Il rito da osservare per la domanda di rivendicazione, accertamento crediti e risarcimento danni nei confronti della massa fallimentare

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La domanda di rivendicazione di somme già acquisite ad un fallimento deve essere proposta nelle forme previste dagli artt. 93 e segg. o 101 della legge fall., in quanto il relativo procedimento è l’unico idoneo ad assicurare il principio della concorsualità anche nella fase di cognizione, implicando la necessaria partecipazione ed il contraddittorio di tutti i creditori. Pertanto, anche l’accertamento dei crediti vantati nei confronti della massa deve aver luogo con il medesimo rito previsto per i crediti concorsuali.

Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione – sezione prima civile – con sentenza n.19658 del giorno 1 ottobre 2015

Il rito da osservare per la domanda di rivendicazione, accertamento crediti e risarcimento danni nei confronti della massa fallimentare

Il rito da osservare per la domanda di rivendicazione, accertamento crediti e risarcimento danni nei confronti della massa fallimentare

Il caso

La Corte d’appello di Napoli si è pronunciata nella controversia promossa il 27 dicembre 2001 dall’acquirente di un immobile nei confronti di un Fallimento, dal quale aveva acquistato, per aggiudicazione alla pubblica asta nel 1996, un immobile costituito da un terreno edificato con una costruzione in cemento armato e un capannone.

L’attore, accertata la parziale abusività delle costruzioni, aveva richiesto in via principale la condanna del fallimento al pagamento della somma di £. 1.534.228.441, necessaria per la sanatoria dell’abuso edilizio, in subordine la dichiarazione della parziale nullità della vendita, con la condanna del convenuto al pagamento della somma di £. 985.251.130, pari al valore di mercato del fabbricato abusivo. Aveva richiesto altresì l’attore la restituzione con gli interessi della somma indebitamente versata alla curatela a titolo di Invim.

Le sentenze di merito

Tutte le domande proposte dall’acquirente erano state rigettate in primo grado, ma furono in parte accolte dalla Corte d’appello di Napoli, che dichiarò la nullità dell’intera vendita, condannando il fallimento alla restituzione del prezzo, pari a €. 174.575,49, e al pagamento «degli interessi legali sull’importo versato a titolo di Invim dalla domanda al saldo».

I giudici del merito ritennero che l’abusività della costruzione, accertata con consulenza tecnica d’ufficio, giustificasse la dichiarazione di nullità parziale della vendita.

Da qui il ricorso per cassazione del Fallimento, sulla base di sette motivi d’impugnazione, cui resiste l’acquirente, proponendo altresì ricorso incidentale, affidato a tre motivi.

I motivi del ricorso principale

Con il primo motivo il ricorrente principale deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 40 legge 28 febbraio 1985, n. 47 e dell’art. 1418 c.c., lamentando che abbia omesso di considerare l’espressa esenzione da nullità dei trasferimenti di immobili irregolari avvenuti nell’ambito di procedure esecutive anche concorsuali, come il fallimento (art. 40 comma 5 legge 28 febbraio 1985, n. 47).

Secondo il ricorrente principale, infatti, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici del merito, l’art. 40 comma 6 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, riconosce all’acquirente la possibilità di sanatoria nel termine di 120 giorni dall’aggiudicazione, quando si tratti di trasferimenti avvenuti nell’ambito di procedure esecutive.

Con il secondo motivo il ricorrente principale deduce ulteriori violazioni e false applicazioni dell’art. 40 legge 28 febbraio 1985, n. 47, lamentando in particolare l’erronea interpretazione del secondo comma del suddetto art. 40.

Sostiene infatti che la nullità prevista dal secondo comma dell’art. 40 legge 28 febbraio 1985, n. 47, è applicabile per il solo dato formale della mancata indicazione della concessione a edificare, prescindendo dall’accertamento dell’effettiva legittimità della costruzione. E aggiunge che comunque il fabbricato in discussione era stato realizzato in difformità, non in mancanza di concessione, come risultava dalla consulenza tecnica allegata al bando di vendita.

Con il terzo motivo, il ricorrente principale deduce vizi di motivazione della decisione impugnata in ordine alla difformità del fabbricato dalla concessione, ritenuta invece del tutto inesistente, e in ordine all’esenzione da nullità degli immobili trasferiti nell’ambito di procedure esecutive, fondandosi peraltro su una seconda consulenza contestata dal fallimento.

Con il quarto motivo, il ricorrente principale deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., lamentando che i giudici del merito abbiano dichiarato la nullità dell’intera compravendita, benché l’acquirente avesse dedotto la nullità parziale del solo trasferimento del solo fabbricato difforme dalla concessione edilizia.

Con il quinto motivo, il ricorrente principale deduce ancora violazione dell’art. 112 c.p.c., lamentando che i giudici del merito abbiano condannato il fallimento alla restituzione dell’intero prezzo degli immobili aggiudicati, mentre l’acquirente aveva richiesto la restituzione del solo valore fabbricato difforme dalla concessione edilizia.

Con il sesto motivo, il ricorrente principale deduce violazione degli art. 92 e s. legge fall., lamentando che i giudici del merito abbiano accolto le pretese risarcitorie dell’acquirente in violazione del rito prescritto per l’accertamento dei crediti nel fallimento, applicabile anche ai debiti di massa.

Con il settimo motivo, il ricorrente principale deduce vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che sia stata erroneamente determinata la data di decorrenza degli interessi riconosciuti all’acquirente.

I motivi del ricorso incidentale

Con il primo motivo il ricorrente incidentale deduce violazione dell’art. 1453 c.c., lamentando che i giudici del merito abbiano disatteso la sua domanda di adempimento del contratto, formulata in via principale con la richiesta di condanna del fallimento al pagamento della somma di £. 1.534.228.441, necessaria per la sanatoria dell’abuso edilizio.

