In materia penale, affinché i motivi di ricorso (per cassazione) siano specifici, non è sufficiente svolgere considerazioni di merito, meramente alternative a quelle operate dal giudice di appello, ma occorre confrontarsi con la motivazione del provvedimento di secondo grado, indicando in modo specifico perché il ragionamento della Corte territoriale debba ritenersi illegittimo od in violazione della normativa di legge.
Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione – sezione quinta penale – con sentenza n. 23524 del 1° aprile 2015
Il caso
Ad un soggetto veniva contestato il reato di cui agli articoli 224, numero 1, e 227, comma 2, della legge fallimentare, per avere, nella sua qualità di amministratore unico di una società, dichiarata fallita il 16 ottobre 2008, omesso di tenere i libri e le scritture contabili obbligatorie.
In primo grado veniva assolto, ma la Corte di appello territoriale, adita su impugnazione della Procura, ribaltava la decisione dei primi giudici, ritenendo l’imputato responsabile del reato ascritto e lo condannava alla pena di mesi 4 di reclusione per la mancata tenuta del libro inventari nel periodo in cui è stato amministratore della società. Da qui il ricorso per cassazione
I motivi del ricorso.
Con il ricorso l’imputato lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento agli articoli 217 e 224 della legge fallimentare, con particolare riferimento alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato; in particolare, rifacendosi alla motivazione della sentenza di primo grado, la difesa osserva che l’imputato non aveva potuto accedere alla documentazione contabile, nonostante si fosse attivata presso i soci e presso una società informatica per cercare di recuperare i files della precedente contabilità.
Il ricorso viene dichiarato inammissibile
Per la Suprema Corte, il ricorso è inammissibile perché privo della necessaria specificità. In particolare, per gli Ermellini, il ricorso si limita a riprodurre le motivazioni della sentenza di primo grado, senza confrontarsi, sul punto, con le specifiche motivazioni della sentenza di appello, laddove si afferma che le difficoltà esistenti per le modalità delle precedenti gestioni avrebbero senza dubbio giustificato lacune ed inesattezze nella contabilità, ma l’impossibilità di garantire una continuità della contabilità non esimeva l’amministratore dal crearne una nuova.
Il principio di diritto in tema di specificità dei motivi di ricorso.
Per i giudici di piazza Cavour, “affinché i motivi di ricorso siano specifici, non è sufficiente svolgere considerazioni di merito, meramente alternative a quelle operate dal giudice di appello, ma occorre confrontarsi con la motivazione del provvedimento di secondo grado, indicando in modo specifico perché il ragionamento della Corte territoriale debba ritenersi illegittimo od in violazione della normativa di legge“.
Una breve riflessione
La sentenza richiamata indica la strada che è necessario percorrere per evitare di incappare in un ricorso inammissibile in sede penale a proposito della specificità dei motivi di appello.
In particolare, il concetto di specificità non va inteso nella sua accezione semantica, ma va più correttamente inteso, potremmo dire, come confutazione specifica della motivazione addotta dal provvedimento di secondo grado.
Pertanto, non è sufficiente svolgere considerazioni di merito meramente alternative a quelle operate dal giudice di appello, ma – per usare gli stessi termini della Corte di legittimità – occorre necessariamente confronti con la motivazione del provvedimento di secondo grado.
In altre parole, alla motivazione della sentenza di primo grado si contrappone, per così dire, la motivazione del giudice di appello. E il ricorrente non può prendere in considerazione solo la prima, ma deve confrontarsi con entrambe le motivazioni e spiegare in quali punti specifici della decisione di secondo grado e perché sia ravvisabile una violazione di legge o altro tipo di censura prospettabile alla Corte di legittimità.
Il principio sopra esposto si colloca all’interno di quel solco giurisprudenziale in forza del quale non è possibile censurare, innanzi al giudice di legittimità, una lettura alternativa sol perché viene preferita a più letture tutte giuridicamente possibili, e ciò in quanto la Suprema Corte, diversamente, diventerebbe giudice “del fatto”.
Ignorare la decisione di secondo grado per rifarsi esclusivamente alla decisione di primo grado significa bypassare il giudice del gravame e chiedere alla Suprema Corte di effettuare una “lettura” delle carte che è già, di per sé solo, incompatibile con le regole del giudizio in cassazione. Da qui la inammissibilità del ricorso. Ricorso, che, invece, come sopra detto, deve “criticare” la motivazione del giudice di appello, non rispetto a sé stessa, ma piuttosto rispetto alle specifiche doglianze contenute nell’atto di gravame.
Solo così si può sperare di non incappare in una pronunzia di inammissibilità da parte dei giudici di piazza Cavour.
avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
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