La Banca può incamerare le somme ricevute in pegno senza necessità di insinuarsi al passivo del fallimento del proprio debitore.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 17 settembre – 21 novembre 2014, n. 24865
La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza sopra citata, si è occupata di un caso in materia revocatoria fallimentare in relazione a rimesse bancarie.
Nodo della questione è costituito da un libretto al portatore dato in pegno a garanzia di una linea di credito. Nel corso del rapporto, l’Istituto di credito aveva incamerato la somma giacente sul libretto utilizzandola a copertura di uno “scoperto” sul conto del cliente.
Secondo il cliente si trattava di un pegno regolare. Di contrario avviso l’Istituto di credito, secondo cui il pegno del libretto di deposito bancario, costituito in favore della stessa Banca depositarla, costituisce di per sé pegno irregolare del danaro depositato, che passa automaticamente in proprietà della Banca. E ciò in quanto “il pegno non ha ad oggetto il libretto come res, ma la somma che da esso risulta; che solo se il pegno è costituito a favore di Banca diversa dalla depositaria si configura pegno regolare di credito; che, secondo l’interpretazione letterale dell’art. 1851 c.c., la fungibilità dei beni o l’attribuzione al creditore del potere di disporne sono requisiti che possono alternativamente ricorrere, e quindi il discrimen tra pegno irregolare e regolare ben può essere rappresentato dalla fungibilità o meno del bene, per cui a nulla vale il rilievo che è stato individuato il libretto, in quanto il pegno è rappresentato dalle somme già depositate presso la Banca e nella disponibilità della stessa, che si è quindi limitata ad esercitare legittimamente il diritto di prelazione sul libretto di deposito dato in pegno”.
Pegno regolare o pegno irregolare?
La Suprema Corte ha rilevato che “la possibilità di configurare come regolare il pegno avente ad oggetto un libretto di deposito al portatore non soltanto presuppone che questo sia stato emesso dalla stessa banca creditrice che lo riceve poi in garanzia… ma anche che il contratto di costituzione di pegno riconosca a detta banca il potere di immediatamente disporne. Non diversamente da quel che accade per la costituzione in pegno di somme di danaro, di titoli o di altri beni fungibili, insomma, il dato che rileva ai fini della configurabilità del pegno come irregolare non è solo costituito dalla natura del bene, ma anche e soprattutto dalla volontà delle parti di conferire al creditore la facoltà di disporre del bene stesso (o, nel caso si tratti di titolo di credito o documento di legittimazione, del relativo diritto) per soddisfare i propri crediti: facoltà di disposizione solo in presenza della quale la fattispecie esula dai confini del pegno regolare per rientrare, viceversa, nella disciplina prevista dall’art. 1851 c.c., con la conseguenza che il creditore acquisisce immediatamente la proprietà del denaro o dei beni, destinati poi, al momento dell’inadempimento, ad essere restituiti per equivalente per intero, oppure, in caso d’inadempimento, nella sola misura eventualmente eccedente l’ammontare del credito garantito”.
Il creditore assistito da pegno irregolare non deve insinuarsi al passivo fallimentare.
In motivazione si legge inoltre che “il creditore assistito da pegno irregolare, a differenza di quello assistito da pegno regolare, non è tenuto ad insinuarsi al passivo fallimentare ai sensi dell’art.53 l.f. per il soddisfacimento del proprio credito (principio affermato dalle Sezioni unite nella pronuncia 201/2002), e l’incameramento in via definitiva del denaro o delle altre cose fungibili ricevuti in garanzia (salvo l’obbligo di restituire l’eccedenza, ex art. 1851 c.c.) resta sottratto alla revocatoria, operando la compensazione come modalità tipica di esercizio della prelazione (così, oltre alla pronuncia 3794/08 cit., in senso conforme, tra le ultime, le pronunce 14067/08 e 18597/11)”.
Insussistenza del presupposto dell’”anomalia” del pagamento.
In ogni caso i pagamenti non sono revocabili in quanto “l’anomalia del pagamento, che secondo l’art. 67, 1 comma n. 2 l. f. giustifica la presunzione di conoscenza a carico del creditore dello stato di insolvenza del debitore, va individuata alla stregua delle concrete modalità di estinzione del debito, e non tanto del tipo astratto di pagamento, proprio perché il legislatore ha ritenuto la specifica modalità estintiva “anomala” sintomatica della probabile conoscenza dello stato di insolvenza, posto che, altrimenti, il pagamento sarebbe avvenuto con modalità normali.
Nella specifica situazione – prosegue la Corte – sarebbe stata ipotizzabile l’anormalità della complessiva operazione, a partire dal contratto di pegno, che prevedeva l’incameramento delle somme del libretto bancario, ed in tal caso sarebbe stato revocabile il contratto, da cui la restituzione del pagamento quale conseguenza della revoca: tale fattispecie non è però utilmente invocabile, né invero è stata fatta valere dal Fallimento, posto che il contratto si colloca in data antecedente al periodo sospetto. Se così è, non trova alcuna giustificazione la revocabilità del pagamento in sé, avvenuto secondo la modalità pattuita nel contratto di pegno, ancorché regolare (che, come si è già detto, rimane fuori della fattispecie azionata), in carenza di ogni carattere di anormalità, rivelatore della scientia decoctionis”.
Avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
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