L’istituto dell’immemoriale e lo jus sepulchri: giudice ordinario o amministrativo?

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L’istituto dell’immemoriale, o immemorabile, abolito dall’art. 630 del cod. civ. del 1865 e non riprodotto nel codice del 1942, se può dirsi non più compatibile con le norme in tema di prescrizione e usucapione previste nei rapporti tra privati, sopravvive nel diritto pubblico e trova applicazione al fine di riconoscere, attraverso un procedimento presuntivo, la legittimità di un esercizio di fatto corrispondente ad un diritto per un tempo immemorabile, allorché manchi un atto formale di concessione e si intenda adeguare per «un’elementare esigenza di giustizia» la situazione fattuale a quella giuridica «quale principio generale valido ai sensi dell’art. 12 delle disposizioni preliminari».

Il riconoscimento da parte del Comune della titolarità del diritto di sepoltura privata esercitato da tempo immemorabile su aree o porzioni di edificio in un cimitero pubblico configura concessione amministrativa di beni soggetti al regime demaniale. Pertanto, le controversie inerenti ad atti o provvedimenti relativi a tale concessione, che non attengano all’aspetto patrimoniale del rapporto, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, primo comma, lett. b) del d.lgs. n. 104/2010.

Lo hanno stabilito le sezioni unite civili della Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 21598 del 4 settembre 2018

L’istituto dell’immemoriale e lo jus sepulchri: giudice ordinario o amministrativo?

L’istituto dell’immemoriale e lo jus sepulchri: giudice ordinario o amministrativo?

Il caso 

Il giudizio svoltosi dinanzi agli organi della giurisdizione amministrativa riguarda una concessione di sepoltura privata rilasciata dall’Ente comunale agli eredi di persona defunta e contrastata da altri eredi di altra persona defunta e legata da rapporto parentela in linea collaterale con il primo (defunto).

Con un primo ricorso, questi ultimi  hanno impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Liguria – chiedendone l’annullamento – la determinazione dirigenziale n. 171 del 23/12/2013, con cui, su istanza dei primi  e diretta all’applicazione dell’istituto dell’immemoriale previsto dall’art. 88 del Regolamento di polizia mortuaria del Comune, questo aveva riconosciuto il dante causa dei richiedenti (1899-1986) quale titolare del rapporto di concessione di sepoltura privata, intestato alla famiglia, e aveva altresì stabilito che il diritto di sepoltura era riservato ai soli discendenti in linea retta, con esclusione dei parenti in linea collaterale. Tale determinazione è stata successivamente annullata in via di autotutela con determinazione del 19/3/2014, n. 17.

Con un secondo ricorso, gli eredi pretermessi  hanno chiesto l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 22 del giorno 11/4/2014, con cui erano stati stabiliti i criteri per il riconoscimento del diritto di uso con applicazione dell’immemoriale in via amministrativa, nella parte in cui si era ammesso tale riconoscimento in favore esclusivamente dei discendenti in linea retta del concessionario di origine.

Con un terzo ricorso, gli stessi eredi  hanno impugnato il provvedimento del 6 agosto 2014, n. 56, con cui è stato individuato nel sopraindicato de cuius (1899-1986) il concessionario d’origine della sepoltura privata n. 375, ubicata nel cimitero capoluogo del comune, con il riconoscimento del diritto d’uso esclusivo ai suoi discendenti originari ricorrenti.

L’alto Consesso ha ritenuto che il petitum sostanziale del ricorso originario, così come dei motivi aggiunti, non avesse ad oggetto la legittimità degli atti comunali relativi alla concessione cimiteriale – domanda che certamente sarebbe ricaduta nell’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. b) cod.proc.amm. – ma esclusivamente l’individuazione dell’originaria titolarità del ius sepulchri, ovvero la titolarità di un diritto di matrice civilistica.

Per la cassazione della sentenza gli eredi pretermessi  hanno proposto ricorso ai sensi dell’art. 111, ult. Comma Cost.

