicoli) e quindi da escludere totalmente la responsabilità del soggetto investitore. Il comportamento della vittima veniva considerato dal giudice di appello fattore causale esclusivo dell’evento dannoso, ovvero un fatto imprevedibile atto ad integrare il caso fortuito e a far venir meno la presunzione di colpa in capo al conducente del veicolo investitore. Essa escludeva invece che avesse incidenza causale la velocità elevata della vettura investitrice, non al di sopra dei limiti in quel punto consentiti ma ritenuta dal perito del procedimento penale comunque inadeguata alle circostanze di tempo e di luogo (ora notturna, foschia, strada bagnata da pioggia caduta in precedenza). Da qui il ricorso per cassazione dei prossimi congiunti del soggetto investito.
I motivi di ricorso
Con il primo motivo i ricorrenti deducono la sussistenza del vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c. ed in particolare la carente, insufficiente e incoerente motivazione sull’applicazione dell’art. 2729 c.c. e sulla mancata valutazione di risultanze istruttorie, ex artt. 2699 e 2700 c.c.
Contestano il riferimento contenuto nella sentenza all’art. 2729 c.c. ed affermano che la corte d’appello avrebbe erroneamente richiamato la norma sulle presunzioni per ritenere inverato il caso fortuito pur in mancanza di presunzioni gravi, precise e concordanti.
Contestano anche la valutazione della corte d’appello in relazione alla imprevedibilità di un incidente in autostrada, ed in particolare in ordine alla imprevedibilità della presenza di una vettura, ferma, a seguito dell’incidente, sulla sede stradale e con le luci accese.
In definitiva, i ricorrenti tendono ad evidenziare che la corte d’appello avrebbe proprio mal compreso gli avvenimenti e di conseguenza sarebbe giunta a conclusioni errate: non avrebbe adeguatamente considerato che, come emerge anche dalla ctu sulla dinamica, a causa della posizione di quiete assunta dalla vettura condotta dal soggetto investito dopo l’incidente (parallela allo spartitraffico centrale, con le ruote sullo spartitraffico) al predetto non è stato facile uscire dalla vettura, è dovuto uscire dalla parte destra dopo essersi svincolato dal posto di guida e quindi ha tardato a raggiungere gli amici che velocemente, benché feriti, si sono affrettati a porsi al riparo, tutti essendo consapevoli che l’auto si trovava bloccata sulla corsia di sorpasso in posizione pericolosissima, quindi che l’attardarsi del soggetto investito nell’attraversare non era affatto inspiegabile come definito dalla corte d’appello ma derivante proprio dalla dinamica dell’incidente.
Contestano che nella motivazione si sia del tutto omesso di considerare un dato obiettivo, consistente in tutti i rilievi eseguiti dalla polizia stradale ed in particolare nella contestazione di violazione del codice della strada, elevata dalla polizia stradale a carico del soggetto investitore (e dei due successivi conducenti di veicoli che sopraggiungevano) perché circolava, in violazione dell’art. 141, commi 3 e 8 C.d.S., “a velocità non regolata in relazione alle ore notturne e asfalto bagnato, senza essere in grado di conservare il controllo del veicolo ed arrestarsi entro i limiti del libero campo di visibilità e di fronte ad un ostacolo prevedibile”.
Con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano nuovamente la presenza di un vizio di motivazione, ovvero la presenza di una motivazione insufficiente ed incongrua in ordine alla mancata applicazione dell’art. 2054 primo comma c.c. e la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.
La Corte di Cassazione ritiene fondati entrambi i motivi
Per gli Ermellini, in entrambi i motivi i ricorrenti denunciano che la corte d’appello sia incorsa in vizio di motivazione, dandone una lettura strettamente legata alla violazione di legge: sostengono che essa, selezionando nella sua ricostruzione dei fatti solo alcuni degli accadimenti emersi dalla espletata istruttoria e pretermettendone altri o svalutandone totalmente l’incidenza causale sulla fattispecie concreta, abbia errato nell’applicare la norma sulle presunzioni e nell’applicare l’art. 2054 primo comma c.c.
