E’ necessario uno specifico incarico conferito all’amministratore per la valida presentazione di una querela in relazione a un reato commesso in danno del patrimonio condominiale.
Lo ha affermato la Suprema Corte di Cassazione – sezione sesta penale – con sentenza n. 2347 del 18 dicembre 2015 depositata il 20 gennaio 2016
Il caso
La terza sezione penale della Corte di Appello di Catania riformava la sentenza con la quale il Tribunale di Catania aveva riconosciuto un imputato colpevole del reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice (art.388, comma 2, cod. pen.) e, accogliendo l’appello dell’imputato, dichiarava non doversi procedere per mancanza di valida querela.
A questa conclusione la Corte perveniva ritenendo che l’amministratore del condominio danneggiato dalla condotta attribuita all’imputato avesse sporto querela non valida poiché privo della procura speciale richiesta dagli artt.336 e 122 cod.proc.pen.
In particolare, evidenziava che nel numero sette del verbale di assemblea del condominio era scritto “l’assemblea, per le opere realizzate dal condomino (Omissis), per le ulteriori eventuali azioni da intraprendere si riserva di attendere le risultanze delle attività peritali che verranno svolte domani 31 ottobre, conferendo ogni più ampio mandato all’amministratore per la miglior tutela del condominio stesso”, osservando che una tale generica delega, peraltro nell’attesa della summenzionata attività istruttoria, non valeva a costituire una procura speciale.
Il ricorso della parte civile
Nel ricorso presentato nell’interesse della parte civile si chiedeva l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata lamentando inosservanza e erronea applicazione della legge (art.606 lett.b, cod.proc.pen.), in relazione agli art.75 cod.proc.civ., 36 cod.civ. e 336 e 122 cod.proc.pen., assumendo che la delibera dell’assemblea del condominio sopra richiamata valesse idoneamente a conferire all’amministratore del condominio il potere di tutelare gli interessi del condominio.
Le ragioni della decisione
Ricordano gli Ermellini che poiché il condominio degli edifici non è un soggetto giuridico dotato di una personalità distinta da quella dei suoi partecipanti ma uno strumento di gestione collegiale degli interessi comuni dei condomini, la volontà di presentare querela per un fatto lesivo di uno di questi interessi comuni deve esprimersi attraverso tale strumento di gestione collegiale.
Le funzioni dell’amministratore
Per la Corte regolatrice, l’amministratore esplica, come mandatario dei condomini, soltanto le funzioni esecutive, amministrative, di gestione e di tutela dei beni e servizi a lui attribuite dalla legge, dal regolamento di condominio o dall’assemblea, ex artt.1130 e 1131, comma 1, cod.civ., e esclusivamente nell’ambito di queste ha la rappresentanza dei condomini e può agire in giudizio.
La querela non rientra tra gli atti di gestione dei beni o di conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.
Secondo i giudici di piazza Cavour, anche quando concerne un fatto lesivo del patrimonio condominiale, la querela non rientra tra gli atti di gestione dei beni o di conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio e, poiché costituisce un presupposto della validità del promovimento dell’azione penale e non un mezzo di cautela processuale o sostanziale e il relativo diritto compete in via strettamente personale alla persona offesa dal reato, deve escludersi che – in assenza dello speciale mandato previsto dagli artt.122 e 336, cod.proc.pen. – tale diritto possa essere esercitato da un soggetto diverso dal suo titolare.
E’ necessario uno specifico incarico conferito all’amministratore per la valida presentazione di una querela in relazione a un reato commesso in danno del patrimonio condominiale.
Conclusivamente – secondo gli Ermellini – per essere valida, la presentazione di una querela in relazione a un reato commesso in danno del patrimonio condominiale richiede uno specifico incarico conferito all’amministratore dall’assemblea del condomini (Cass.pen.: Sez.2, n.6 del 29/11/2000, dep.2001, Rv. 218562; Sez.5, n.6197 del 26/11/2010, dep.2011, Rv.249259).
E poiché nel caso in esame neanche risulta che si fosse formata una volontà dei condomini di promuovere querela, atteso che la delibera sopra richiamata esprime una volontà ipotetica (“per le eventuali azioni da intraprendere”), condizionata a dati ancora da acquisire (“si riserva di attendere le risultanze delle attività peritali”) e generica e programmatica (“conferendo ogni più ampio mandato all’amministratore per la miglior tutela del condominio stesso”), non ancora la specifica volontà di perseguire penalmente l’autore del fatto lesivo degli interessi del condominio e di incaricare l’amministratore di sporgere querela, il ricorso viene rigettato.
Una breve riflessione
La sentenza in rassegna affronta una problematica molto comune in ambito condominiale. Difatti, accade spesso che l’amministratore del condominio sporga una querela in relazione a reati che offendono il patrimonio condominiale.
Il problema che ha costituito il punto controverso del thema decidendum è quello di verificare la sussistenza di un potere, in capo all’amministratore, di sporgere una querela in assenza di un mandato specifico da parte dell’assemblea. Ovvero, nel caso di esistenza di un mandato assembleare, se esso possa essere generico ovvero debba essere specifico.
Dalla motivazione della sentenza emerge che l’assemblea dei condomini avrebbe dovuto conferire all’amministratore uno specifico incarico manifestando così la volontà di perseguire penalmente l’autore del fatto.
In difetto di un siffatto mandato specifico, deve dunque escludersi che l’amministratore abbia, ex sé, il potere di sporgere querela, atteso che quest’ultima non rientra tra gli atti di gestione dei beni o di conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio (per i quali è legittimato l’amministratore anche in assenza di una autorizzazione assembleare).
Sotto altro profilo non può non rilevarsi come, in alcuni casi, tale interpretazione potrebbe rilevarsi pregiudizievole per gli interessi del condominio. Difatti, posto che la querela va presentata entro tre mesi dalla conoscenza del fatto che costituisce il reato, potrebbe succedere che non si riesca a formare, entro il suddetto termine, una volontà dell’assemblea dei condomini e, in siffatto modo, potrebbe decorrere inutilmente il termine per la proposizione della querela.
Certo è che, in tali casi, anche ciascun condomino sarebbe legittimato a proporre querela in relazione ad un reato che abbia cagionato un danno al condominio, ma è altrettanto vero che, riguardo alla querela sporta dall’amministratore, potrebbe farsi ricorso all’istituto della ratifica. In altre parole, l’assemblea dei condomini potrebbe essere chiamata a ratificare, ex post, la querela proposta dal rappresentante del condominio in maniera tale da decretarne la definitiva efficacia. Se, difatti, l’amministratore del condominio risponde nei confronti dei condomini secondo le regole del mandato, non si comprende per quale ragione egli non potrebbe proporre querela a tutela dei rappresentati.
Certamente, contro una siffatta interpretazione osta il consolidato principio giurisprudenziale in forza del quale “la procura speciale, preventivamente rilasciata per la proposizione della querela deve, a pena di inammissibilità, contenere il riferimento a specifici reati oppure l’indicazione delle situazioni in cui il mandatario debba attivarsi, non essendo sufficiente un generico mandato a proporre querela” (Cass., sez. 5, 17 marzo 2010 n.24687).
Ecco che, da una prospettiva diversa, la interpretazione offerta dalla Suprema Corte appare garantista dei diritti dell’incolpato ed evita che una personale animosità tra amministratore e reo possa sfociare nella proposizione di una querela a fronte della volontà, di segno contrario, dell’assemblea dei condomini.
avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
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