I motivi del ricorso per cassazione

Con l’unico articolato motivo i ricorrenti impugnano la sentenza per violazione degli artt. 103 Cost., 7 e 9 del d.lgs. n. 104/2010, nonché dell’art. 133, comma primo, lettera B) del d.lgs. citato, in relazione all’art. 824 del cod.civ. e denunciano la violazione di legge e il travisamento della fattispecie: in particolare, censurano la decisione del Consiglio di Stato nella parte in cui ha declinato la sua giurisdizione in favore del giudice ordinario nell’erroneo convincimento che la controversia avesse ad oggetto l’interpretazione e l’applicazione delle norme civilistiche in tema di famiglia e successioni, e perciò rientrasse in ambito squisitamente privatistico; al contrario – sostengono i ricorrenti – l’oggetto della controversia era costituito dalla legittimità del provvedimento con cui il Comune aveva costituito (o ricostituito) la concessione attraverso la individuazione del titolare originario, sicché la loro posizione andava qualificata come interesse legittimo e non già diritto soggettivo.

La Suprema Corte ritiene il ricorso fondato

Per gli Ermellini, la questione controversa concerne l’accertamento della titolarità di un sepolcro familiare, situato all’interno del cimitero capoluogo di un Comune ed in uso da tempo immemorabile ad una famiglia.

Non è stato rinvenuto negli atti del Comune il provvedimento di concessione cimiteriale – necessario ai sensi degli artt. 51 e seguenti del Regolamento comunale di polizia mortuaria sicché, su istanza dei gli eredi  controricorrenti, il Comune ha attivato la procedura prevista dall’art. 88 del citato Regolamento, il quale così dispone:

«Sepolture private a tumulazioni pregresse – Mutamento del rapporto concessorio. 1. Per le concessioni sussistenti prima dell’entrata in vigore del R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880, per le quali non risulti essere stato stipulato il relativo atto di concessione, trova applicazione l’istituto dell’ “immemoriale”, quale presunzione “juris tantum” della sussistenza del diritto d’uso sulla concessione. 2. Il Dirigente può stabilire che il riconoscimento di tale diritto avvenga in via amministrativa, anziché ordinariamente in via giurisdizionale. In tal caso, lo stesso provvedimento determinerà le procedure, la documentazione e gli altri elementi necessari per far luogo al provvedimento di riconoscimento. I concessionari di sepolture a tempo indeterminato possono chiedere di rinunciare a tale diritto e alla contestuale trasformazione della concessione in altra a tempo determinato. 4. Il Dirigente stabilisce i casi, le modalità e le procedure, ivi compresi le controprestazioni che il Comune può fornire ai concessionari, per rendere effettiva la facoltà di cui al comma precedente.».

In esito a tale procedura, avviata ai sensi della L. n. 241/1990 ed in cui è stata compiuta attività istruttoria, con la determinazione n. 56 del 6 agosto 2014 (e prima ancora con la deliberazione 2 aprile 2014) il Comune ha individuato come concessionario d’origine del diritto di sepoltura il de cuius (1899-1986), dante causa dei richiamati controricorrenti. Nello stesso provvedimento si è precisato che tale determinazione teneva luogo dell’atto di concessione.

L’individuazione del titolare è stata contestata dinanzi al Tar Liguria dagli eredi pretermessi, i quali assumono che, alla stregua di circostanze di fatto non valutate o non correttamente valutate dall’ente concedente, il concessionario di origine era l’ascendente comune (bisnonno) ai due rami, deceduto nel 1927; la contestazione dei controricorrenti ha altresì riguardato la determinazione del Comune di limitare ai soli parenti in linea retta del concessionario di origine il diritto di uso del sepolcro, con esclusione dei parenti in linea collaterale, in violazione dell’art. 74 cod.civ., dei principi che regolano il sepolcro gentilizio, nonché dell’art. 56, comma 2, del Regolamento comunale di polizia mortuaria, il quale prevede che la famiglia del concessionario avente diritto alla sepoltura comprende anche i collaterali fino al quarto grado.

