Qui di seguito la motivazione integrale della sentenza della Suprema Corte di Cassazione civile a sezioni unite 6 febbraio 2009 n. 2867
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATTONE Sergio – Primo Presidente f.f. –
Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente di sezione –
Dott. PREDEN Roberto – Presidente di sezione –
Dott. VIDIRI Guido – Consigliere –
Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –
Dott. SETTIMJ Giovanni – Consigliere –
Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 4878/2007 proposto da:
N.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FERDINANDO
DI SAVOIA 3, presso lo studio dell’avvocato SGROMO Giovanbattista,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato VALSERIATI
FLAMINIO, per delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
REGIONE LOMBARDIA, A.S.L. (OMISSIS);
– intimati –
per la risoluzione del conflitto negativo di giurisdizione avverso le
sentenze nn. 72/03 del Tribunale di Brescia depositata il 10/02/03 e
la n. 272/2006 del Tribunale amministrativo regionale per la
Lombardia – Sezione distaccata di BRESCIA, depositata il 03/03/2006;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
20/01/2009 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;
udito l’Avvocato Rosario CAVALVANTI per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per l’a.g.o..
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Nell’inverno del (OMISSIS) N.P. subì un grave incidente sciistico, a seguito del quale riportò la paralisi completa del braccio sinistro. Rivoltasi alle strutture ospedaliere di (OMISSIS) per ricevere le cure del caso, le fu formulata una prognosi negativa in ordine alla possibilità di recuperare la funzionalità dell’arto.
Avendo appreso che presso la clinica austriaca del prof. H. M., in (OMISSIS), venivano praticati interventi chirurgici all’avanguardia nel settore, chiese alla USL l’autorizzazione preventiva al ricovero all’estero, che le fu negata. La N. si sottopose ugualmente a due interventi chirurgici presso quella struttura privata estera e richiese il rimborso delle spese affrontate alla USL di appartenenza, che rigettò l’istanza.
Nel (OMISSIS) introdusse dunque un giudizio innanzi al giudice del lavoro volto al rimborso delle spese sostenute per i due menzionati interventi. La causa si concluse con una transazione tra le parti.
2.- Dovendo successivamente sottoporsi ad ulteriori tre interventi chirurgici presso la stessa clinica, in (OMISSIS), richiese nuovamente l’autorizzazione preventiva, che le fu anche in tali circostanze negata. Non di meno, nell'(OMISSIS), nel (OMISSIS) e nel (OMISSIS) la N. si sottopose a tali interventi chirurgici, richiese nuovamente il rimborso delle spese sostenute e, a fronte del diniego della ASL, promosse un’altra causa civile innanzi al tribunale di Brescia in funzione di giudice del lavoro, domandando la condanna della Regione e dell’Azienda sanitaria locale della provincia di (OMISSIS), in via solidale o alternativa, al pagamento della somma di Euro 37.018,57, oltre agli accessori.
Con sentenza n. 72/03 il tribunale di Brescia, in accoglimento dell’eccezione delle amministrazioni convenute, declinò la giurisdizione a favore del giudice amministrativo sul rilievo che la ricorrente non potesse vantare un diritto soggettivo al rimborso delle spese mediche sostenute all’estero, poichè la previsione normativa della necessità di un’autorizzazione preventiva determinava l’affievolimento ad interesse legittimo del diritto soggettivo alla salute, con esclusione dei casi di imminente pericolo di vita, per i quali risultasse assolutamente impossibile la richiesta di autorizzazione.
3.- La N. adì quindi il TAR per la Lombardia domandando l’annullamento dei provvedimenti impugnati, l’accertamento del diritto al rimborso e la conseguente condanna della Regione e/o della ASL a pagarle quanto aveva speso.
Con sentenza n. 272/06 il TAR ha a sua volta dichiarato il difetto di giurisdizione, osservando che – esclusa la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 204/2004 – veniva nella specie un considerazione un diritto soggettivo, quello alla salute, non suscettibile di essere degradato dalle valutazioni dell’amministrazione sanitaria in ordine all’autorizzazione ad effettuare cure all’estero, giacchè tali valutazioni implicavano una mera discrezionalità tecnica.
4.- Con ricorso del 2007 la N. ha chiesto che sia risolto il conflitto negativo di giurisdizione tra il giudice ordinario e quello amministrativo.