Ciò premesso, il ricorso viene accolto sia perché la motivazione appare contraddittoria, sia perché la sentenza incorre nella violazione dell’art. 2054 primo comma c.c..
La dinamica dell’incidente è un giudizio tipicamente di merito.
Ricordano i giudici di piazza Cavour che in presenza di sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli, il giudizio espresso dal giudice di merito in ordine alla dinamica e alla eziologia dell’incidente e alla condotta dei conducenti dei veicoli scontratisi, ai fini dell’accertamento e della graduazione delle rispettive colpe e delle conseguenti responsabilità, involgendo apprezzamenti di elementi di fatto, è incensurabile in sede di legittimità, sempre che sia sorretto da motivazione adeguata e sia immune da vizi logici e da errori di diritto (Cass. n. 19188 del 2003).
Se la motivazione è contraddittoria, il vizio è censurabile in sede di legittimità
Tuttavia – prosegue la Suprema Corte – in questo caso, e senza per ciò sovrapporsi al compito del giudice di merito e rinnovare la ricostruzione dei fatti né la valutazione delle rispettive responsabilità da essi scaturente, la motivazione appare contraddittoria in quanto pur considerando accertati alcuni elementi di fatto, che attengono alle circostanze di tempo e di luogo in cui si è verificato l’incidente, e quindi sono comuni ad entrambi i soggetti coinvolti, li prende in considerazione esclusivamente come elementi a carico del ragazzo morto nell’incidente, al quale si addebita una particolare imprudenza nel non averne tenuto conto, mentre sono totalmente obliterati in relazione alla posizione dell’investitore.
Perché la motivazione della Corte di appello è contraddittoria
Infatti, secondo i giudici di piazza Cavour, la motivazione della corte d’appello parte dalla considerazione che la Ford Mondeo condotta dal ragazzo rimasto ucciso si trovava nella pericolosa posizione anzidetta, (ferma in autostrada all’estrema sinistra della corsia di sorpasso, in posizione longitudinale lungo il guard rail e con le ruote di sinistra su di esso) a causa del comportamento imprudente del suo conducente, che ne perdeva il controllo causando l’ingombro della corsia di sorpasso dell’autostrada in orario (ancora) notturno, considerando che era dicembre, e in tratto stradale non illuminato, su asfalto reso viscido dalla pioggia precedente, senza neppure collocare il segnale mobile di pericolo. Quindi parte dall’assunto che la situazione di pericolo iniziale, alla quale si sono trovate esposte le macchine sopraggiungenti, è stata creata dal soggetto investito.
A questo punto – precisa la Corte di legittimità – passa ad esaminare la condotta del conducente del veicolo investitore premettendo una regola di giudizio esatta ma che non si attaglia alla fattispecie concreta: anche avendo rispettato in tutto le norme del codice della strada, il conducente che si trovi dinanzi alla scorrettezza altrui, ha infatti l’obbligo di attivarsi per evitare il sinistro, secondo l’ordinaria diligenza, ovvero scegliendo la manovra che il guidatore medio e con riferimento alla situazione concreta valutata ex ante, appariva più idonea ad evitare il danno (Cass. n. 2639\98).
La Corte territoriale richiama le circostanze di tempo e di luogo predette, ovvero l’ora ancora notturna, l’asfalto viscido, il tratto stradale non dotato di illuminazione propria, la presenza di foschia, a cui aggiunge, come circostanze relative al veicolo condotto dal soggetto investitore, che questi viaggiava con i soli anabbaglianti accesi e non con le luci di profondità e che teneva una velocità di 97 km orari che, benché consentita in autostrada, non gli avrebbe permesso (come ricostruito anche dal consulente tecnico) di effettuare l’arresto tempestivo del veicolo dinanzi ad un ostacolo prevedibile.
