Nel caso di cessione da parte del fallito di un contratto di locazione finanziaria ad altro utilizzatore sussiste il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione soltanto qualora possa accertarsi che la prosecuzione del rapporto da parte del curatore fallimentare avrebbe in concreto costituito una risorsa economica per i creditori e non soltanto un onere.
Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione – sezione quinta penale – con sentenza n. 40485 depositata il 12 settembre 2018
Il caso
La Corte di Appello di Milano – in parziale riforma della sentenza di condanna emessa in data 17.9.2015 dal Tribunale di Milano per i reati di bancarotta fraudolenta per distrazione limitatamente al fatto contestato di cui al capo 1 bis della originaria imputazione, di bancarotta fraudolenta documentale di cui al capo 2 della medesima imputazione e di bancarotta semplice di cui al capo 3 (così riqualificata, ai sensi dell’art. 217 n. 4 cod. pen., l’originaria imputazione di operazioni dolose causative del fallimento ex art. 223, comma, 2, n. 2 I. fall.) – assolveva l’imputato dal reato di bancarotta documentale di cui al punto 2 della imputazione perché il fatto non costituisce reato e, concesse le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, rideterminava la pena in anni tre di reclusione, con conferma nel resto della impugnata sentenza.
I motivi di ricorso
Avverso la predetta sentenza ricorre l’imputato, per mezzo del suo difensore, affidando la sua impugnativa ad una unica ragione di doglianza variamente articolata che così può essere sintetizzata:
1.1 Erronea applicazione della legge penale in riferimento alla contestata distrazione del bene strumentale oggetto di leasing, per come contestato nel capo di imputazione. Osserva il ricorrente che la Corte distrettuale aveva rintracciato l’elemento psicologico del reato distrattivo non tanto nella distrazione del veicolo oggetto di leasing, quanto piuttosto nella cessione del contratto di leasing ad altra società facente capo al medesimo imputato. Tuttavia – osserva ancora la difesa – l’oggetto del contratto di leasing era rappresentato da un camion IVECO che, al momento della cessione del predetto contratto, aveva un valore di mercato assai ridotto, in quanto oggetto di locazione finanziaria da diversi anni. Si contesta quindi la ragionevolezza della motivazione impugnata laddove, da un lato, non aveva ammesso una perizia estimativa per accertare l’esatto valore del bene ceduto e, dall’altro, aveva comunque riconosciuto l’esiguità del detto valore.
1.1.2 Contraddittorietà intrinseca della motivazione ricorsa atteso che, se per un verso, la stessa aveva evidenziato la responsabilità dell’imputato (sebbene solo a titolo colposo) per non aver richiesto subito il fallimento della società, per altro verso, aveva censurato, in modo contraddittorio, la scelta imprenditoriale di cedere un bene ormai obsoleto che rappresentava, comunque, una modalità di alleggerimento dell’attività commerciale oramai prossima alla decozione. Evidenziava il ricorrente – pertanto – che la cessione del bene in leasing aveva avuto ad oggetto un bene ormai obsoleto e comunque privo di qualsiasi valore la cui perdita non aveva arrecato alcun pregiudizio agli interessi creditori.
1.1.3 Si contestava infine la mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. in ragione della esiguità della distrazione.
Le motivazioni offerte dalla Corte di Cassazione
Chiariscono subito gli Ermellini che, secondo la giurisprudenza di legittimità, nel caso di cessione da parte del fallito di un contratto di locazione finanziaria ad altro utilizzatore sussiste il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione soltanto qualora possa accertarsi che la prosecuzione del rapporto da parte del curatore fallimentare avrebbe in concreto costituito una risorsa economica per i creditori e non soltanto un onere (Sez. 5, Ordinanza n. 9427 del 03/11/2011 Cc. (dep. 12/03/2012 ) Rv. 251996 ).
Il contratto di leasing
Sul punto, i giudici di piazza Cavour ricordano che il contratto di leasing, o locazione finanziaria, è il negozio atipico col quale una parte denominata concedente, dietro corrispettivo di un canone periodico, concede ad un’altra parte (utilizzatore) il godimento di un bene, con facoltà di restituirlo al termine prefissato ovvero di “riscattarlo” dietro pagamento di una specificata somma residua.