Con il secondo motivo il ricorrente incidentale deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., lamentando che i giudici del merito abbiano dichiarato la nullità dell’intero trasferimento, mentre egli aveva richiesto, in via subordinata, la dichiarazione di nullità solo parziale, limitata al trasferimento dell’immobile difforme dalla concessione edilizia.

Con il terzo motivo il ricorrente incidentale deduce generica violazione di norme di diritto, lamentando che i giudici del merito non abbiano incluso nel suo credito di restituzione l’importo delle spese di registrazione del trasferimento.

La Suprema Corte accoglie il primo ed il sesto motivo del ricorso principale.

Per gli Ermellini, il primo motivo del ricorso principale è fondato, risultando palese la violazione del quinto comma dell’art. 40 legge n. 47 del 1985, laddove esclude esplicitamente l’applicabilità delle nullità di cui al secondo comma «ai trasferimenti derivanti da procedure esecutive immobiliari individuali o concorsuali nonché a quelli derivanti da procedure di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta amministrativa».

Il trasferimento di immobili abusivi non è nullo se avviene nell’ambito di una procedura esecutiva.

Ne consegue che – secondo i giudici di piazza Cavour – la corte d’appello non avrebbe potuto dichiarare la nullità del trasferimento. Con conseguente cassazione, sul punto, della decisione

La domanda di rivendicazione, di restituzione o di risarcimento danni nei confronti della massa fallimentare.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, «la domanda di rivendicazione di somme già acquisite ad un fallimento deve essere proposta nelle forme previste dagli artt. 93 e segg. o 101 della legge fall., in quanto il relativo procedimento è l’unico idoneo ad assicurare il principio della concorsualità anche nella fase di cognizione, implicando la necessaria partecipazione ed il contraddittorio di tutti i creditori» (Cass., sez. I, 22 aprile 2010, n. 9623, m. 613195). Pertanto, anche «l’accertamento dei crediti vantati nei confronti della massa deve aver luogo con il medesimo rito previsto per i crediti concorsuali» (Cass., sez. Il, 4 settembre 2014, n. 18691, m. 632221, Cass., sez. I, 9 aprile 2009, n. 8736, m. 607513, Cass., sez. I, 27 marzo 2008, n. 7967, m. 602814).

Concludono i giudici di piazza Cavour affermando che sia la domanda di condanna al risarcimento dei danni sia la domanda di restituzione dell’importo versato per l’Invim non potevano essere accolte al di fuori procedimento previsto per l’accertamento dei crediti concorsuali: i giudici del merito avrebbero dovuto dichiararle improcedibili.

Da qui il rigetto del ricorso ed il rigetto, nel merito, della domanda di nullità del trasferimento.

Una breve riflessione.

La sentenza in rassegna offre interessanti spunti di approfondimento per il giurista.

Il primo riguarda la nullità degli atti di trasferimento di immobili abusivi. Trasferimento che, se avviene nell’ambito di una procedura esecutiva individuale o concorsuale, ovvero nell’ambito di procedure di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta amministrativa, non viene colpito dalla sanzione della nullità.

Tale meccanismo derogatorio al principio generale di nullità dei trasferimenti di immobili abusivi o privi della concessione edilizia o in sanatoria (o del permesso di costruire), tuttavia, a ben vedere, non fa che creare una disparità di trattamento favorendo i soggetti debitori (nei cui confronti sono pendenti procedure esecutive) rispetto ai soggetti che, non essendo debitori di alcuno o chicchessia, non possono trasferire ad altri un immobile privo dei necessari provvedimenti amministrativi.

In buona sostanza, si tratta di una norma che, con l’intento di favorire la liquidazione dei beni del debitore, abdica alla funzione pubblicistica che è sottesa all’osservanza delle norme in materia urbanistica, determinando la creazione di un tertium genius a cavallo tra immobili regolarmente assentiti ed immobili non sanati. Questi ultimi, nonostante siano “irregolari”, possono essere trasferiti anche se abusivi e possono essere sanati su richiesta dell’aggiudicatario con istanza da proporsi entro il termine di giorni centoventi dalla aggiudicazione.

Altra questione di non minore importanza è quella relativa al rito da seguire per richiedere ed ottenere il risarcimento dei danni e/o la restituzione di beni propri, attualmente in possesso della curatela fallimentare.

Per i giudici di piazza Cavour, tali domande vanno proposte ai sensi degli articoli 93 e 101 legge fallimenti perché solo tale procedura consente la salvaguardia del contraddittorio con tutti i creditori ed assicura il principio della concorsualità anche in fase di cognizione.

Tale vis attrattiva, però, determina non pochi problemi pratici, come nel caso di domande da proporre nei confronti di più soggetti in solido (uno solo dei quali sia il fallimento). Determina altresì problemi di procedura dal momento che, avendo la opposizione allo stato passivo natura impugnatoria, soggiace alle preclusioni probatorie tipiche del grado di appello. Il creditore dovrà allora articolare e proporre tutte le domande unitamente alla istanza di ammissione al passivo ma, in siffatto, modo, ha una potenzialità di provare i fatti più limitata rispetto a quanto non gli sia consentito nel rito ordinario.

Va da sé che, in un caso come quello oggetto della sentenza, il creditore che si è visto dichiarare, in sede di legittimità, la improcedibilità della originaria domanda, se decidesse di azionare il rito fallimentare, anche ove il suo creditore non fosse nel frattempo prescritto, potrebbe sentirsi opporre la tardività della insinuazione.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

 

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