Motivi della decisione
1. Con sentenza n. 20537 del 29 gennaio 2014 (depositata il 19 maggio 2014), la Sezione V Penale di questa Corte suprema di cassazione ha rigettato il ricorso proposto dal difensore dell’imputato (Omissis) avverso la sentenza della Corte di appello di Milano 13 aprile 2012 di (conferma della) condanna per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, commesso in Milano 1’8 febbraio 2001.
2. Il condannato ha proposto ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’articolo 625-bis cod. proc. pen., col ministero del difensore di fiducia, avvocato (Omissis), mediante atto recante la data del 15 settembre 2014, depositato il 4 ottobre 2014, censurando l’omesso rilievo ex officio, ai sensi dell’articolo 129 cod. proc. pen., della prescrizione del delitto, assertivamente maturata (tenuto conto del prolungamento del termine per effetto degli atti interruttivi) 1’8 agosto 2013, nelle more del giudizio di legittimità.
Il difensore deduce: nella specie non trovano applicazione le norme previgenti in materia di prescrizione, bensì quelle della novella del 5 dicembre 2005, n. 251, in quanto la sentenza di primo grado è stata deliberata il 13 giugno 2006; il termine prescrizionale massimo (prolungato), ai sensi dell’articolo 157 cod. pen., è di dodici anni e sei mesi; la sentenza della Corte suprema di cassazione impugnata non reca alcuna valutazione giuridica in punto di prescrizione; il Collegio di legittimità «ha erroneamente mancato di verificare il dato di fatto» della scadenza del termine della prescrizione.
3.-Il ricorso è inammissibile.
Concorrono due profili di inammissibilità: sul piano soggettivo e sul piano formale dell’atto di impugnazione straordinaria.
3.1 —Sotto il primo profilo deve rilevarsi che il ricorso è stato proposto da soggetto non legittimato: l’avvocato (Omissis) nella qualità di mero difensore del condannato.
Il legale, infatti, né ha allegato al ricorso alcuna procura speciale, né — e neppure — ha prospettato che il condannato gliela abbia mai conferita.
Orbene, l’articolo 625-bis, comma 2, cod. proc. pen. stabilisce che la impugnazione «è proposta dal procuratore generale o dal condannato con ricorso presentato alla corte di cassazione» entro il termine prescritto.
A differenza, pertanto, rispetto al ricorso per cassazione (ordinario), il difensore del condannato non è legittimato alla proposizione della impugnazione straordinaria per effetto della norma derogatrice, contenuta della ridetta disposizione (lex specialis).
In proposito la giurisprudenza di legittimità ha fissato, esattamente in termini, il principio di diritto affatto consolidato, secondo il quale «è inammissibile il ricorso straordinario per la correzione dell’errore di fatto proposto, nell’interesse del condannato, dal difensore non munito di procura speciale, la quale è imprescindibile, trattandosi di impugnazione di carattere straordinario, riservata ex articolo 625-bis, comma 2, cod. proc. pen., esclusivamente al condannato, con la conseguenza che, in tal caso, è inapplicabile il disposto di cui all’articolo 571, terzo comma, cod. proc. pen.» (Sez. 4, n. 13918 del 05/07/2011 – dep. 12/04/2012, Tempesta, Rv. 252456; Sez. 4, n. 34923 del 27/06/2002 – dep. 17/10/2002, Abanto, Rv. 222917; Sez. 2, n. 47848 del 05/11/2003 – dep. 15/12/2003, Lodigiani, Rv. 227694).
È, infine, appena il caso di aggiungere che, se è pur vero che il condannato è stato incaricato dal difensore ricorrente a presentare il ricorso straordinario nella cancelleria di questa Corte suprema di cassazione, siffatta circostanza della personale presentazione da parte del (Omissis) non vale a rendere ammissibile la impugnazione.
La legittimazione ad impugnare riguarda, infatti, la proposizione e non la presentazione della impugnazione.
Inoltre, ai sensi dell’articolo 625-bis, comma 2, cod. proc. pen., devono, comunque, concorrere entrambi i requisiti soggettivi, nel senso che spetta al condannato provvedere — personalmente, ovvero col ministero di un procuratore speciale — sia alla proposizione del ricorso straordinario sia alla presentazione dell’atto nella cancelleria della cassazione (cfr., in tema di ricorso straordinario proposto personalmente dal condannato, ma «depositato da altri su incarico del difensore di fiducia […] senza alcuna specifica procura […] o incarico specifico», Sez. 6, n. 28713 del 11/05/2012 – dep. 17/07/2012, Carlevaris, Rv. 253246).
