Contestuale detenzione di droghe leggere e droghe pesanti dopo la sentenza della Corte Costituzionale n.32/2014

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«In tema di stupefacenti, stante la reviviscenza dell’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.l. 30 dicembre 2005, n.272, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, successivamente dichiarate incostituzionali dalla sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 – in base al quale sono configurabili distinti reati per la detenzione illecita di sostanze stupefacenti appartenenti a tabelle diverse – nell’ipotesi di condanna per contestuale possesso di “droghe leggere” e “droghe pesanti”, deve essere annullata la sentenza di merito che non abbia specificato la relazione intercorrente tra le condotte aventi ad oggetto le distinte sostanze stupefacenti, potendo la stessa incidere sul trattamento sanzionatorio applicabile».

«Per i delitti previsti dall’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, l’aumento di pena calcolato a titolo di continuazione per i reati satellite in relazione alle così dette “droghe leggere” deve essere oggetto di specifica rivalutazione da parte dei giudici del merito, alla luce della più favorevole cornice edittale applicabile per tali violazioni, a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, che ha dichiarato la incostituzionalità degli artt. 4 bis e 4 vicies ter della legge 21 febbraio 2006, n. 49 – che ha convertito il d.l. 30 dicembre 2005, n. 272 – e ha determinato, in merito, la reviviscenza della più favorevole disciplina anteriormente vigente»

Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione – sezione prima penale – con sentenza n. 3281 del 21 dicembre 2015 depositata il 25 gennaio 2016.

Contestuale detenzione di droghe leggere e droghe pesanti dopo la sentenza della Corte Costituzionale n.32/2014

Contestuale detenzione di droghe leggere e droghe pesanti dopo la sentenza della Corte Costituzionale n.32/2014

Il caso

Con ordinanza emessa il 10/11/2014 il Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza formulata nell’interesse di un condannato, ai sensi degli artt. 666 e 673 cod. proc. pen., finalizzata a ottenere la rideterminazione delle pena irrogata con la sentenza irrevocabile emessa dallo stesso organo giurisdizionale il 22/02/2011 per la commissione di reati di cui all’art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.

Il provvedimento di rigetto, in particolare, veniva giustificato sul presupposto che le pene irrogate al condannato riguardavano condotte relative a sostanze stupefacenti differenti, inerenti l’una la detenzione e la cessione di hashish, l’altra la detenzione di cocaina. Ne conseguiva che, nel caso in esame, al contrario di quanto richiesto dall’esecutato, non era consentita l’applicazione dei parametri ermeneutici affermati nella sentenza della Corte costituzionale 11 febbraio 2014, n. 32, che dovevano ritenersi limitati alla sola detenzione delle cosiddette droghe leggere.

Il ricorso per cassazione

Avverso tale ordinanza il condannato, a mezzo del suo difensore, ricorreva per cassazione, eccependo la nullità dell’ordinanza impugnata per violazione ed erronea applicazione della legge penale.

Si deduceva che, nel caso di specie, non si era tenuto conto dell’effettiva incidenza della detenzione di cocaina – di cui si evidenziava la modica quantità detenuta – ai fini della rideterminazione della pena, tenuto conto dei parametri ermeneutici affermati nella sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, che imponeva di ritenere erroneo il trattamento sanzionatorio.

Ne discendeva che, nel caso in esame, si sarebbe dovuto applicare un criterio di proporzionalità della sanzione, in ragione del fatto che, pur non potendo entrare nel merito della vicenda processuale, il Tribunale non poteva limitarsi a calcolare sulla base dei parametri edittali previsti dall’attuale normativa, ma doveva rivalutare i fatti delittuosi tenendo conto della detenzione di cocaina, così come contestata.

Le ragioni della decisione della Suprema Corte

Per gli Ermellini, l’incidente di esecuzione proposto nell’interesse del condannato, riguardando un’ipotesi in cui veniva contestata nel procedimento presupposto sia la detenzione di hashish che la detenzione di cocaina – pone il problema della disciplina applicabile nelle ipotesi in cui si procede per il reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, con cui veniva dichiarata l’incostituzionalità degli artt. 4 bis e 4 vicies del d. l. 30 dicembre 2005, n. 272, in quanto ritenuti in contrasto con i principi di ragionevolezza, uguaglianza e proporzionalità della pena.

La contestuale detenzione di droghe leggere e droghe pesanti.

