Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 6 novembre – 18 dicembre 2014, n. 26689
La Suprema Corte, con la richiamata sentenza, ha ribadito il principio per cui “nell’ambito del SSN, il passaggio dal regime di convenzionamento esterno al nuovo regime dell’accreditamento – previsto dall’art. 8 del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 502, poi integrato dall’art. 6 della legge 23 dicembre 1994 n. 724 – non ha modificato la natura del rapporto esistente tra la P.A. e le strutture private, che rimane di natura sostanzialmente concessoria; ne consegue che non può essere posto a carico dell’ente pubblico alcun onere di erogazione dì prestazioni sanitarie in assenza di un provvedimento amministrativo regionale che riconosca alla struttura la qualità di soggetto accreditato ed al di fuori di singoli e specifici rapporti contrattuali (v. Cass. n. 17711/2014, n. 1740/2011)”.
La soluzione prospettata dalla Corte, anche se formalmente corretta dal punto di vista giuridico, non tiene conto, a parere di chi scrive, dell’ingiustificato arricchimento che si viene a determinare a favore dell’Ente Pubblico che ha ricevuto prestazioni o servizi da un soggetto che li ha comunque erogati e dei quali l’Azienda Sanitaria ha beneficiato.
Se l’Azienda sanitaria fosse all’oscuro di tutto, forse si potrebbe condividere il pronunciamento della Suprema Corte. Ma le perplessità sorgono perché dalla sentenza si apprende che, nella specie, l’Azienda sanitaria ha richiesto la restituzione di somme indebitamente pagate.
Ed allora, una domanda sorge spontanea: perché le ha pagate ad un soggetto non autorizzato.
Probabilmente, una sentenza come questa potrebbe non superare il vaglio della Corte di Giustizia sotto il profilo della disparità di trattamento tra i due soggetti che, pur in assenza di un contratto formale, hanno realizzato comunque una innegabile vicenda contrattuale.
Nell’attuale sistema di accreditamento, la stipula del contratto ed i tempi della stipula sono rimessi ad una delle parti contraenti, la più forte. Pensare e ritenere che in assenza di contratto le prestazioni non debbano essere remunerate sembra una soluzione che crea uno squilibrio tra le parti.
Cassazione 26689 del 2014 (estratto testo integrale della sentenza)
Avv. Filippo Pagano
managing partner at clouvell