Ai fini della interruzione della prescrizione, la dichiarazione diretta ad una determinata persona si reputa conosciuta nel momento in cui giunge all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia. Pertanto, ai fini della produzione dell’effetto interruttivo, la conoscenza dell’atto non deve necessariamente essere effettiva, essendo sufficiente la conoscenza legale da parte del destinatario.
Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione – sezione lavoro – con sentenza n.23518 depositata il 20 settembre 2019
Il caso.
La querelle riguardava ventisette avvisi di addebito contenenti l’intimazione di pagamento di contributi previdenziali pretesi dall’Inps.
Uno dei profili oggetto di contestazione era quello della assenza di prova della consegna di atti interruttivi della prescrizione al debitore.
Basta la spedizione, salvo prova contraria.
Secondo la Suprema Corte, essendo gli avvisi di addebito e di pagamento atti di natura stragiudiziale aventi efficacia interruttiva della prescrizione, trova applicazione la norma di cui all’art. 1335 cod. civ. in base alla quale la dichiarazione diretta ad una determinata persona si reputa conosciuta nel momento in cui giunge all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.
Si è, infatti, affermato – proseguono i Giudici di Piazza Cavour – (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6725 del 19.3.2018) che «L’atto stragiudiziale di costituzione in mora del debitore, anche al fine dell’interruzione della prescrizione, inviato al debitore con raccomandata a mezzo del servizio postale, si presume giunto a destinazione – sulla base dell’attestazione della spedizione da parte dell’ufficio postale, pur in mancanza dell’avviso di ricevimento -; tuttavia, qualora il destinatario contesti il fatto stesso della ricezione di alcunché sorge in capo al mittente l’onere della prova del detto ricevimento>> (conf. a Sez. L., n. 10849 dell’11.5.2006; v. altresì in tal senso Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15762 del 24.6.2013).
Al riguardo si è, altresì, precisato (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12480 del 21.5.2013) che « In tema d’interruzione della prescrizione, tanto l’atto giudiziale, di cui ai primi tre commi dell’art. 2943 cod. civ., quanto l’atto stragiudiziale, di cui all’ultimo comma dello stesso articolo, postulano, ai fini della produzione dell’effetto interruttivo, la conoscenza dell’atto – non necessariamente effettiva, essendo sufficiente la conoscenza legale (artt. 1334, 1335 cod. civ., artt. 137 e segg. cod. proc. civ.) – da parte del destinatario>>.
Cosa era accaduto nello specifico.
Nella specie era accaduto che sia dalla documentazione prodotta dall’ente previdenziale, sia dalla sentenza di primo grado, era emerso che i diversi atti interruttivi della prescrizione erano stati indirizzati al debitore, ovvero all’ente estinto, al quale era poi subentrato l’appellato Consorzio di Bonifica, in virtù della deliberazione della Giunta Regionale.
La stessa Corte territoriale aveva poi accertato, attraverso indagine di fatto condotta su documentazione acquisita d’ufficio, che il disciolto Consorzio di cui sopra, destinatario delle pretese Inps, al quale era poi succeduto “l’odierno ricorrente” nei rapporti attivi e passivi, era ricompreso nei Consorzi Raggruppati, istituiti con apposito decreto ministeriale, e che la sede di tali Consorzi era ubicata nella stessa sede assegnata al neo-costituito Consorzio, “attuale ricorrente”. Inoltre, in tale sede erano stati recapitati nel 2012, senza alcuna opposizione quanto alla ritualità della comunicazione, i ventisette avvisi di addebito, nonché gli avvisi di pagamento di cui trattasi. Infine, la Corte territoriale ha accertato che i Consorzi Raggruppati avevano come finalità istituzionale quella di perseguire l’espletamento delle pratiche tecniche ed amministrative dei singoli Consorzi, rivestendo, quindi, il ruolo di ente servente rispetto alle esigenze di carattere amministrativo dei vari consorzi, comprensivo di poteri di rappresentanza, per cui un tale collegamento non poteva non avere la sua rilevanza anche in ordine all’efficacia interruttiva degli atti di messa in mora pervenuti nella stessa sede.
Una breve riflessione
La sentenza in rassegna riveste notevole interesse giacchè accade spesso che un atto interruttivo, pur inviato al destinatario, non venga consegnato e, quindi, il destinatario non ne abbia “effettiva” conoscenza.
La Suprema Corte, sul punto, ritiene applicabile il principio di cui all’articolo 1335 c.c. a mente del quale “la proposta, l’accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilita’ di averne notizia”.
Dunque, dovrà essere il destinatario, per vincere la presunzione di conoscenza a suo carico, e quindi pe paralizzare la produzione dell’effetto interruttivo, a dover dimostrare di non aver avuto notizia della comunicazione senza sua colpa.
In assenza di tale “prova del contrario”, la presunzione (semplice) di conoscenza sarà idonea alla produzione dell’efficacia interruttiva della prescrizione.
Ovviamente, il procedimento di invio dell’atto deve essere valido.
Diversamente, non si produrrebbe alcun effetto interruttivo.
Sul punto si veda Cass. n. 7847/2017 secondo cui la notifica invalida di un atto che in linea astratta è idoneo ad interrompere la prescrizione non esplica tale efficacia interruttiva atteso che tale invalidità inficia la presunzione di conoscenza da parte del destinatario della notificazione medesima
Avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
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