Le amministrazioni intimate non hanno svolto attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Deve pregiudizialmente rilevarsi che, in presenza di due sentenze di giudici appartenenti a diversi plessi giurisdizionali che abbiano declinato la giurisdizione con decisioni emesse entrambe in funzione conclusiva del giudizio, evidentemente sussiste il conflitto reale negativo di giurisdizione di cui all’art. 362 cod. proc. civ., comma 2, n. 1, denunziabile in “ogni tempo” e, quindi, indipendentemente dal passaggio in giudicato di una o di entrambe le pronunce in contrasto (cfr., ex multis, Cass., sez. un., nn. 22521/2006 e 1621/2005).
2.1. – Nella specie il tribunale di Brescia ha premesso che l’attrice aveva domandato il rimborso delle spese affrontate (per interventi chirurgici volti alla riacquisizione della funzionalità della mano sinistra) “dopo aver inutilmente presentato domanda per essere autorizzata preventivamente alle cure all’estero e dopo aver – nonostante il diniego dell’autorizzazione – effettuato le cure medesime all’estero, senza ottenere l’autorizzazione successiva al rimborso per tali interventi”. Ha dunque escluso che sussistessero i presupposti dell’urgenza ed ha ritenuto che solo in tal caso possa affermarsi la sussistenza di un diritto soggettivo perfetto giacchè, in ogni altra ipotesi, la previsione del potere autorizzatorio della pubblica amministrazione vale a configurare la posizione giuridica del privato come mero interesse legittimo, data la discrezionalità riservata all’autorità amministrativa nel valutare la propria capacità di soddisfare tempestivamente ed in forma adeguata, anche sotto il profilo della disponibilità finanziaria, le esigenze sanitarie del richiedente.
2.2.- Il TAR non ha negato che nella specie difettassero i presupposti dell’urgenza. Ha invece – dichiaratamente discostandosi dall’orientamento espresso dal Consiglio di Stato, sez. 5^, 27.1.2006, n. 242 – declinato la giurisdizione sulla scorta del sostanziale rilievo che “sarebbe singolare che venisse attribuita la giurisdizione al giudice amministrativo nel caso di richiesta ex ante della prestazione ed al giudice ordinario nel caso di richiesta ex post, dal momento che in ogni caso il ricovero in centri di alta specializzazione in territorio estero costituisce un vero e proprio diritto soggettivo dell’utente, sempre che ne sussistano i presupposti di legge alla cui osservanza l’amministrazione è vincolata”.
3.- La giurisdizione del giudice ordinario relativamente alle domande di rimborso delle spese sanitarie sostenute da un cittadino italiano all’estero senza la preventiva autorizzazione della Regione è stata quasi sempre correlata al rilievo che, “in caso di ricovero per motivi di urgenza rappresentati dal pericolo di vita o da possibilità di aggravamenti della malattia o di non adeguata guarigione, oggetto della domanda è la tutela del diritto primario e fondamentale alla salute garantito dall’art. 32 Cost., il cui necessario contemperamento con altri interessi, pure costituzionalmente garantiti, come le risorse disponibili del servizio nazionale sanitario, non vale a sottrargli la consistenza di diritto soggettivo perfetto” (Cass., sez. un., nn. 11333 e 11334/2005, 14848/06, …..). Talora s’è anche affermato che, negli altri casi, alla pubblica amministrazione è riconosciuto “un potere autorizzativo discrezionale nel valutare sia le esigenze sanitarie di chi chieda una prestazione del Servizio sanitario nazionale sia le proprie disponibilità finanziarie, si che il richiedente risulta titolare di un mero interesse legittimo” (Cass., sez. un., n. 13548/2005).
Anche le pronunce che, secondo la massima ufficiale, sembrerebbero avallare a prima lettura la tesi dell’esclusione dell’affievolimento del diritto tutte le volte che venga in considerazione il diritto alla salute, concernono in realtà fattispecie nelle quali sussisteva, in tesi, l’urgenza che aveva impedito la richiesta di preventiva autorizzazione.
