Nella determinazione del reddito complessivo, rilevante ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, non si tiene conto dei redditi facenti capo al coniuge in stato di separazione di fatto, giacché quest’ultimo, pur coabitando, non compie alcuna attività concreta di contribuzione alla vita familiare.
Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione – sezione quarta penale – con sentenza n. 11902 del 10 marzo 2016
Il caso
Un amministratore di sostegno ha proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento del G.i.p. con il quale è stata revocata l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, già disposta dal G.i.p. procedente in favore del beneficiario.
I motivi di ricorso
La ricorrente denuncia la violazione dell’art. 76, d.P.R. n. 115/2002. Osserva che la revoca del beneficio è stata disposta sulla base delle informazioni rese dalla Agenzia delle Entrate, con nota in data 8.07.2015, dalla quale emergeva che il complessivo reddito del nucleo familiare del beneficiario superava i limiti stabiliti dalla legge per l’ammissione al patrocinio. La parte osserva che erroneamente l’Ufficio finanziario avesse computato anche i redditi percepiti dai componenti del nucleo familiare, anziché il solo reddito percepito dall’esponente, in violazione dell’art. 76, comma 4, d.P.R. n. 115/2002, giacché nel caso sussiste un conflitto tra gli interessi del richiedente e quelli degli altri componenti del nucleo familiare. Ciò in quanto al beneficiario, nell’ambito del presente procedimento, si contestano reati contro la famiglia, tanto che la ex moglie ed i figli hanno assunto la qualità di parti offese.
Le conclusioni del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione.
Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha rilevato che effettivamente il beneficiario risulta rinviato a giudizio per il reato di cui all’art. 570, cod. pen., in danno dei figli e della moglie; e che, conseguentemente, ai fini della ammissione al beneficio, non poteva tenersi conto dei redditi percepiti dal coniuge in stato di separazione di fatto. Sulla scorta di tali rilievi, la parte pubblica ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
L’impugnazione del decreto di revoca di ammissione al patrocinio a spese dello Stato mediante ricorso per cassazione.
Precisano preliminarmente gli Ermellini che l’impugnabilità del decreto di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, mediante ricorso per cassazione, attiene alla sola ipotesi di revoca disposta su richiesta del competente ufficio finanziario, come avvenuto nel caso di specie (il giudice ha provveduto su conforme richiesta della Agenzia delle Entrate in data 19.05.2015). Siffatto approdo ermeneutico, sostenuto dalle Sezioni unite della Corte nell’assetto normativo antecedente alle modifiche introdotte dal d.l. 30 giugno 2005, n. 115, convertito in legge 17 agosto 2005, n. 168 (cfr. Cass. Sez. U 14 luglio 2004 n. 36168, Rv. 228666), va mantenuto – secondo i giudici di Piazza Cavour – anche con riguardo alla nuova formulazione del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, artt. 112 e 113, di guisa che il ricorso immediato per cassazione deve ritenersi ammesso nella sola ipotesi di revoca dell’ammissione al patrocinio in seguito a richiesta dell’Agenzia delle Entrate, mentre in tutte le altre ipotesi occorre proporre ricorso ex art. 99, d.P.R. n. 115 del 2002, al Presidente dell’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha disposto la revoca. Del resto – concludono sul punto i giudici di legittimità – detta ricostruzione del sistema è avvalorata, sul piano letterale, dalla limitazione del ricorso per cassazione al solo “decreto che decide sulla richiesta di revoca ai sensi dell’art. 112, comma 1, lett. d)” – ove il termine “richiesta” allude evidentemente a un’iniziativa dell’ufficio finanziario competente – e, sul piano sistematico, dalla considerazione che la revoca d’ufficio solitamente comporta una serie di valutazioni in fatto difficilmente contrastabili in sede di legittimità.
La determinazione del reddito complessivo rilevante ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel caso di separazione di fatto o conflitto di interesse.
La Corte regolatrice richiama il proprio orientamento in forza del quale nella determinazione del reddito complessivo, rilevante ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, non si tiene conto dei redditi facenti capo al coniuge in stato di separazione di fatto, giacché quest’ultimo, pur coabitando, non compie alcuna attività concreta di contribuzione alla vita familiare (Sez. 4, Sentenza n. 29302 del 24/04/2014, dep. 04/07/2014, Rv. 262236).
In applicazione di tale principio, i giudici di piazza Cavour osservano che, nel caso di specie, il beneficiario è chiamato a rispondere del delitto di violazione degli obblighi assistenziali di cui all’art. 570, cod. pen., in danno dei figli e della moglie, evenienza indicativa della insussistenza delle condizioni per computare, ai fini della determinazione del reddito riferibile al soggetto richiedente l’ammissione al patrocinio, gli emolumenti percepiti dai singoli soggetti che formalmente compongono il nucleo familiare.
Difatti – proseguono gli Ermellini – la motivazione posta a fondamento del provvedimento impugnato – basata sul mero riferimento alla nota della Agenzia delle Entrate, sopra richiamata – induce a rilevare che il giudicante abbia decretato la revoca del beneficio sulla base del superamento dei limiti reddituali, evidenziato dalla Agenzia delle Entrate, proprio in ragione del computo degli emolumenti percepiti dai diversi componenti del nucleo familiare del beneficiario. Da qui l’annullamento del provvedimento impugnato ed il rinvio al Tribunale per nuovo esame.
Una breve riflessione
Il principio ribadito dalla Suprema Corte con la sentenza in rassegna è chiaro e condivisibile. Non vi è dubbio che non si possa tenere conto dei redditi del componente familiare con cui il richiedente il beneficio si trovi in conflitto di interessi. Proprio come è avvenuto nel caso di specie in cui il coniuge era persona offesa rispetto alla posizione processuale dell’altro coniuge, richiedente il beneficio di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
V’è da dire, però, che nel caso di semplice separazione di fatto potrebbe risultare oltremodo difficile provare la ricorrenza della esclusione. In altre parole, fintantoché lo stato di separazione di fatto non risulterà documentalmente o in maniera inconfutabile dagli atti del processo, v’è da chiedersi come il richiedente il beneficio possa avvalersi del principio testè espresso soprattutto in un eventuale giudizio impugnatorio come quello innanzi i giudici di legittimità.
avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
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