Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n.3136 del 17 febbraio 2015.
Il caso
Un lavoratore dipendente impugnava il licenziamento intimatogli dal datore di lavoro.
Tra le doglianze avanzate vi era anche quella relativa alla identità del giudice della fase sommaria e della fase ordinaria (rito Fornero). E tale doglianza veniva disattesa sia in primo grado che in grado di appello.
Da qui il ricorso per cassazione del lavoratore licenziato.
In particolare il ricorrente lamenta la nullità della sentenza di primo grado in quanto emessa da giudice incompetente ossia dallo stesso magistrato che aveva deciso la fase sommaria. E, secondo il ricorrente, tale nullità avrebbe dovuto essere rilevata d’ufficio da parte della Corte d’appello.
La Corte ritiene inammissibile il motivo di ricorso anche perché il ricorrente avrebbe dovuto semmai proporre istanza di ricusazione del giudicante. In ogni caso, a parte l’error in procedendo, secondo la Suprema Corte, anche se il ricorrente avesse proposto istanza di ricusazione, essa non avrebbe potuto avere successo in quanto la fase dell’opposizione ai sensi dell’art. 1, comma 51, L. n.92 del 2012 (cd. rito Fornero) non costituisce un grado diverso rispetto alla fase che ha preceduto l’ordinanza. “Essa non è, in altre parole, revisio prioris instantiae ma solo una prosecuzione del giudizio di primo grado in forma ordinaria e non più urgente”.
I precedenti su cui si basa la sentenza in commento.
La Suprema Corte ricorda l’intervento della Corte costituzionale che con sent. n.326 del 1997 ha dichiarato non fondata la questione avente ad oggetto l’art.51 cod. proc. civ., nella parte in cui impone l’obbligo di astensione nella causa di merito al giudice che abbia concesso una misura cautelare ante causam.
Ricorda ancora la decisione della Corte costituzionale che, con ordinanza n.205 del 2014, ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità degli artt.1 comma 51,L. n.92 del 2012 e 51 cit, primo comma, n.4, rilevando “l’improprio tentativo di ottenere, con uso distorto dell’incidente di costituzionalità, l’avallo dell’interpretazione proposta dal rimettente in ordine ad un contesto normativo che egli pur riconosce suscettibile di duplice lettura“; tanto più che il giudice rimettente riteneva preferibile, e costituzionalmente più compatibile, l’opposta interpretazione, che escludeva il contenuto impugnatorio dell’opposizione all’ordinanza in questione.
Da ultimo, va ricordato l’intervento delle sezioni unite che, con ordinanza del 18 settembre 2014 n.19674, hanno escluso il contenuto impugnatorio della fase successiva a quella sommaria, definendola fase del giudizio di primo grado.
Dunque, il giudice della fase sommaria può essere lo stesso della fase ordinaria.
Una breve riflessione.
Con i precedenti sul punto, di tutto rispetto, una opposta interpretazione sarebbe costretta a naufragare.
L’interpretazione della Suprema Corte, se formalmente corretta, lascia però molti dubbi sulla effettiva imparzialità del giudice che definisce la fase ordinaria.
Vero è, infatti, che la fase ordinaria non ha carattere impugnatorio ed è una prosecuzione della prima (anche se il tenore letterale della norma sembrerebbe dire qualcosa di diverso), ma è altrettanto vero che la fase ordinaria potrebbe vedere gli stessi mezzi di prova offerti per la fase sommaria. Ovvero, anche se venissero offerti mezzi di prova in parte o in tutto nuovi o diversi, non v’è chi non veda come sembra davvero difficile che il giudice della fase sommaria si possa spogliare di ogni (pre)giudizio ed emettere un provvedimento totalmente libero e non condizionato dalla decisione assunta in esito al rito sommario.
Il richiamo ai procedimenti cautelari non appare molto pertinente perché in questi ultimi è il ricorrente che sceglie di accedervi. Nel rito Fornero, la prima fase, quella sommaria, è un passaggio obbligato che, però, costringe il giudice ad una pronunzia “anticipata” che, gioco forza, si rifletterà sul provvedimento finale della fase ordinaria.
Problemi di compatibilità dell’attuale assetto interpretativo con il diritto dell’Unione.
L’articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali stabilisce che “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti”. Di identico tenore è l’articolo 47 della Carta di Nizza, mentre l’articolo 30 (Carta di Nizza) garantisce il diritto del lavoratore licenziato ad una tutela effettiva “conformemente al diritto comunitario”
Che possa essere imparziale un giudice che abbia già giudicato il ricorso di un lavoratore in una fase sommaria si può nutrire più di una qualche perplessità.
Ed allora, al di là della terminologia usata dalla legge e dalle norme del codice di procedura civile sulla ricusazione, così come lette dalla Corte delle leggi e dalla Suprema Corte di cassazione, v’è da dire che la Corte di Giustizia dell’UE, anche in sede di richiesta di rinvio pregiudiziale, non mancherà di pronunciarsi sulla compatibilità dell’attuale assetto normativo-interpretativo con il diritto dell’Unione.
avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
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