Le “omissioni” motivazionali della Corte di appello.
I giudici di piazza Cavour precisano ancora che la corte territoriale però considera non rilevanti tutti questi elementi a carico del soggetto investitore, neppure ai fini di un eventuale concorso di colpa, in quanto giudica la stessa presenza di una vettura ferma sulla corsia di sorpasso e la presenza e la posizione del ragazzo, che “inspiegabilmente” non aveva ancora raggiunto i suoi amici e che, invece di proteggersi con la sagoma della vettura si trovava lungo il fianco di essa, in procinto di attraversare, come un fatto del tutto imprevedibile integrante il fortuito, idoneo a far venir meno qualsiasi responsabilità in capo al conducente del veicolo investitore.
A ciò si aggiunga – proseguono gli Ermellini – l’omesso esame da parte della Corte di appello, nella motivazione, della rilevanza di alcune circostanze di fatto oggetto di discussione che per la loro esistenza storica non potevano essere ignorate ai fini della coerenza della motivazione: è escluso che il veicolo investitore avesse rispettato in tutto le norme del codice della strada, come affermato dalla corte d’appello, in quanto, come sopra riportato, benché viaggiasse entro i limiti di velocità consentiti in autostrada, era stata redatto a suo carico un verbale di accertamento della violazione dell’art. 141 c.d.s. da parte della polizia stradale, per aver tenuto una velocità non consona allo stato dei luoghi, non contestato dal soggetto investitore: quindi esisteva negli atti del processo una accertata violazione di una regola del codice della strada in capo al soggetto investitore del quale la corte territoriale non solo non ha tenuto conto ma della quale ha affermato l’inesistenza.
In definitiva – concludono i giudici di piazza Cavour – la motivazione della corte d’appello è contraddittoria perché essa ha utilizzato alcuni elementi della fattispecie a carico del danneggiato ritenendo che questi si sia posto in una situazione di assoluto pericolo, ma non li ha ugualmente valorizzati o presi in considerazione nel valutare se il comportamento del soggetto investitore fosse stato improntato alla prudenza esigibile in quella determinata situazione di fatto e se questi, ove si fosse uniformato alle regole di prudenza richieste dalla situazione di fatto, sarebbe stato in grado di percepire per tempo l’ostacolo sulla sua strada costituito dalla autovettura ferma e di frenare o di evitarlo con una manovra più ampia e controllata che, senza colpire il soggetto investito, addossato allo sportello, gli avrebbe consentito di cogliere anche la presenza imprevista del pedone e di evitarlo.
La violazione dell’articolo 2054 c.c.
I giudici di legittimità rilevano anche la violazione dell’art. 2054 primo comma, applicabile alla fattispecie in quanto non di scontro di veicoli si tratta ma di investimento di un pedone da parte di una autovettura: la corte territoriale ha ritenuto che il conducente del veicolo investitore non fosse gravato dell’onere di dover provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, avendo qualificato la presenza del soggetto investito sulla sede stradale come un evento del tutto imprevisto e imprevedibile per il conducente, che nulla avrebbe potuto fare per evitarlo e dal quale non era esigibile alcun diverso comportamento.
Tuttavia, secondo gli Ermellini, deve affermarsi che la possibilità di trovare dinanzi a sé, sulla sede stradale, una vettura ferma per incidente, è circostanza certo inusuale ma non assolutamente imprevedibile lungo una qualsiasi strada ed anche lungo un’autostrada. Anzi, essa è una circostanza percepibile con i sensi e della quale si deve esigere la percepibilità, in quanto, in particolare, il conducente che si trovi sulla corsia di sorpasso deve essere in grado, per poterla legittimamente occupare, di aver dinanzi a sé sufficiente visibilità che gli consenta di evitare eventuali ostacoli quali le macchine in moto che lo precedono, e di completare la manovra che giustifica la sua presenza sulla corsia di sorpasso in condizioni di sicurezza.