La natura giuridica del diritto al sepolcro

Ricordano i giudici di Piazza Cavour che per la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, il diritto sul sepolcro già costruito nasce da una concessione da parte dell’autorità amministrativa di un’area di terreno (o di una porzione di edificio) in un cimitero pubblico di carattere demaniale (art. 824 cod. civ.) e tale concessione, di natura traslativa secondo l’opinione più accreditata, crea, a sua volta, nel privato concessionario, un diritto soggettivo perfetto di natura reale, e perciò, opponibile, iure privatorum, agli altri privati, assimilabile al diritto di superficie, che si affievolisce, degradando ad interesse legittimo, nei confronti della P.A. nei casi in cui esigenze di pubblico interesse per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero, impongono o consigliano alla P.A. di esercitare il potere di revoca della concessione (Cass. Sez. Un. 24/4/2007, n. 9842; Cass. 30/5/2003, n. 8804; Cass. 24/1/2003, n. 1134; Cass. Sez. Un. 28/12/1961, n. 2835; v. pure Cons. St. 28/10/2015, n.4943; Cons. St. 11/12/2014, n. 6108; Cons. St. 8 marzo 2010, n. 1330).

Secondo gli Ermellini, la concessione da parte del Comune di aree o porzioni di edificio di un cimitero pubblico configura dunque una concessione amministrativa di beni soggetti al regime demaniale, indipendentemente dalla eventuale irrevocabilità o perpetuità del diritto al sepolcro (Cass. Sez. Un., 27/7/1988, n. 4760).

Il regolamento di polizia mortuaria

La natura di concessione dell’atto di attribuzione del diritto di sepoltura privata è altresì affermata dagli artt. 90 e ss. del Regolamento di polizia mortuaria approvato con D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (e, già prima, dal regolamento approvato con D.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, artt. 59, 76 e 77, nonché dai regolamenti r.d. 25 luglio 1892, n. 448 e r.d. 21 dicembre 1942, n. 1880). Ed il Regolamento di polizia mortuaria del comune in questione recepisce tali disposizioni (artt. 51 e ss. ).

Per le sezioni unite, non è dunque in discussione che, nelle aree cimiteriali appartenenti al demanio comunale (art. 824, comma 2, cod.civ.), il diritto di uso del sepolcro può sorgere solo in forza di un provvedimento di concessione comunale. È indubbio inoltre che, come espressamente stabilito nell’art. 88 del Regolamento di polizia mortuaria del Comune e riportato nell’atto impugnato, il provvedimento n. 56 del 2014 tiene luogo della originaria concessione, sicché della stessa mutua natura e funzione.

L’istituto dell’immemoriale.

Ricordano i giudici di piazza Cavour che l’istituto dell’immemoriale, o immemorabile, abolito dall’art. 630 del cod. civ. del 1865 e non riprodotto nel codice del 1942, se può dirsi non più compatibile con le norme in tema di prescrizione e usucapione previste nei rapporti tra privati, sopravvive nel diritto pubblico e trova applicazione al fine di riconoscere, attraverso un procedimento presuntivo, la legittimità di un esercizio di fatto corrispondente ad un diritto per un tempo immemorabile, allorché manchi un atto formale di concessione e si intenda adeguare per «un’elementare esigenza di giustizia» la situazione fattuale a quella giuridica «quale principio generale valido ai sensi dell’art. 12 delle disposizioni preliminari».

E l’art. 88 recepisce questo istituto attribuendo al Comune il potere di accertare in via amministrativa la legittimazione del possesso alla sepoltura privata esercitato da tempo immemorabile, attraverso l’individuazione del concessionario e dei soggetti cui è attribuito il diritto alla sepoltura.

Il profilo della giurisdizione.

