Nel caso di soggetto che abbia erogato il denaro per l’acquisto di un immobile in capo ad uno dei figli, si deve distinguere l’ipotesi della donazione diretta del denaro, impiegato successivamente dal figlio in un acquisto immobiliare, in cui oggetto della donazione rimane il denaro stesso, da quella in cui il donante fornisce il denaro quale mezzo per l’acquisto dell’immobile, che costituisce il fine della donazione.
Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione – sezione seconda civile – con sentenza n.7822 del 16 aprile 2015.
Il caso
Un tizio conveniva in giudizio la figlia chiedendo la revoca, per indegnità, della donazione indiretta di un immobile acquistato da costei con denaro fornito dal padre.
La figlia si costituiva contestando la domanda.
Il Tribunale rigettava la domanda sul presupposto che “oggetto della donazione… non è la cosa di cui si è arricchito il donatario bensì quella di cui si è spogliata il donante”, e quindi, nella specie, non doveva considerarsi l’immobile, bensì il denaro.
La Corte di appello confermava la sentenza sia pure con diversa motivazione. Da qui il ricorso per cassazione.
Il collegamento teleologico tra elargizione di denaro ed acquisto dell’immobile.
Secondo la Suprema Corte “per integrare la fattispecie di donazione indiretta è necessario che la dazione della somma di denaro sia effettuata quale mezzo per l’unico e specifico fine dell’acquisto dell’immobile: deve, cioè, sussistere incontrovertibilmente un collegamento teleologico tra elargizione del denaro e acquisto dell’immobile (Cass. 24-2-2004 n. 3642; Cass. 2-9- 2014 n. 18541)”.
La donazione diretta del denaro impiegato successivamente dal figlio per l’acquisto dell’immobile va tenuta distinta dalla diversa ipotesi in cui il donante fornisce il denaro quale mezzo per l’acquisto dell’immobile.
Precisa la Suprema Corte che, nel caso di soggetto che abbia erogato il denaro per l’acquisto di un immobile in capo ad uno dei figli, pertanto, si deve distinguere l’ipotesi della donazione diretta del denaro, impiegato successivamente dal figlio in un acquisto immobiliare, in cui, ovviamente, oggetto della donazione rimane il denaro stesso, da quella in cui il donante fornisce il denaro quale mezzo per l’acquisto dell’immobile, che costituisce il fine della donazione. In tal caso, il collegamento tra l’elargizione del denaro paterno e l’acquisto del bene immobile da parte del figlio porta a concludere che si è in presenza di una donazione (indiretta) dello stesso immobile e non del denaro impiegato per il suo acquisto (Cass. 15-11-1997 n. 11317).
E’ necessario che il denaro donato copra per intero il prezzo dell’immobile.
Infine, la Suprema Corte precisa che la donazione indiretta dell’immobile non è configurabile quando il donante paghi soltanto una parte del prezzo del bene, giacché la corresponsione del denaro costituisce una diversa modalità per attuare l’identico risultato giuridico-economico dell’attribuzione liberale dell’immobile esclusivamente nell’ipotesi in cui ne sostenga l’intero costo (Cass. 31-1-2014 n. 2149).
Nella specie, la Corte Suprema rigetta il ricorso perché non era stato provato né che il padre avesse “donato” per intero la somma necessaria per l’acquisto, né che tale somma fosse stata donata per l’acquisto dell’immobile.
E ciò in considerazione del fatto che Tizio si era limitato a proporre domanda di revocazione della donazione, non svolgendo alcuna domanda subordinata di declaratoria di nullità della donazione di denaro per difetto di forma e la conseguente domanda di restituzione delle somme versate.
Una breve riflessione
La sentenza enunciata fa corretta applicazione dei principi elaborati nel tempo della Suprema Corte in tema di donazione indiretta.
Certamente, però, a fronte di tali chiari principi, non pochi problemi pratici si pongono nella prassi applicativa. Ed è davvero difficile, nella prassi, poter distinguere (e ancor più provare) la donazione di somma di denaro successivamente impiegata per l’acquisto di un immobile rispetto alla donazione di denaro per l’acquisto dell’immobile.
E ciò considerato che quasi mai il trasferimento delle somma da genitore a figlio avviene contestualmente alla stipula dell’atto pubblico. Anzi, nella prassi, può avvenire anche diverso tempo prima.
Sotto altro profilo, invece, se è più facile dimostrare che l’importo della somma donata copra o non copra il prezzo di acquisto dell’immobile, non può non rilevarsi come il principio espresso dalla Suprema Corte, che richiede che il prezzo donato copra per intero il prezzo dell’immobile, sia troppo rigido. O, per lo meno, dalla applicazione rigida di un simile principio, possano derivare conseguenze tali da stravolgere le finalità del rimedio esperibile.
Certo, ritenere che a fronte dell’acquisto di un immobile per il prezzo di cento sia stata donata la somma di cinquanta, nulla quaestio per la non ricorrenza di una donazione indiretta dell’immobile.
Ma, nel caso di immobile acquistato per il prezzo di cento, per il quale sia stata donata la somma di novanta (donazione di denaro effettuata con il fine dell’acquisto dell’immobile, il cui prezzo, però sia stato leggermente superiore), appare una forzatura ritenere che non si tratti di donazione indiretta di immobile ma solo di donazione diretta di denaro.
Più che al rapporto tra l’ammontare delle somme donate ed il prezzo di acquisto dell’immobile dovrebbe darsi valore preponderante alla finalità della donazione della somma. E, nel caso in cui la finalità fosse quella di acquistare un determinato immobile, la donazione indiretta (dell’immobile) dovrebbe essere ritenuta sussistenza anche quando il prezzo dell’acquisto sia leggermente superiore all’importo delle somme donate a tal fine.
avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
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