Svolgimento del processo
1.— Con sentenza del 2 luglio 2013, la Corte di Appello di Cagliari ha confermato la decisione di primo grado che aveva dichiarato l’illegittimità del trasferimento adottato il 1° febbraio 2007 dalla Omissis Spa nei confronti di (lavoratore Omissis) a Genova, motivato da ragioni organizzative connesse alla guida di un camion ribaltabile. Osserva la Corte territoriale che l’allontanamento del (lavoratore Omissis) “da Cagliari è del tutto illogico in quanto comporta la necessità di assunzione di altro personale per lo svolgimento delle sue prevalenti mansioni che non possono essere distribuite tra gli altri autisti stante il costante aumento del traffico dei containers, con ricorso anche alle prestazioni di lavoratori forniti dalla Compagnia Portuale”; si aggiunge che non è “giustificabile, sotto il profilo della ragionevolezza, la decisione di trasferire un autista a Genova con la necessità di assumere un altro al suo posto a Cagliari anziché assumere direttamente un nuovo autista a Genova”.
2.— Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso affidato a tre motivi. Il (lavoratore Omissis) è rimasto intimato.
Motivi della decisione
3. — Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., dell’art. 2103 c.c., anche alla luce dell’art. 41 Cost.. Si deduce che, nonostante fosse stata accertata dai giudici del merito l’esigenza di Omissis Spa di trasferire l’autotreno ribaltabile da Cagliari a Genova, la Corte territoriale aveva poi giudicato “illogica” ed “irragionevole” la decisione di trasferire il (lavoratore Omissis) “su circostanze fattuali errate e/o comunque totalmente travisate afferenti al merito delle scelte organizzative” compiute dall’imprenditore, non sindacabili.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., per omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti: secondo parte ricorrente non corrisponderebbe al vero che il (lavoratore Omissis) era addetto in prevalenza alle operazioni di carico e scarico e non ad attività esclusiva di guida, avendo la Corte “omesso di valutare quanto chiarito dai testi”; parimenti l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui “il ricorrente non era adibito alla guida del camion” renderebbe evidente che “la Corte di Appello ha totalmente omesso di esaminare le risultanze istruttorie che evidenziano contrario”; infine non sarebbe vero che il trasferimento del (lavoratore Omissis) era stato causato dal fatto che questi si rifiutava di svolgere il lavoro notturno. Inoltre la Corte sarda avrebbe omesso di considerare che contestualmente al trasferimento la (Omissis) non avrebbe assunto nessuno presso la sede di Cagliari e che le prevalenti mansioni del (lavoratore Omissis) erano quelle di autotrasporto su strada e non di carico/scarico dalle navi.
Con il terzo motivo si deduce l’ammissibilità del ricorso per cassazione anche ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., nonostante la formulazione dell’art. 348 ter, co. 4, c.p.c., in quanto la Corte di Appello, seppur confermando la pronuncia di primo grado, sarebbe pervenuta a tale errata decisione omettendo di valutare i fatti di causa rilevanti e ciò in maniera diversa o comunque incompleta rispetto a quanto già fatto dal Tribunale.
4.— I motivi, da valutarsi congiuntamente per reciproca inferenza, non possono trovare accoglimento. Partendo proprio dall’ultimo mezzo di gravame, il quale più che in una censura alla sentenza impugnata si traduce in una affermazione di ammissibilità del ricorso per cassazione proposto, occorre premettere che l’art. 348 ter u.c. c.p.c. si applica ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal 7 settembre 2012, mentre nella specie il ricorso in appello è stato proposto in data 12 giugno 2012, per cui non opera la disposizione citata. Tuttavia, poiché la sentenza della Corte territoriale risulta depositata in data 2 luglio 2013, si applica il punto n. 5) dell’art. 360, co. 1, c.p.c., nella versione di testo introdotta dall’art. 54, co. 1, lett. b), d.l. n. 83 del 2012, conv. con modificazioni in I. n. 134 del 2012, la quale consente il ricorso per cassazione solo per “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.
Le Sezioni unite di questa Corte (Cass. SS.UU. n. 8054 del 2014) hanno espresso su tale norma i seguenti principi di diritto: a) la disposizione deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 disp. prel. cod. civ., come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”; b) il nuovo testo introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia); c) l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie; d) la parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui agli artt. 366, primo comma, n. 6), c. p. c. e 369, secondo comma, n. 4), c. p. c. il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la “decisività” del fatto stesso.
Il secondo motivo, con cui espressamente si invoca la violazione dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., risulta sicuramente inadeguato rispetto all’osservanza di tali enunciati, peraltro individuando un insieme di fatti tutti ritenuti decisivi che invece, anche per la loro pluralità, non sono affatto idonei a garantire che, ove adeguatamente valutati secondo le aspettative di parte ricorrente, avrebbero determinato, certamente e non solo probabilmente, un esito del giudizio diverso. Parimenti inadeguato a determinare la cassazione della sentenza impugnata il primo motivo di ricorso che, sebbene denunci formalmente la violazione e falsa applicazione di disposizioni di legge sostanziale e processuale, oltre che della Costituzione, nella sostanza lamenta che la Corte territoriale si sarebbe fondata “su circostanze fattuali errate e/o comunque totalmente travisate afferenti al merito delle scelte organizzative”.
Orbene, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il vizio di violazione di norme di diritto consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie normativa astratta e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di una errata ricostruzione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. 26.3.2010 n. 7394 e negli stessi termini Cass. 10.7.2015 n. 14468).
All’evidenza dunque si tratta di censure tutte di merito che attingono alla ricostruzione della vicenda storica quale effettuata dalla Corte di Appello ed alla valutazione del materiale probatorio operata dalla medesima, traducendosi nella sostanza in un diverso convincimento rispetto a quello espresso dai giudici del merito, trascurandosi che, ove il ricorrente denunci per cassazione l’insufficiente giustificazione logica dell’apprezzamento dei fatti della controversia o delle prove, non può limitarsi a prospettare una spiegazione di tali fatti e delle risultanze istruttorie con una logica alternativa, pur in possibile o probabile corrispondenza alla realtà fattuale, poiché è necessario che tale spiegazione logica alternativa appaia come l’unica possibile (da ultimo: Cass. n. 25927 del 2015).
5.— Conclusivamente il ricorso deve essere respinto. Nulla per le spese in difetto di attività difensiva dell’intimato. Poiché però il ricorso per cassazione risulta nella specie notificato in data 9 settembre 2013 occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, l. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.