Sotto il profilo della giurisdizione, le Sezioni unite evidenziano che le controversie inerenti ad atti o provvedimenti relativi a tale concessione che non attengano all’aspetto patrimoniale del rapporto, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (Cass. Sez.Un. 07/10/1994, n. 8197; Cass. Sez. Un. 16/01/1991, n. 375; Cass. Sez. Un. 27/07/1988, n. 4760, rese nel vigore ratione temporis dell’art. 5 comma 1 del d.p.r. 6 dicembre 1971 n. 1034), non senza rilevare che “il discrimine fondamentale per la determinazione del giudice fornito di giurisdizione deve dunque essere individuato nella posizione giuridica che il privato interessato fa valere, che implica la giurisdizione del giudice amministrativo allorché la controversia riguardi una fase procedimentale precedente o, comunque, concernente il provvedimento attuativo del beneficio; al contrario, nei casi in cui il rapporto concessorio di una delle parti con la Pubblica Amministrazione costituisca il semplice presupposto storico della controversia tra i privati che non coinvolge in alcun modo l’amministrazione, un problema di difetto di giurisdizione del giudice ordinario non si può neppure porre (cfr. in tal senso, in generale, Cass. Sez. Un. 4/2/1993, n. 1392; Cass. Sez. Un., 8/1/1992 n. 114; Cass. Sez.Un., 19/4/1990, n. 3269)”.

L’art. 133 del codice del processo amministrativo.

L’art. 133, comma 1, lett. b) del d.lgs. 2/7/2010, n. 104 (cod.proc.amm.), dispone che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi.

Pertanto, secondo le sezioni unite, allo scopo di determinare la giurisdizione in materia di concessioni di beni pubblici non è più necessario distinguere tra diritti e interessi poiché in ogni caso la giurisdizione stessa spetta al giudice amministrativo in via esclusiva, fatta eccezione per le controversie concernenti indennità, canoni e altri corrispettivi.

La giurisdizione esclusiva

Gli Ermellini precisano altresì che, in tema di giurisdizione esclusiva, la cognizione del giudice amministrativo sussiste anche in assenza di impugnativa di un atto o provvedimento dell’autorità pubblica, purché la controversia coinvolga il contenuto dell’atto di concessione, ponendo in discussione il rapporto stesso nel suo aspetto genetico o funzionale e pertanto sia strettamente correlata alla cognizione sul rapporto concessorio sottolineandosi la natura meramente residuale della competenza giurisdizionale del giudice ordinario (Cass. Sez. Un., 9842/2007, cit., ed ivi ulteriori richiami).

Come si individua la giurisdizione

I giudici di piazza Cavour ricordano che, a norma dell’art. 386 cod.proc.civ. la decisione della giurisdizione è determinata dall’«oggetto della domanda», che è da identificare non già in base al criterio della c.d. prospettazione (ossia con riguardo alle deduzioni e alle richieste formalmente avanzate dall’istante), bensì sulla base del c.d. petitum sostanziale, il quale va identificato con la intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (ex plurimis, Cass. Sez. Un., 25/2/2016, n. 3732; Cass., Sez. Un., 7/4/2015, n. 6916; Cass., Sez. Un., 5/7/2013, n. 16883; Cass., Sez. Un., 11/10/2011, n. 20902; Cass., Sez. Un., 25/6/2010 n. 15323; Cass. Sez. Un., 5/3/2010, n. 5288; Cass. Sez. Un., 3 gennaio 2007, n. 3; Cass., Sez. Un., 26/5/2004, n. 10180).

L’oggetto della controversia della fattispecie alla cognizione dei giudici

 Ora, per le sezioni unite, dalla narrazione che precede si evince che l’oggetto della controversia è dato dalla denunzia di illegittimità – con conseguente richiesta di declaratoria di nullità per violazione di legge e travisamento, arbitrarietà, illogicità e ingiustizia manifesta, nonché difetto di motivazione – del provvedimento con il quale il Comune ha individuato il titolare originario del rapporto di concessione risalente da tempo immemorabile. È stata altresì denunciata la illegittimità dell’atto per la violazione di norme del regolamento di polizia mortuaria, in particolare dell’art. 56, il quale riconosce lo jus sepulchri anche ai collaterali fino al quarto grado, assumendosi, da parte ricorrente, che la scelta dell’amministrazione di limitare, con determinazione generale contenente le norme della procedura ex art. 88 del regolamento, il diritto alla sepoltura ai soli parenti in linea retta non è conforme alle disposizioni civilistiche, richiamate nello stesso art. 56.

