La responsabilità precontrattuale per carenza di informazione da parte della Pubblica Amministrazione

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“In sede di accertamento riguardo all’affidamento incolpevole di un contraente nella validità ed efficacia del rapporto assicurativo con la Pubblica Amministrazione – al fine di escludere o affermare la responsabilità di quest’ultima, a norma dell’art. 1338 c.c. – il giudice di merito deve verificare in concreto se l’invalidità o inefficacia del rapporto assicurativo fosse conoscibile dal privato, tenuto conto della univocità dell’interpretazione della norma e della conoscenza e conoscibilità delle circostanze di fatto cui la legge ricollega l’invalidità”.

Lo ha affermato la Suprema Corte di Cassazione – sezione lavoro – con sentenza n. 2327 del 5 febbraio 2016

La responsabilità precontrattuale per carenza di informazione da parte della Pubblica Amministrazione

La responsabilità precontrattuale per carenza di informazione da parte della Pubblica Amministrazione

Il caso

Un socio di maggioranza di una società e dal luglio 1995 amministratore unico della stessa, è stato iscritto all’Inps come socio lavoratore subordinato dal 11/2/1987 al 6/7/1995. Con accertamento del 19/5/1997 l’Inps ha disconosciuto la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato. Il ricorso presentato dal socio di maggioranza avverso detto accertamento è stato respinto con sentenza passata in giudicato.

La richiesta di risarcimento danni

Con successivo ricorso il socio di maggioranza ha chiesto l’affermazione della responsabilità dell’Inps, con condanna del medesimo al risarcimento dei danni, per essersi egli ritrovato carente dei requisiti contributivi necessari per conseguire la pensione di anzianità, responsabilità riconducibile all’ente previdenziale che aveva prima ricevuto e poi annullato la contribuzione per il suddetto periodo. La domanda è stata rigettata dal Tribunale con statuizione confermata dalla Corte d’Appello che ha ritenuto insussistente l’affermato incolpevole affidamento circa la regolarità della contribuzione.  Da qui il ricorso per cassazione.

I motivi del ricorso per cassazione

Con il primo motivo il ricorrente deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.). Lamenta che la Corte territoriale si sia limitata a rilevare che non vi è incompatibilità logica tra ruolo di membro del c.d.a. di una società e quello di lavoratore subordinato, tralasciando di considerare che l’argomento è del tutto inconferente, poiché il disconoscimento del rapporto di lavoro subordinato e il conseguente annullamento dei contributi, confermato in sede giurisdizionale, si è fondato esclusivamente sulla sua qualità di socio di maggioranza e sull’entità della quota societaria detenuta, circostanza desumibile dalla documentazione presentata all’Inps al momento dell’iscrizione. Conseguentemente l’iscrizione originaria doveva reputarsi ingiustificata.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost. e degli artt. 1137, 1338, 1175, 1176 c.c. ( art. 360 n. 3 c.p.c.). Rileva che, tanto nell’attività amministrativa quanto nel rapporto con gli assicurati, l’Ente previdenziale deve improntare il proprio comportamento ai principi di trasparenza, imparzialità, corretta informazione, principi che trovano la loro fonte diretta nell’art. 97 della costituzione e nelle regole di correttezza e diligenza di cui agli artt. 1175 e 1176 c.c., in linea con le norme di cui agli artt. 1337 e 1338 c.c. Alla luce di tali regole doveva ritenersi che il ricorrente abbia confidato nella validità del contratto assicurativo, avendo il privato fornito i dati e documenti richiesti che l’Inps ha l’obbligo di vagliare per la realizzazione dei fini cui è preposto, e avendo l’Inps emesso un provvedimento di accoglimento.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.). Rileva che è stato trascurato l’esame dei documenti attinenti all’iscrizione e all’accertamento dell’Inps, e che la Corte territoriale aveva omesso la motivazione riguardo al dedotto legittimo affidamento sulla regolarità dell’iscrizione medesima.

Con il quarto motivo deduce violazione dell’art. 132 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. e conseguente nullità della sentenza per essere stata omessa la trascrizione integrale delle conclusioni dell’appellante.

Con il quinto motivo deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. e conseguente nullità della sentenza. Rileva che la Corte territoriale non aveva pronunciato in relazione alla domanda concernente l’importo di € 5.463,25, riguardante i contributi volontari versati a titolo di restituzione, avanzata unitamente a quella di pagamento a titolo risarcitorio.

Con il sesto motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 91 c.p.c. e 152 disp att c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per essere stato condannato alle spese del procedimento di secondo grado nonostante fosse stato ammesso al gratuito patrocinio in primo grado e avesse ottemperato al disposto dell’art. 152 disp att c.p.c. (vedi Cass. 9636/2015 rv 635220).