E’ il caso di Cass., sez. un., n. 5402/2007, nella quale si afferma che l’allegazione dell’urgenza “è sufficiente, in base al criterio del petitum sostanziale, per ritenere che sia stato azionato un diritto soggettivo di credito, siccome costituisce ius receptum la regola di riparto della giurisdizione secondo cui la domanda dell’assistito dal Servizio sanitario nazionale di rimborso di spese effettuata presso una struttura privata o all’estero, senza preventiva autorizzazione, per cure o interventi in tesi (con salvezza, evidentemente, dell’accertamento sul fondamento di merito della domanda) urgenti e non ottenibili dal servizio pubblico, fa valere una posizione creditoria correlata al diritto alla salute, per sua natura non suscettibile di essere affievolito dal potere di autorizzazione, ed inoltre, quanto al requisito dell’urgenza, coinvolge meri apprezzamenti tecnici della P.A., non valutazioni discrezionali in senso stretto, cosicchè la relativa controversia spetta alla giurisdizione del giudice ordinario l’in termini, da ultimo, Cass, S.U. 15897/2006; vedi anche Cass. S.U. 23735/2006 e 17461/2006)”.
Ed è il caso di Cass., sez. un., n. 558/2000, nella quale testualmente si affermava: “che, poi, l’amministrazione adita dal privato per il rimborso della spesa sostenuta debba apprezzare la gravità e l’urgenza, eventualmente secondo criteri di discrezionalità tecnica, non basta ad alterare la consistenza del diritto soggettivo, giacchè l’inosservanza di criteri tecnici nell’accertamento della concreta sussistenza di una posizione soggettiva non esprime alcun potere di supremazia, tanto da essere consueta anche nei rapporti interprivati, e non comporta, quindi, in quelli pubblici, alcun fenomeno di affievolimento.
Il che è da confermare, con riguardo al diritto alla salute, tutelato dall’art. 32 Cost., che la Corte Costituzionale definisce (v. sent. n. 992 del 1988) come diritto primario e fondamentale, senza tuttavia escludere che esso debba essere contemperato con altri interessi, a loro volta costituzionalmente protetti, quali le risorse finanziarie disponibili dal Servizio nazionale, e possa essere, quindi, limitato con leggi, regolamenti o atti amministrativi generali (sent. n. 247 del 1992), che non sono, comunque, sufficienti a sottrargli la consistenza di diritto soggettivo perfetto.
Quest’orientamento (a conferma del quale cfr. altresì Cass., sez. un., 29 novembre 1999, n. 837, Id., 19 febbraio 1999, n. 85, Id., 28 ottobre 1998, n, 10737, Id., 26 settembre 1997, n. 9477, Id., 12 giugno 1997, n. 5297, applicative di identici principi anche alle spese sostenute all’estero), deve essere confermato, non emergendo elementi che inducano a discostarsene.
Esso, inoltre, appare di persistente coerenza con la normativa di settore, pur dopo la riforma attuata col D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229”.
Il fulcro di tali ultime affermazioni – che il collegio condivide – è che l’esigenza del contemperamento del primario e fondamentale diritto alla salute con altri interessi, a loro volta costituzionalmente protetti, non è sufficiente a sottrargli la consistenza di diritto soggettivo perfetto; e, ancora, che quella consistenza non può essere alterata neppure dall’apprezzamento della gravità ed urgenza da parte della pubblica amministrazione secondo criteri di discrezionalità tecnica.
4.- Ora, va anzitutto escluso che il diritto alla salute possa cessare di essere primario e fondamentale solo perchè la sua salvaguardia non richieda un intervento di urgenza. In particolare, il rilievo di Cass., sez. lav., n. 27678/05 che esso è garantito dal servizio sanitario nazionale nell’ambito delle scelte organizzative dettate dalla discrezionalità del legislatore (il quale deve tenere conto anche delle compatibilità di finanza pubblica, cosicchè si tratta di un diritto fondamentale condizionato nella determinazione dei suoi contenuti dalle scelte anzidette, le quali devono tuttavia rispettare il nucleo irriducibile del diritto) concerne appunto il campo proprio della discrezionalità del legislatore e sarebbe dunque suscettibile di involgere possibili problemi di costituzionalità della legge, ma non è idoneo a risolvere quello della giurisdizione in ordine alla tutela della posizione giuridica soggettiva del privato. Lo stesso giudice delle leggi (Corte Cost., n. 309 del 1999 e, da ultimo, n. 354 del 2008) ha d’altronde riconosciuto la “vocazione espansiva” del diritto alla salute nella legislazione italiana (cfr. anche Cass., Sez. un., n. 1563/08).
