Diversamente accade nel caso di obbligazioni condominiali contrattuali per le quali ciascun condomino risponde limitatamente alla propria quota.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sez. II Civile, con sentenza 29 gennaio 2015, n. 1674
Il quesito di diritto che viene posto dal ricorrente è se, in tema di condominio, debba applicarsi l’art. 1294 c.c. per cui i condebitori (condomini) sono tenuti in solido, se dalla legge o dal titolo non risulta altrimenti, ritenendo che tale disposizione non sia derogata dalle norme specifiche concernenti il condominio negli edifici”.
La problematica riguarda le questioni sorte sotto l’impero della disciplina anteriore alla legge n. 220/12 (in vigore dal 18.6.2013).
Come è noto, infatti, detta legge, che ha novellato le norme in tema di condominio, ha modificato anche l’art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile, il quale prevede ora che i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini. E difatti, lo stesso articolo prevede pure che l’amministratore è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi.
Prima della entrata in vigore della legge 220/2012 sulla questione era intervenuta la Corte di Cassazione a sezioni unite che con sentenza n. 9148 del 2008 hanno affermato il seguente principio di diritto: “Le obbligazioni condominiali, essendo pecuniarie e, come tali, naturalmente divisibili ex “parte debitoris”, difettano del requisito dell’unicità della prestazione, ragion per cui, in assenza di una disposizione normativa diversa, non sono soggette al regime della solidarietà bensì a quello della parziarietà. Il principio generale di cui all’art. 1292 c.c., infatti si applica in caso di obbligazioni per loro natura indivisibili, là dove, se la prestazione è divisibile, la solidarietà deve essere prescritta da un’apposita disposizione normativa, in mancanza della quale il regime della parziarietà prende il sopravvento”.
Con la sentenza che si commenta, la Suprema Corte, in linea con l’indirizzo delle sezioni unite, ribadisce che la solidarietà configura, nei rapporti esterni tra creditore e debitori, il modo di essere di un’obbligazione intrinsecamente parziaria quando la legge privilegia la comunanza della prestazione e che sebbene la solidarietà raffiguri un principio riguardante i condebitori in genere, tale principio generale è valido laddove, in concreto, sussistano tutti i presupposti previsti dalla legge per l’attuazione congiunta del condebito. E poiché la solidarietà, spesso, – prosegue la Suprema Corte – viene ad essere la configurazione ex lege, nei rapporti esterni, di un’obbligazione intrinsecamente parziaria, in difetto di configurazione normativa dell’obbligazione come solidale e, contemporaneamente, in presenza di un’obbligazione comune, ma naturalisticamente divisibile, viene meno uno dei requisiti della solidarietà, la quale, del resto, viene meno ogni qual volta la fonte dell’obbligazione comune è intimamente collegata con la titolarità delle res.
Ma tale ricostruzione valida per l’obbligazione contrattuale può applicarsi anche alla materia della responsabilità per fatto illecito?
In proposito va osservato che in materia di responsabilità per fatto illecito l’espressa previsione della solidarietà passiva è contenuta nell’art. 2055, primo comma c.c., in base al quale se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno.
L’applicabilità dell’art. 2055 c.c. (che opera un rafforzamento del credito evitando al creditore di dover agire coattivamente contro tutti i debitori pro quota) ai danni da cosa condominiale in custodia trova conferma in alcuni precedenti (cfr. Cass. n. 6665/09) a favore del condomino danneggiato quale terzo rispetto allo stesso condominio cui è ascrivibile il danno stesso; oppure Cass. n. 4797/01, per l’ipotesi di danni da omessa manutenzione del terrazzo di copertura cagionati al condomino proprietario dell’unità immobiliare sottostante; o ancora Cass. n. 6405/90, secondo cui i singoli proprietari delle varie unità immobiliari comprese in un edificio condominiale, sono a norma dell’art. 1117 c.c. (salvo che risulti diversamente dal titolo) comproprietari delle parti comuni, tra Le quali il lastrico solare, assumendone la custodia con il correlativo obbligo di manutenzione, con la conseguenza, nel caso di danni a terzi per difetto di manutenzione del detto lastrico, della responsabilità solidale di tutti i condomini, a norma degli artt. 2051 e 2055 c.c..
Secondo la Suprema Corte “premesse storiche, ragioni sistematiche e considerazioni particolari alla fattispecie della responsabilità per danni derivanti da cose in custodia, confortano la tesi dell’applicabilità dell’art. 2055, 1 comma c.c. anche in ambito condominiale” e ciò sull’assunto che nel codice civile del 1865, che come tutti i codici liberali dell’800 richiedeva, essendo ispirato al favor debitoris, una specifica fonte convenzionale o legale della solidarietà (v. l’art. 1188 c.c. 1865), la previsione della solidarietà passiva nelle ipotesi di delitto o quasi-delitto (v. l’art. 1156 c.c. 1865) impediva che l’opposto principio della parziarietà dell’obbligazione, concepito come una sorta di beneficio, potesse operare anche a vantaggio di chi, essendo autore di un illecito aquiliano, non ne era ritenuto degno.
Senonchè, nel codice vigente è stata invertita la regola generale sulla solidarietà passiva, e pertanto l’art. 2055 c.c. può ritenersi mera norma di rinvio all’art. 1294 c.c. “solo a patto di riespandere quella portata generale e autoreferenziale di quest’ultima disposizione, che il citato arresto delle S.U. ha inteso comprimere”.
Si deve infine considerare che la stessa struttura della responsabilità per danni prevista dall’art. 2051 c.c. presuppone l’identificazione di uno o più soggetti cui sia imputabile la custodia, e che il custode non può essere identificato né nel condominio, né nel suo amministratore.
Pertanto, la Suprema Corte arriva alla conclusione che il risarcimento del danno da cosa in custodia di proprietà condominiale non si sottrae alla regola della responsabilità solidale ex art. 2055, 1 comma c.c., individuati nei singoli condomini i soggetti solidalmente responsabili.
In ogni caso, anche dopo la novella dell’articolo 63 disp. att. del codice civile, il problema non sembra sopito. Tale norma, secondo alcuni autori (D’Auria Michele), non ha introdotto un principio generale di solidarietà della obbligazione dei condomini, ma ha disciplinato semplicemente una particolare fattispecie, sancendo che in caso di escussione negativa nei confronti di singoli condomini morosi sia possibile agire anche nei confronti di quelli virtuosi, ma ha lasciato intatti i generali criteri di parziarietà nella esigibilità del credito vantato, enunciati dalle Sezioni Unite.
Per leggere la motivazione integrale della sentenza della Suprema Corte di cassazione n.1674 del 2015 clicca qui
Per un approfondondimento sulla normativa in materia di condominio clicca qui
avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
managing partner at clouvell (www.clouvell.com)