Qui di seguito la sentenza della Suprema Corte di Cassazione – sezione III civile – 13 febbraio 2015, n. 2865
Tra la ricorrente, (OMISSIS), e i controricorrenti, (OMISSIS) e (OMISSIS) s.n.c., vennero stipulati nel 2001 due contratti di locazione, relativi ad un appartamento, in favore della (OMISSIS), e ad un capannone adiacente, in favore delle (OMISSIS) s.n.c., della quale la (OMISSIS) era socia e legale rappresentante. I conduttori abbandonarono gli immobili senza alcun preavviso alla fine del 2007 senza riconsegnarne le chiavi e cessando di corrispondere i canoni di locazione. Venne intimato e convalidato lo sfatto per morosita’ e poco prima dell’accesso dell’ufficiale giudiziario i conduttori riconsegnarono gli immobili pagando i canoni arretrati fino a quel momento.
La (OMISSIS) introduceva quindi una causa nei confronti degli ex conduttori per il danno da anormale deterioramento dell’immobile, non coperto a sufficienza dal deposito cauzionale, e per la mancata e poi diminuita percezione del reddito conseguente alla risoluzione anticipata del rapporto ed alla successiva locazione ad altri degli immobili per un canone inferiore.
L’adito Tribunale di Prato riconosceva il danno per il degrado dell’immobile ma non quello derivante dalla risoluzione anticipata del rapporto per colpa dei conduttori.
Anche la sentenza della Corte d’Appello di Firenze rigettava la domanda della (OMISSIS) volta al risarcimento del danno per la anticipata cessazione del rapporto di locazione, escludendo che i danni lamentati dalla locatrice (da essa indicati nella mancata corresponsione dei canoni di locazione dal rilascio dell’appartamento alla nuova locazione, e nella differenza tra il canone originario e il minor canone concordato con i nuovi conduttori dalla conclusione del nuovo contratto di locazione fino alla naturale scadenza di quelli intestati agli attuali controricorrenti) fossero conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento dei conduttori. La corte territoriale aggiungeva che la (OMISSIS) avrebbe potuto chiedere la condanna dei conduttori all’adempimento, ed in tal modo ottenere la condanna al pagamento dei canoni fino alla scadenza contrattuale del 31.10.2009, ma aveva invece optato per la risoluzione, assumendosi il rischio del mancato guadagno, rispetto al quale l’inadempimento dei convenuti scolorava a causa remota e quindi non costituiva fonte di danno risarcibile.
(OMISSIS) propone ricorso per la cassazione della sentenza n. 551 del 2011 della Corte d’Appello di Firenze nei confronti di (OMISSIS) e delle (OMISSIS), articolato in due motivi.
Resistono gli intimati con controricorso.
Con il primo motivo di ricorso la (OMISSIS) denuncia la violazione o falsa applicazione degli articoli 1223 e 1453 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, mentre con il secondo motivo denuncia il vizio di motivazione per aver la sentenza negato il nesso causale tra l’inadempimento dei conduttori ed il danno subito dalla locatrice.
La ricorrente, in particolare, critica il passo della sentenza impugnata in cui si afferma che il mancato guadagno da essa lamentato per la mancata percezione dei canoni consegua in realta’ alla sua libera scelta di richiedere lo sfratto per morosita’, determinando la cessazione anticipata del rapporto, anziche’ proseguirlo.
Il primo motivo e’ fondato, il secondo e’ assorbito dall’accoglimento del primo.
Erroneamente la corte d’appello assume che il danno da mancata riscossione dei canoni futuri sia incompatibile con la richiesta di risoluzione del contratto e non sia conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento che ha dato luogo alla risoluzione.
Tale affermazione si pone in contrasto con il disposto dell’articolo 1453 c.c., che stabilisce che la parte possa chiedere, a sua scelta, o l’adempimento o la risoluzione per inadempimento, salvo in ogni caso il suo diritto a richiedere anche il risarcimento del danno.
Sostenere che, ove la parte non inadempiente di un contratto di durata, in luogo di chiedere la condanna dell’altra parte all’adempimento, preferisca troncare il rapporto non ritenendo piu’ di poter fare affidamento in ordine alla capacita’ e volonta’ della controparte di proseguire il rapporto adempiendo regolarmente alle proprie obbligazioni, e chieda pertanto la risoluzione, assuma il rischio del mancato guadagno, significa non individuare o negare la funzione restitutoria del risarcimento per equivalente, che nel caso della risoluzione contrattuale accompagna lo scioglimento del rapporto contrattuale qualora esso da solo non sia sufficiente a mettere la parte non inadempiente nella stessa situazione in cui essa si sarebbe trovata in mancanza dell’inadempimento della controparte.