Ai fini della giurisdizione deve allora solo scrutinarsi se le disposizioni normative che vengono in considerazione autorizzino la conclusione che, quando difetti il requisito della comprovata eccezionale gravità ed urgenza di cui al D.M. Sanità 3 novembre 1989, art. 1, comma 2, e dall’avente diritto all’assistenza sia dunque richiesta la preventiva autorizzazione, alla pubblica amministrazione sia consentito concederla o negarla in base a scelte autenticamente discrezionali; ovvero se, anche in tale caso, alla stessa competa un apprezzamento meramente tecnico in ordine alla possibilità che gli interventi terapeutici siano adeguatamente e tempestivamente erogati in Italia dalle strutture sanitarie pubbliche o convenzionate con il servizio sanitario nazionale. Solo nel primo caso, infatti, e non anche nel secondo, sarebbe configurabile un affievolimento del diritto soggettivo.
Ebbene, l’art. 2, commi 3 e 4 del D.Lgs. citato, rispettivamente stabiliscono che “è considerata prestazione non ottenibile tempestivamente in Italia la prestazione per la cui erogazione le strutture pubbliche o convenzionate con il servizio sanitario nazionale richiedono un periodo di attesa incompatibile con l’esigenza di assicurare con immediatezza la prestazione stessa, ossia quando il periodo di attesa comprometterebbe gravemente lo stato di salute dell’assistito, ovvero precluderebbe la possibilità dell’intervento e delle cure”; e che “è considerata prestazione non ottenibile in forma adeguata alla particolarità del caso clinico la prestazione che richiede specifiche professionalità, ovvero procedure tecniche o curative non praticate, ovvero attrezzature non presenti nelle strutture italiane pubbliche o convenzionate con il servizio sanitario nazionale”.
Il successivo art. 3, prevede (escluse le sottolineature) che, per ogni branca specialistica, dal Centro regionale di riferimento sia compiuto “l’accertamento della sussistenza dei presupposti sanitari che legittimano l’autorizzazione al trasferimento per cure all’estero e l’erogazione del concorso nelle relative spese e ogni altra valutazione di natura tecnico-sanitaria”; e l’art. 4, comma 5, precisa che il centro di riferimento “valutata la sussistenza dei presupposti sanitari per usufruire delle prestazioni richieste (impossibilità di fruirle tempestivamente ovvero in forma adeguata alla particolarità del caso clinico), autorizza o meno le prestazioni presso il centro estero di altissima specializzazione prescelto, dandone comunicazione all’autorità sanitaria competente”.
Tali valutazioni sono rimesse dal decreto “ad uno o più presidi e servizi di alta specialità di cui alla L. 23 ottobre 1985, n. 595, art. 5” o “ad apposite commissioni sanitarie costituite dalla regione stessa a livello regionale e composte da personale medico di qualifica apicale delle strutture pubbliche o convenzionate con il servizio sanitario nazionale”.
Tutto induce allora a ritenere che, per il tipo di valutazioni da compiere (sussistenza dei presupposti sanitarii e per la qualifica di chi è chiamato a farle (medici), l’apprezzamento dell’amministrazione sia esclusivamente tecnico e non discrezionale in senso stretto, non implicando l’esercizio di alcun potere di supremazia.
Ne discende univoca la conclusione che, in materia di richiesta di rimborso delle spese sanitarie sostenute dai cittadini residenti in Italia presso centri di altissima specializzazione all’estero per prestazioni che non siano ottenibili in Italia tempestivamente o in forma adeguata alla particolarità del caso clinico (L. 23 ottobre 1985, n. 595, art. 5, e relativo D.M. Sanità 3 novembre 1989, come successivamente modificato), la giurisdizione spetta al giudice ordinario sia nel caso che siano addotte situazioni di eccezionale gravità ed urgenza, prospettate come ostative alla possibilità di preventiva richiesta di autorizzazione, sia nel caso che l’autorizzazione sia stata chiesta e che si assuma illegittimamente negata, giacchè viene comunque in considerazione il fondamentale diritto alla salute, non suscettibile di essere affievolito dalla discrezionalità meramente tecnica dell’amministrazione in ordine all’apprezzamento dei presupposti per l’erogazione delle prestazioni.
5. Va conclusivamente dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, innanzi al quale le parti vanno rimesse.
Le spese del giudizio di Cassazione possono essere compensate.
PQM
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE A SEZIONI UNITE dichiara la giurisdizione del giudice ordinario innanzi al quale rimette le parti e compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 20 gennaio 2009.
Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2009