Le ragioni della decisione della Suprema Corte

Secondo i giudici di legittimità, la sentenza impugnata affronta il tema dell’affidamento prospettato dal ricorrente in relazione alla circostanza allegata della sua qualità di socio di maggioranza, evidenziando che, essendo stata accertata in sede processuale la mancanza di subordinazione, doveva ritenersi nota allo stesso la situazione determinante l’invalidità della contribuzione. Da ciò l’impossibilità di ravvisare responsabilità precontrattuale in capo all’amministrazione in relazione al dovere di informazione della medesima riguardo a proprie attività di istituto. Stante la stessa intrinseca inconciliabilità della posizione del ricorrente con quella di lavoratore subordinato – proseguono gli Ermellini – in ragione anche dell’attività dallo stesso svolta, implicante determinate conoscenze, non è ravvisabile quella situazione di mancanza di colpa in capo all’altro contraente che sola può giustificare la sussistenza di una responsabilità ex art. 1338 c.c. in capo all’Istituto.

La responsabilità precontrattuale per carenza di informazione da parte della Pubblica Amministrazione

Secondo la Corte regolatrice, in applicazione dell’istituto della responsabilità precontrattuale per carenza di informazione da parte della Pubblica Amministrazione nei confronti della controparte, deve reputarsi che, in ragione del carattere generale delle norme in tema di individuazione dei caratteri della subordinazione, note alla generalità dei consociati, e, altresì, della peculiare posizione di socio di maggioranza rivestita dall’interessato nella struttura sociale in relazione alla quale vanta il rapporto di subordinazione, il ricorrente non possa addossare alla controparte il danno che è conseguenza del proprio comportamento. Ciò alla luce del principio generale desumibile dall’art. 1227 c.c., c. 1, in forza del quale non può sorgere un obbligo risarcitorio nei confronti di un soggetto che versi in colpa, perché a conoscenza della causa che ha determinato l’invalidità o l’inefficacia del rapporto.

L’articolo 1338 codice civile

Ed invero – proseguono gli Ermellini – secondo il principio affermato da Cass. sez. 1, n. 9636 del 12/05/2015, Rv. 635220, “l’art. 1338 c.c. pone a carico di una delle parti l’obbligo specifico di informare l’altra parte dell’esistenza di una causa di invalidità o inefficacia del contratto, salva la facoltà della parte obbligata di dimostrare che l’altra parte aveva confidato nella suddetta validità o efficacia “non senza sua colpa”, in ragione delle circostanze di fatto e tenuto conto della sua posizione sociale o professionale. La principale funzione dell’art. 1338, infatti, è quella di compensare l’asimmetria informativa nelle contrattazioni tra le parti che non sono su un piano di parità, come avviene nei rapporti con la Pubblica Amministrazione”: da ciò la necessità di indagare sulla scusabilità dell’affidamento del contraente alla luce della conoscibilità delle circostanze di fatto cui la legge ricollega l’invalidità.

Il principio di diritto

In definitiva, la Suprema Corte enuncia il seguente principio di diritto: “in sede di accertamento riguardo all’affidamento incolpevole di un contraente nella validità ed efficacia del rapporto assicurativo con la Pubblica Amministrazione – al fine di escludere o affermare la responsabilità di quest’ultima, a norma dell’art. 1338 c.c. – il giudice di merito deve verificare in concreto se l’invalidità o inefficacia del rapporto assicurativo fosse conoscibile dal privato, tenuto conto della univocità dell’interpretazione della norma e della conoscenza e conoscibilità delle circostanze di fatto cui la legge ricollega l’invalidità”. Anche tutti gli altri motivi del ricorso vengono rigettati.

Una breve riflessione

Interessante sentenza quella in epigrafe, soprattutto allorquando afferma che la principale funzione dell’art. 1338 codice civile è quella di compensare l’asimmetria informativa nelle contrattazioni tra le parti che non sono su un piano di parità, come avviene nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.

Il principio di affidamento incolpevole, infatti, assume connotazioni particolari proprio quando i due contraenti non si trovano su di un piano di parità.

E ciò non avviene solo quando una parte è una Pubblica Amministrazione (come nella specie), ma anche quando una parte si pone, in considerazione della propria rilevanza sul mercato, su di una posizione di preminenza o comunque in posizione dominante rispetto all’altra.

Va comunque evidenziato che nel principio enunciato, la Suprema Corte pone al centro della verifica giudiziale la conoscibilità dell’invalidità o inefficacia del rapporto assicurativo da parte del privato, mentre forse l’accento avrebbe dovuto essere posto anche sulla conoscibilità da parte della Pubblica Amministrazione.

La nozione poi di “circostanze di fatto cui la legge ricollega l’invalidità” non appare di facile comprensione, soprattutto sotto un profilo pratico.

In linea teorica, difatti, il principio enunciato dalla Suprema Corte è certamente in linea con il dettato normativo. Nei fatti, si ha invece l’impressione che un siffatto principio, così come enunciato, tenda a privilegiare la Pubblica Amministrazione.

Nella specie, appare eccessivo addossare tutta la responsabilità in capo al privato (contraente debole) in ragione del carattere generale delle norme in tema di individuazione dei caratteri della subordinazione, note alla generalità dei consociati.

E’ dunque auspicabile, a parere di chi scrive, una interpretazione più aderente al dettato normativo e maggiormente orientata alla carta costituzionale ed ai principi eurounitari.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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