In tema di legato, l’inadempimento del modus ad opera del legatario legittima i prossimi congiunti del testatore, ancorché eredi, nonché i beneficiari dell’onere a proporre, oltre all’azione di adempimento, quella di risoluzione ex art. 648, secondo comma, c.c.
Lo ha affermato la Suprema Corte di Cassazione – sezione seconda civile – con sentenza n. 4444 del 7 marzo 2016
Il caso
Un erede adiva il Tribunale perché fosse dichiarata la risoluzione della disposizione testamentaria con la quale sua moglie (de cuius) aveva legato ad una legataria la sua quota di proprietà di un immobile. Egli esponeva che: la legataria non aveva adempiuto all’onere impostole di provvedere alle esigenze sue e della moglie; era stato abbandonato a sé stesso dall’estate del 1998.
Le domande della legataria
La legataria si era costituita ed aveva chiesto il rigetto della domanda attrice e, in via riconvenzionale, la corresponsione del compenso per il servizio di assistenza reso all’erede.
La sentenza di primo grado
Il Tribunale acccoglieva la domanda attrice e rigettava quella riconvenzionale.
L’appello della legataria
La legataria proponeva appello con cui si doleva della decisione di prime cure e ne chiedeva la riforma.
La sentenza di appello
La Corte di Appello, nella resistenza dell’appellato, a cui con comparsa di costituzione del 22 febbraio 2007 si era sostituita la figlia, nella qualità di erede, con sentenza n. 7/2011 rigettava la domanda accolta in primo grado.
Le motivazioni della decisione della Corte territoriale
A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale evidenziava che la risoluzione di una disposizione testamentaria per inadempimento di un modus non poteva essere chiesta dal relativo beneficiario.
Il ricorso per cassazione
Avverso la suindicata sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione la figlia dell’erede, articolandolo su un motivo. La legataria ha resistito con controricorso.
I motivi di ricorso
Con il suo unico motivo di ricorso la figlia dell’erede impugna la sentenza ex art. 360, n. 3, c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli articoli 647, 648, 677, 1253 ed 1256 c.c.
La Corte di Appello di Lecce – a detta della ricorrente – avrebbe errato nel ritenere che il beneficiario di un onere rimasto inadempiuto che fosse pure erede non fosse legittimato a chiedere la risoluzione della disposizione testamentaria a cui accedeva il detto onere.
Il motivo viene ritenuto fondato.
Secondo gli Ermellini, ai sensi dell’art. 648, secondo comma, c.c., “Nel caso d’inadempimento dell’onere, l’autorità giudiziaria può pronunziare la risoluzione della disposizione testamentaria, se la risoluzione è stata prevista dal testatore, o se l’adempimento dell’onere ha costituito il solo motivo determinante della disposizione“. Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, tale disposizione va interpretata nel senso che, in tema di legato, l’inadempimento del modus ad opera del legatario legittima i prossimi congiunti del testatore, ancorché eredi, nonché i beneficiari dell’onere a proporre, oltre all’azione di adempimento, quella di risoluzione (Cass., Sez. 2, sentenza n. 2487 del 18 marzo 1999, Rv. 524268; Cass., Sez. 2, sentenza n. 2306 dell’11 giugno 1975, Rv. 376143). Con tale giurisprudenza – proseguono i giudici di piazza Cavour – non contrasta il precedente di Cass., Sez. 2, sentenza n. 3049 del 30 settembre 1968, Rv. 335909, menzionato dalla resistente, per il quale la legittimazione all’azione di adempimento del modo ed all’azione di risoluzione della disposizione testamentaria modale non riguarda le stesse persone. Infatti, la prima sarebbe più ampia rispetto alla seconda, spettando a qualsiasi interessato e, quindi, a chiunque abbia un interesse materiale od anche non patrimoniale all’adempimento, fra cui, ad esempio, il beneficiario del modus.
L’interesse ad agire
Con riferimento all’azione di risoluzione della disposizione testamentaria modale – precisa la Suprema Corte – detta legittimazione andrebbe attribuita in base ai principi generali sull’interesse ad agire, di cui all’art. 100 c.p.c., interesse che è dato dalla situazione giuridica soggettiva di vantaggio sostanziale, il cui riconoscimento viene posto ad oggetto della pretesa fatta valere in giudizio, e che si concreta nella esigenza di conseguire un risultato utile o giuridicamente apprezzabile attraverso l’intervento del giudice. In tale ottica, a parere degli Ermellini, il beneficiario dell’onere è da ritenere soggetto che sicuramente ha motivo per chiedere la risoluzione della disposizione testamentaria de qua. Egli, ove sia pure erede, riotterrebbe indietro la res, conseguendo un vantaggio patrimoniale; in ogni caso, potrebbe soddisfare le esigenze morali che erano state perseguite dal de cuius e che, a causa dell’inadempimento del legatario, erano rimaste irrealizzate. Pertanto, a giudizio dei giudici di piazza Cavour, la Corte territoriale, statuendo che l’erede e marito della de cuiuis, nonché beneficiario del modus, non era legittimato a chiedere la risoluzione della disposizione in questione ex art. 648, secondo comma, c.c., non ha rispettato la giurisprudenza summenzionata.
Il principio di diritto
Da qui la cassazione con rinvio alla stessa corte territoriale, in diversa composizione, pure per le spese del giudizio di legittimità, affinché decida la causa applicando il seguente principio di diritto: in tema di legato, l’inadempimento del modus ad opera del legatario legittima i prossimi congiunti del testatore, ancorché eredi, nonché i beneficiari dell’onere a proporre, oltre all’azione di adempimento, quella di risoluzione ex art. 648, secondo comma, c.c.
Una breve riflessione
La sentenza in rassegna afferma il diritto del beneficiario dell’onere ad ottenere (anche) la risoluzione della disposizione testamentaria modale nel caso in cui il legatario sia rimasto inadempiente.
Dunque, la legittimazione a proporre l’impugnazione spetta ai prossimi congiunti del testatore, ancorché eredi, nonché ai beneficiari dell’onere.
L’interpretazione offerta dalla Corte regolatrice ha l’indubbio vantaggio di mettere alle strette il legatario nel caso di suo inadempimento.
Ed in effetti, i prossimi congiunti del testatore hanno tutto l’interesse ad impugnare, anche qualora non fossero eredi. In tale ipotesi vi sarebbe un interesse morale.
Se i prossimi congiunti sono al contempo eredi, il loro interesse ad agire sussiste anche dal punto di vista economico. E l’interesse ad agire sussiste anche in capo ai beneficiari dell’onere, quantunque non eredi del de cuius.
Tale rosa di possibili soggetti portatori di un interesse diretto e specifico a chiedere l’adempimento dell’onere ma anche la risoluzione della disposizione testamentaria modale spinge, senza ombra di dubbio, il legatario, ad evitare comportamenti che possano qualificarsi come inadempienti rispetto alla volontà del de cuius.
avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
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