3.2 — La impugnazione straordinaria è, altresì, carente del requisito della specificità dei motivi.
Affatto generica è, nella specie, la postulazione della maturazione della (supposta) prescrizione in epoca anteriore alla pronuncia della sentenza di legittimità impugnata.
La prescrizione non consegue indefettibilmente a automaticamente al decorso del tempo dalla data di commissione del reato.
La prescrizione è, per vero, un evento giuridico e non un mero fatto naturale (il tempo trascorso dal dies a quo).
E l’ accertamento della prescrizione non è frutto della pura e semplice evidenza della constatazione del computo aritmetico del termine relativo (ordinario o prolungato) sul calendario (Sez. 1, n. 3774 del 3/10/2013 – dep. 28/01/2014, Melita, non massimata).
Plurime questioni, di diritto e di fatto, costituiscono l’oggetto del giudizio sul punto della prescrizione: titolo del reato, epoca della commissione, regime applicabile, atti interruttivi, sospensioni, limiti correlativi, circostanze soggettive, fatti naturali, atti o eventi processuali influenti, effetti correlati, determinazione dei periodi di maturazione e di quelli di sospensione, computo etc.
Nel caso in esame, peraltro, come risulta documentalmente ex actis, alla stregua dell’esame della copertina del fascicolo processuale, relativo al giudizio deciso colla sentenza impugnata (procedimento n. 21802/ 2013 R.G.), in esito all’esame preliminare del ricorso, ai sensi dell’ articolo 610, comma 1, cod. proc. pen., risulta annotato alla data del 7 febbraio 2014 il termine di scadenza della prescrizione, essendo stato censito un periodo di sospensione del relativo decorso, durante il primo grado del processo, dal 16 marzo 2004 al 15 settembre 2004, pari a cinque mesi e ventinove giorni. Sicché il ricorso per cassazione proposto dal (Omissis) fu tempestivamente discusso e deciso il 29 gennaio 2014, in data anteriore a quella (debitamente evidenziata) di maturazione della prescrizione.
Epperò gli scarni riferimenti del ricorrente straordinario — circoscritti alla indicazione del titolo e della data di commissione del reato, nonché del termine ordinario, prolungato (di un quarto), e della supposta scadenza — non danno conto del preteso compimento della prescrizione in epoca anteriore alla pronuncia della sentenza impugnata, in quanto la parte ha trascurato di rappresentare la sequela procedimentale e di dimostrare, alla stregua della medesima, l’intervenuta maturazione, senza soluzione di continuità, del termine di legge: dall’8 febbraio 2001 all’8 agosto 2013.
Conclusivamente il ricorso straordinario è pertanto — alla evidenza — affatto aspecifico: infatti gli elementi dedotti dalla parte non sono concludenti, in carenza della esposizione del concreto iter del processo, nel senso postulato della intervenuta scadenza del termine prescrizionale già prima della sentenza impugnata.
3.3 — Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché — valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione — al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.
3.4 — Il presente provvedimento deve essere deliberato colla forma della sentenza, in quanto la decisione è stata adottata in esito alla udienza camerale partecipata.
In proposito e con riferimento alla previsione, contenuta nell’articolo 625-bis, comma 4, cod. proc. pen., della «ordinanza» di inammissibilità, giova richiamare il principio di diritto secondo il quale «in tema di procedimento per la correzione dell’errore di fatto nei provvedimenti della Corte di cassazione, nell’ipotesi in cui il ricorso straordinario sia dichiarato inammissibile, all’esito di udienza, la relativa pronuncia deve assumere la forma della sentenza, atteso che il comma 4 dell’articolo 625-bis cod. proc. pen. impone l’adozione dell’ordinanza nei soli casi in cui l’inammissibilità sia dichiarata de plano senza l’instaurazione del contraddittorio e che — al di fuori dei casi previsti da specifiche disposizioni di legge — la sentenza corrisponde all’ordinaria forma delle decisioni della Corte di cassazione, anche se dichiarative dell’inammissibilità del ricorso, siano esse adottate nell’udienza pubblica o in quella camerale, partecipata o non partecipata» (Sez. U., 11. 16103 del 27/03/2002 – dep. 30/04/2002, Basile, Rv. 221284)
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.
Così deciso, addì 13 marzo 2015