Al contrario, si osserva che l’articolo 1453 c.c., facendo salvo, in ogni caso, il diritto della parte adempiente, che chiede la risoluzione del contratto per inadempimento della controparte, al risarcimento dei danni, ricomprende, tra i danni risarcibili, anche il mancato guadagno, se e in quanto esso costituisca conseguenza immediata e diretta, ex articolo 1223 c.c., dell’evento risolutivo.
Tale pregiudizio si puo’ individuare nell’incremento patrimoniale netto che la parte non inadempiente avrebbe conseguito mediante la realizzazione del contratto e che non ha potuto conseguire per la inadempienza dell’altra parte (v. Cass. n 530 del 2014). Si tratta di un danno potenziale e futuro, la cui concreta risarcibilita’ postula l’effettivita’ della lesione dell’interesse del creditore all’esecuzione del contratto; il che comporta – con specifico riferimento a fattispecie, come quella che ci occupa, della risoluzione della locazione per inadempimento dell’obbligazione di pagamento dei canoni da parte del conduttore – che la mancata percezione di un canone mensile, nel periodo successivo al rilascio per effetto della pronuncia risolutiva, sia dipesa da causa diversa dalla volonta’ del locatore di non locare nuovamente l’immobile riservandosene la disponibilita’ materiale.
Va quindi ribadito che in caso di inadempimento contrattuale il rimedio del risarcimento per equivalente e’ in ogni caso utilizzabile, sia che 11 contraente non inadempiente chieda la condanna all’adempimento della controparte, sia che chieda la risoluzione del rapporto contrattuale per inadempimento della controparte.
Costituisce poi indagine di merito da farsi caso per caso e non sindacabile se non sotto il profilo del vizio di motivazione, la verifica nel caso concreto dell’ammontare del danno effettivamente subito dal locatore, per accertare se esso sia pari, come indicato dalla ricorrente ai canoni non percepiti fino al reperimento di un nuovo conduttore e poi, da quel momento e fino alla scadenza naturale del contratto risolto, pari alla differenza tra i due canoni se esistente. All’interno di tale indagine potra’ poi trovare spazio l’accertamento se il ritardo nel trovare un nuovo conduttore o il reperimento di esso ma a condizioni contrattuali a lui meno favorevoli sia in tutto o in parte addebitabile all’inerzia o ad altro atteggiamento del locatore (ad esempio una esasperata selettivita’ nel vagliare gli aspiranti conduttori) che possa ritenersi in contrasto con l’articolo 1227 c.c., comma 2.
Non puo’ quindi condividersi l’affermazione – peraltro isolata – contenuta in Cass. n. 27614 del 2013, secondo la quale in ipotesi di risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, intervenuto il rilascio del bene locato, la mancata percezione da parte del locatore dei canoni che sarebbero stati esigibili fino alla scadenza convenzionale o legale del rapporto, non configuri di per se’ un danno da “perdita subita”, ne’ un danno da “mancato guadagno”, non ravvisandosi in tale mancata percezione una diminuzione del patrimonio del creditore – locatore rispetto alla situazione nella quale egli si sarebbe trovato se non si fosse verificato l’inadempimento del conduttore, stante il carattere corrispettivo del canone rispetto alla privazione del godimento.
E’ ben vero infatti che, a seguito del rilascio, il locatore recupera la disponibilita’ materiale della cosa e la possibilita’ di goderne, direttamente o dandola nuovamente in locazione a terzi, ma questa nuova situazione di fatto di per se’ non e’ idonea a porre nel nulla il danno, che esiste ed e’ originato dalla alterazione dell’assetto di interessi concordato – in virtu’ del quale il locatore aveva accettato di privarsi del godimento del suo bene ( al cui godimento diretto in ipotesi potrebbe non essere affatto interessato, perche’ proprietario di piu’ immobili o per diverse scelte abitative, e al quale potrebbe assoggettarsi per contro proprio per ridurre il danno) dietro il corrispettivo di un canone mensile che il conduttore si era impegnato a versargli fino alla scadenza del contratto – in conseguenza della violazione degli accordi contrattuali da parte del conduttore che abbandoni la cosa al di fuori del legittimo esercizio di un concordato diritto di recesso.
Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata cassata e la causa rinviata alla corte d’Appello di Firenze in diversa composizione che decidera’ anche sulle spese facendo applicazione del seguente principio di diritto: “Il locatore che abbia chiesto ed ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, ha diritto anche al risarcimento del danno per la anticipata cessazione del rapporto di locazione. L’ammontare del danno risarcibile costituisce valutazione del giudice di merito che terra’ conto di tutte le circostante del caso concreto”.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione che decidera’ anche sulle spese