L’avvistamento di una vettura ferma sulla corsia di sorpasso
Secondo i giudici della cassazione, l’avvistamento di una vettura ferma sulla corsia di sorpasso impone al conducente della vettura che sopraggiunge da tergo un particolare onere di moderare la velocità proprio sulla base del fatto obiettivo che si constata l’avvenuto verificarsi di un incidente con vettura ancora ferma in posizione anomala e pericolosa perché di intralcio alla normale circolazione, e della prevedibilità del fatto che possano trovarsi, all’esterno della vettura (perché feriti, o in stato confusionale, o non in grado di muoversi, o addirittura sbalzati sulla sede stradale), alcuni degli occupanti della predetta vettura.
La giurisprudenza in tema di attraversamento pedonale
La sentenza in rassegna richiama a questo proposito la giurisprudenza di legittimità in tema di attraversamento pedonale, secondo la quale in caso di investimento pedonale, la circostanza che il pedone abbia repentinamente attraversato un incrocio regolato da semaforo per lui rosso non vale ad escludere la responsabilità dell’automobilista, ove tale condotta anomala del pedone fosse – per le circostanze di tempo e di luogo, che avrebbero consigliato una maggiore prudenza e in particolare una minore velocità – ragionevolmente prevedibile. (Nella specie, il conducente si trovava in pieno centro città, in una zona di attraversamento pedonale e in una giornata piovosa) (v. Cass. n.3964 del 2014).
In conclusione, la presenza di una vettura ferma sulla corsia di sorpasso di una autostrada non può ritenersi quindi circostanza del tutto imprevedibile, né può ritenersi circostanza assolutamente imprevedibile (e quindi atta ad integrare il caso fortuito e ad esimere il conducente del veicolo investitore dall’onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno), a fronte della esistenza sulla sede stradale della vettura incidentata, la presenza di un pedone in prossimità della vettura stessa.
Il principio di diritto.
Cassata la sentenza, il giudice di rinvio dovrà attenersi al seguente principio di diritto:
“La presenza di un veicolo fermo per incidente sulla sede stradale impone ai conducenti dei veicoli sopraggiungenti di moderare la velocità e di tenere un comportamento improntato alla massima prudenza, non potendo reputarsi circostanza assolutamente imprevedibile ed al contrario rientrando nella ragionevole prevedibilità la presenza degli occupanti della vettura incidentata sulla sede stradale in prossimità della vettura stessa”.
Una breve riflessione
La sentenza in rassegna appare interessante sotto un duplice profilo: innanzitutto perché spiega quando la Corte di legittimità può sindacare la ricostruzione, in punto di fatto, della dinamica di un incidente stradale; in secondo luogo perché chiarisce i confini di operatività dell’articolo 2054 del codice civile.
Il messaggio che lancia la Corte regolatrice è che il conducente deve prevedere che, in ogni momento e in ogni condizione (di tempo e di luogo), potrebbe trovarsi un mezzo fermo sulla carreggiata unitamente agli occupanti sulla sede stradale in prossimità della vettura stessa.
Logica conseguenza di ciò è che il conducente, anche quello in fase di sorpasso, deve poter avere sempre una visuale tale (ed una velocità tale) da poter arrestare il veicolo in condizioni di sicurezza.
Ancora una volta il discrimine tra il lecito e l’illecito non è costituito dalla osservanza del limite di velocità in sé stesso. Nella specie, il soggetto investitore procedeva ad una velocità che, sebbene contenuta nel limite previsto per quella strada, non era da considerarsi moderato, e ciò nonostante è stato ritenuto responsabile o corresponsabile nella causazione dell’evento.
Inoltre, la presunzione di cui all’articolo 2054 c.c. viene riconosciuta anche nel caso di scontro tra un’autovettura ed un pedone. Ed in tale ultima ipotesi, una volta escluso il caso fortuito, il soggetto investitore non potrà essere esonerato dall’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare la causazione dell’evento e, quindi, il danno.
avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
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