Qui di seguito la motivazione integrale della sentenza della Suprema Corte di Cassazione civile sez. I – 17 febbraio 2015 n. 3116
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FORTE Fabrizio – Presidente – Dott. DI AMATO Sergio – rel. Consigliere – Dott. BERNABAI Renato – Consigliere – Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere – Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere – ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso 19635/2010 proposto da: ITALFONDIARIO S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), società incorporante di CASTELLO GESTIONE CREDITI S.R.L., nella qualità di procuratrice di INTESA SANPAOLO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BRESSANONE 3, presso l’avvocato CASOTTI CANTATORE Maria Luisa, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso; – ricorrente – contro F.W., A.P., FALLIMENTO QUELLA MOTO S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, BANCA PASSADORE & C. S.P.A., BANCA ANTONIANA POPOLARE VENETA S.P.A., MPS GESTIONE CREDITI BANCA S.P.A.; – intimati – avverso la sentenza n. 858/2009 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 04/08/2009; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/12/2014 dal Consigliere Dott. SERGIO DI AMATO; udito, per la ricorrente, l’Avvocato MARIA LUISA CASOTTI CANTATORE che si riporta; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
che, con sentenza del 4 agosto 2009, la Corte di appello di Genova confermava la sentenza in data 14 gennaio 2008 con cui il Tribunale della stessa città aveva, tra l’altro, dichiarato l’inammissibilità degli interventi della s.r.l. Controllo Gestione Crediti (successivamente incorporata dalla s.p.a. Italfondiario) e del fallimento della s.r.l. Quella Moto nella causa promossa dalla s.p.a.
Banca Passadore ed avente ad oggetto la revoca ex art. 2901 c.c., del fondo patrimoniale costituito dai coniugi F.W. e A.P.. In particolare, la Corte di appello osservava che gli interventi in questione erano avvenuti dopo l’udienza di trattazione con conseguente applicabilità del regime delle preclusioni previsto dal codice di rito; pertanto, gli intervenuti non potevano proporre una domanda autonoma, e perciò nuova, ma potevano solo proporre un intervento a favore di una delle parti in causa;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la s.p.a. Italfondiario, deducendo la violazione degli artt. 105, 183 e 268 c.p.c.;
– che F.W., A.P., il fallimento della s.r.l. Quella Moto, la s.p.a. Banca Passadore, la s.p.a. Monte dei Paschi di Siena e la s.p.a. MPS Gestione Crediti Banca non hanno svolto attività difensiva;
– che il ricorso è fondato. L’art. 268 c.p.c., comma 2, preclude al terzo intervenuto quelle attività che la fase in cui si trova il procedimento non consente alle altre parti. Una tale preclusione, tuttavia, non può estendersi alla attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti non è operante il divieto di proporre domande nuove che vincola le parti originarie (artt. 167 e 183 c.p.c.) e ciò, per la ragione che la formulazione della domanda costituisce l’essenza stessa dell’intervento principale e litisconsortile. Sicchè, ammesso ogni tipo di intervento lungo l’intero sviluppo della trattazione istruttoria (“… sino a che non vengano precisate le conclusioni”), con ciò stesso è riconosciuta – entro quel limite – la estensibilità della materia del processo alla pretesa del terzo interveniente: se, infatti, si negasse la proponibilità della domanda oltre la prima udienza, ne risulterebbe precluso l’intervento stesso oltre quel termine in contrasto con il chiaro disposto dell’art. 268 c.p.c., comma 1. In conclusione si deve confermare il principio secondo cui “la formulazione della domanda costituisce l’essenza stessa dell’intervento principale e litisconsortile, sicchè la preclusione sancita dall’art. 268 c.p.c., non si estende all’attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti, perciò, non è operante il divieto di proporre domande nuove ed autonome in seno al procedimento “fino all’udienza di precisazione delle conclusioni”, configurandosi solo l’obbligo, per l’interventore stesso ed avuto riguardo al momento della sua costituzione, di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi per le parti originarie” (Cass. 28 luglio 2005, n. 15787; Cass. 11 luglio 2011, n. 15208; Cass. 16 ottobre 2008, n. 15208; Cass. 14 febbraio 2006, n. 3186).
Diritto
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte di appello di Genova in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 dicembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2015
Massima
La formulazione della domanda costituisce l’essenza stessa dell’intervento principale e litisconsortile, sicché la preclusione sancita dall’art. 268 c.p.c. non si estende all’attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti, perciò, non è operante il divieto di proporre domande nuove ed autonome in seno al procedimento “fino all’udienza di precisazione delle conclusioni”, configurandosi solo l’obbligo, per l’interventore stesso ed avuto riguardo al momento della sua costituzione, di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi per le parti originarie.