RITENUTO IN FATTO.
1. Con atto di citazione notificato il 28.7.2010, (Omissis donna) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. ___/2010, emesso su istanza dell’ex marito (Omissis uomo) dal presidente del Tribunale di Tempio Pausania, e fondato sulle scritture private del 20.12.2005 e del 14.9.2009, contenenti una ricognizione di debito a favore di quest’ultimo.
1.1. In corso di causa, l’opponente proponeva querela di falso, ai sensi degli artt. 221 e ss. c.p.c., contro le suddette scritture, assumendo che le firme in calce ai documenti in questione sarebbero state da lei apposte su fogli in bianco, poi riempiti abusivamente dall'(Omissis uomo) senza alcuna autorizzazione della querelante.
1.2. Con sentenza n. ___/2011, il Tribunale di Tempio Pausania accoglieva la domanda, dichiarando la falsità delle scritture private impugnate.
2. L’appello proposto da (Omissis uomo) avverso tale decisione veniva, altresì, rigettato dalla Corte di Appello di Cagliari, sezione di staccata di Sassari, con sentenza n. —/2013, depositata il 7.3.2013.
2.1. Con tale decisione il giudice di seconde cure riteneva comprovata la disponibilità, da parte dell'(Omissis uomo), di fogli firmati in bianco dalla (Omissis donna), e reputava che costituisse onere dell’appellante dimostrare il rapporto fondamentale sottostante alla ricognizione di debito ex art. 1988 c.c., contenuta nelle scritture in questione, sì da consentire all’organo giudicante di escludere che vi fosse stato un abusivo utilizzo, da parte dell’appellante, di eventuali fogli sottoscritti in bianco dalla (Omissis donna). In difetto di tale dimostrazione, la falsità di dette dichiarazioni veniva, di conseguenza, confermata dal giudice del gravame.
3. Per la cassazione della sentenza n. —/2013, ha proposto, quindi, ricorso (Omissis uomo) nei confronti di (Omissis donna), e affidato a tre motivi, illustrati, altresì, con memoria ex art. 378 c.p.c. La resistente ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso, (Omissi uomo) denuncia la violazione degli artt. 71 e 221 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.
1.1. Rileva, invero, il ricorrente che al processo di appello non avrebbe partecipato – né sarebbe stato posto in condizioni di partecipare, non essendogli stata comunicata la pendenza del giudizio il Pubblico Ministero presso il giudice di seconde cure, sebbene fosse stata proposta in corso di causa una querela di falso, per la quale la partecipazione di tale organo pubblico è obbligatoria ai sensi dell’art. 221, co. 3, c.p.c.
1.2. Il motivo è fondato.
1.2.1. Va – per il vero – osservato, al riguardo, che, nel giudizio di appello relativo alla querela di falso, mentre non è necessario che il gravame sia proposto anche nei confronti del P.M. presso il giudice “a quo”, in quanto egli non può considerarsi parte nel processo e non è legittimato a proporre impugnazione, è – per contro – necessario che la pendenza del giudizio venga comunicata al P.M. presso il giudice “ad quem”, affinché egli sia posto in grado di intervenire, ai sensi dell’art. 221, co. 3„ c.p.c. Ne discende che il procedimento di appello, nel caso di omissione di tale comunicazione, deve ritenersi affetto da nullità (cfr., ex plurimis, Cass. 15504/2002; 18051/2004; 21092/2007; 22232/2014).
1.2.2. Ebbene, nel caso concreto, dall’esame della decisione impugnata non si evince in alcun modo l’adempimento di tale obbligo da parte della Corte di Appello, e neppure l’indicazione dell’Ufficio in questione risulta dall’intestazione della medesima sentenza.
1.3. La censura suesposta va, di conseguenza, accolta.
2. Restano assorbiti il secondo e terzo motivo di ricorso – concernenti il merito della vicenda – con i quali, denunciando la violazione e falsa applicazione degli att. 1218 e 1988 c.c., nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, l'(Omissis uomo) si duole del fatto che il giudice di seconde cure, a fronte della disponibilità, da parte dell’appellante, di fogli in bianco sottoscritti dalla allora coniuge, abbia posto a carico dell'(Omissis uomo) – senza adeguata motivazione al riguardo – l’onere di provare l’esistenza di una “reale causale rispetto al riconoscimento di debito”, contenuto nelle scritture impugnate con querela di falso.
3. L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari in diversa composizione, che dovrà provvedere ad effettuare la dovuta comunicazione della pendenza del giudizio di querela di falso ai P.M., ai fini della sua partecipazione al procedimento. A tal fine, il giudice di rinvio farà applicazione del seguente principio di diritto: “nei giudizio di appello relativo alla querela di falso è necessario che la pendenza dei processo venga comunicata al P.M. presso il giudice “ad quem”, affinché egli sia posto in grado di intervenire, ai sensi dell’art. 221, co. 3, c.p.c., derivandone, in mancanza, la nullità del procedimento”.
4. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa l’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del co. 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 26.6.2015.