La questione sollevata dalla difesa del condannato è stata oggetto di approfondimento da parte della giurisprudenza di legittimità, che ha osservato come, nell’ipotesi di contestuale detenzione di droghe leggere e droghe pesanti, l’intervenuta modifica del quadro edittale di riferimento – in forza di disposizioni che identificano autonomi delitti e cornici edittali diverse nell’entità delle pene previste – impone di accertare quale sia, nel caso concreto, la relazione esistente tra le due forme di detenzione.

Il primo principio di diritto.

Per la Corte regolatrice, queste conclusioni discendono dall’applicazione del principio di diritto – applicabile nelle ipotesi in cui in uno stesso procedimento si contestano condotte detentive riguardanti sia droghe leggere che droghe pesanti – secondo cui: «In tema di stupefacenti, stante la reviviscenza dell’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.l. 30 dicembre 2005, n.272, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, successivamente dichiarate incostituzionali dalla sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 – in base al quale sono configurabili distinti reati per la detenzione illecita di sostanze stupefacenti appartenenti a tabelle diverse – nell’ipotesi di condanna per contestuale possesso di “droghe leggere” e “droghe pesanti”, deve essere annullata la sentenza di merito che non abbia specificato la relazione intercorrente tra le condotte aventi ad oggetto le distinte sostanze stupefacenti, potendo la stessa incidere sul trattamento sanzionatorio applicabile» (cfr. Sez. 4, n. 38125 del 05/06/2014, Marletta, Rv. 260719).

Il secondo principio di diritto.

I giudici di piazza Cavour ricordano inoltre il recente arresto delle Sezioni unite che, con specifico riferimento all’ipotesi in cui si discuta dell’aumento di pena calcolato a titolo di continuazione per i reati satellite in relazione alle cosiddette droghe leggere, ha affermato il seguente principio di diritto: «Per i delitti previsti dall’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, l’aumento di pena calcolato a titolo di continuazione per i reati satellite in relazione alle così dette “droghe leggere” deve essere oggetto di specifica rivalutazione da parte dei giudici del merito, alla luce della più favorevole cornice edittale applicabile per tali violazioni, a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, che ha dichiarato la incostituzionalità degli artt. 4 bis e 4 vicies ter della legge 21 febbraio 2006, n. 49 – che ha convertito il d.l. 30 dicembre 2005, n. 272 – e ha determinato, in merito, la reviviscenza della più favorevole disciplina anteriormente vigente» (cfr. Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263717).

Da qui l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, cui consegue la trasmissione degli atti al Tribunale per l’ulteriore corso.

Una breve riflessione

La sentenza in rassegna si pone nel solco tracciato dalla giurisprudenza di legittimità dopo la nota sentenza della Corte delle leggi n°32/2014 e, soprattutto, nel solco di S.U. 22471 del 26.2.2015).

In effetti, sotto la vigenza della normativa poi falciata dalla dichiarazione di incostituzionalità non vi era motivo (recte: necessità) di specificare la relazione esistente, agli effetti sanzionatori, tra doghe leggere e droghe pesanti proprio alla luce del medesimo trattamento sanzionatorio.

Dichiarata incostituzionale la normativa in parte qua e, rivivendo il differente trattamento sanzionatorio, si pone il problema della rideterminazione della pena.

Rideterminazione che non comporta alcuna problematica qualora la detenzione (e quindi la condanna) riguardi le sole droghe leggere.

La problematica invece sorge nel caso di contestuale detenzione di droghe leggere e di droghe pesanti.

E difatti, dovendosi certamente rideterminare, in senso più favorevole all’imputato (o al condannato), la pena irrogata per la detenzione di droghe leggere, in caso di codetenzione di droghe diverse è necessario che venga stabilita la relazione, anche ai fini di pena, esistente tra le due condotte.

E se tale relazione non risulta specificata nel caso in esame,. Di conseguenza, la sentenza di merito dovrà essere annullata qualora non abbia specificato la relazione intercorrente tra le condotte aventi ad oggetto le distinte sostanze stupefacenti, potendo la stessa incidere sul trattamento sanzionatorio applicabile. Inoltre, l’aumento di pena calcolato a titolo di continuazione per i reati satellite in relazione alle così dette “droghe leggere” deve essere oggetto di specifica rivalutazione da parte dei giudici del merito, alla luce della più favorevole cornice edittale applicabile per tali violazioni.

Dunque, semaforo verde per la rideterminazione delle pene anche nel caso di condanna per detenzione contestuale di droghe leggere e di droghe pesanti.

avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)

managing partner at clouvell (www.clouvell.com)

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