La manomissione del bene da parte dell’utilizzatore….
Tale essendo la struttura del rapporto giuridico – proseguono i giudici di piazza Cavour – ne deriva che la proprietà del bene, in pendenza del termine di durata, rimane in capo al concedente e il relativo trasferimento è solo eventuale in quanto dipende dalla scelta dell’utilizzazione, che sarà effettuata in base a una valutazione della residua utilità economica della cosa, in rapporto all’ammontare del prezzo di “riscatto”. Ne consegue che, in caso di successivo fallimento, qualunque manomissione da parte dell’utilizzatore, tale da impedire l’acquisizione del bene alla massa, comporta distrazione non già del bene medesimo, ma dei diritti esercitati dal fallimento al termine del contratto, determinando altresì per i creditori il pregiudizio derivante dall’inadempimento delle obbligazioni verso il concedente (v. sez. 5, n. 33380 del 18/07/2008, Bottannedi, Rv. 241397; Sez. 5, n. 6882 del 08/04/1999, Trifiletti, Rv. 213604).
…e la cessione del contratto ad altro utilizzatore.
Nel caso di cessione del contratto ad altro utilizzatore, invece, il nocumento per la massa è soltanto eventuale, in quanto si realizza soltanto se possa affermarsi che la prosecuzione del rapporto da parte del curatore avrebbe recato in concreto una risorsa economica positiva e non un onere: e al relativo accertamento è condizionata la responsabilità dell’imprenditore cedente a titolo di bancarotta fraudolenta patrimoniale (Sez. 5, n. 3612/07 del 06/11/2006, Tralicci, Rv. 236043; Sez. 5, n. 30492 del 23/04/2003, Lazzarini, Rv. 227705).
Perché la difesa del ricorrente non coglie nel segno.
Ciò posto, osserva la Corte come la parte ricorrente non si sia confrontata con il chiaro contenuto della motivazione impugnata laddove la stessa evidenziava che, secondo la ipotesi contestata nel capo di imputazione, l’oggetto della distrazione non era invero il bene riguardato dal contratto di leasing, quanto piuttosto la cessione del contratto di leasing senza alcun corrispettivo (cessione avvenuta, peraltro, ad un soggetto imprenditoriale sempre soggettivamente riconducibile all’odierno imputato). E ciò nonostante il predetto contratto incorporasse crediti non esigui relativi al prezzo di riscatto in relazione anche a quanto già versato dalla società utilizzatrice (poi fallita) in esecuzione dello stesso.
Il valore economico “incorporato” nel contratto di leasing.
È dunque a questo valore economico “incorporato” nel contratto di leasing e non già al bene oggetto di quest’ultimo – precisano i giudici di legittimità – cui deve farsi riferimento allorquando si esamina il profilo del pregiudizio economico subito dalla massa dei creditori che vanta un rilevante interesse economico alla eventuale conservazione del bene ovvero alla restituzione dello stesso al concedente con la possibilità di ricevere il differenziale del valore ai sensi dell’art. 72 quater, secondo comma, I.fall. ovvero ancora ad evitare il pregiudizio economico determinato dall’inadempimento alle obbligazioni restitutorie previste sempre dal contratto di leasing.
Nella specie, risulta di solare evidenza il pregiudizio economico arrecato ai creditori fallimentari derivante dalla condotta distrattiva contestata all’imputato, atteso che la cessione del contratto di leasing era avvenuta senza la previsione di alcun corrispettivo a fronte di un valore residuo del bene determinato anche dall’ancora mancato pagamento del prezzo di riscatto.
Una breve riflessione
La disamina offerta dalla Suprema Corte è davvero interessante nella misura in cui pone in rilievo la differenza tra la semplice “manomissione” del bene da parte dell’utilizzatore da un lato e la cessione del contratto di leasing dall’altro in relazione alle ripercussioni di tale fatto sulla ipotesi distrattiva di bancarotta.
Pertanto, ai fini dell’accertamento di tale ipotesi di reato, occorre verificare, in concreto, se la prosecuzione del rapporto da parte del curatore avrebbe recato in concreto una risorsa economica positiva e non un onere. Irrilevante, è, in tale prospettiva, il valore economico del bene oggetto del contratto di leasing.
avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
managing partner (www.clouvell.com)