La domanda censura il rapporto genetico del rapporto concessorio.

Secondo i giudici della Cassazione, risulta così evidente che, tanto nella sua prospettazione e nelle formali richieste quanto nella sua portata sostanziale, la domanda è rivolta a censurare il momento genetico del rapporto concessorio: ciò che viene in rilievo, infatti, non è il diritto soggettivo vantato nei confronti degli altri famigliari, bensì il cattivo esercizio del potere di concessione esercitato dall’autorità amministrativa che, in applicazione dell’istituto dell’immemoriale, all’esito dell’istruttoria svolta e dell’esame dei mezzi di prova raccolti, ha stabilito la legittimazione del possesso in capo ad un soggetto piuttosto che ad un altro. Si contesta cioè la legittimità dell’esercizio dei poteri valutativo-discrezionali spettanti all’amministrazione comunale nella scelta (sia pure attraverso un procedimento ricognitivo) del concessionario di origine del diritto di sepoltura privata, a fronte del quale il privato vanta una posizione soggettiva caratterizzata da una intrinseca “cedevolezza”, conseguente alla natura demaniale del bene su cui si pretende di esercitare il diritto (Cons. St. 26/9/2014, n. 4841; Cons. St., sez. V, 14/6/2000, n. 3313).

In conclusione, si verte in materia attratta nella giurisdizione del giudice amministrativo, a nulla rilevando la “natura vincolata o discrezionale del potere spettante alla pubblica amministrazione, giacché – pur a voler prescindere dal fatto che l’accertamento dell’immemorabile implica una valutazione di elementi di fatto con margini di apprezzamento non sempre ristretti -, per un verso, si verte in materia attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, con la conseguente irrilevanza di ogni distinzione tra diritto soggettivo e interesse legittimo, e, per altro verso, si è al cospetto dell’estrinsecazione di un potere autoritativo (la concessione del diritto di sepolcro) rispetto al quale il privato può vantare solo una posizione di interesse legittimo (v. Cons. Stato 28/10/2015, n.4943; Consiglio di Stato 11/12/2014, n. 6108)”.

Il principio di diritto ribadito dalle Sezioni Unite

In conseguenza delle osservazioni su svolte, le sezioni unite affermano che “il riconoscimento da parte del Comune della titolarità del diritto di sepoltura privata esercitato da tempo immemorabile su aree o porzioni di edificio in un cimitero pubblico configura concessione amministrativa di beni soggetti al regime demaniale. Pertanto, le controversie inerenti ad atti o provvedimenti relativi a tale concessione, che non attengano all’aspetto patrimoniale del rapporto, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, primo comma, lett. b) del d.lgs. n. 104/2010”.

Da qui la cassazione della sentenza ed il rinvio al Consiglio di Stato.

Una breve riflessione

Sentenza interessante quella in rassegna perché le sezioni unite, nell’affermare la giurisdizione, nel caso de quo, del giudice amministrativo, si soffermano su alcuni istituti, tra cui quello dell’immemoriale e, più in generale, sullo jus sepulchri.

La questione trattata è tutt’altro che di facile soluzione, ove solo si osservi che due organi giurisdizionali posti al vertice della giurisdizione ordinaria e della giurisdizione amministrativa l’hanno pensata in senso diametralmente opposto.

Ed in effetti, lo jus sepulchri è un istituto da cui scaturiscono situazioni di diritto soggettivo nei rapporti tra privati e, al contempo, situazioni di interesse legittimo nei rapporti con la pubblica amministrazione.

Nei casi di conflitto, come quello in esame, a volte non è semplice tracciare un confine netto ed individuare, con sufficiente margine di precisione, quale siano le situazioni lese e, di conseguenza, quale sia il giudice che abbia la giurisdizione.

Le sezioni unite hanno “sviscerato” la problematica posta alla loro attenzione, pervenendo ad una soluzione corretta dal punto di vista giuridico e, quindi, senz’altro condivisibile. Ed hanno al contempo tracciato delle linee all’interno delle quali l’interprete potrà agevolmente muoversi.

avv. filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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