Illegittimo imporre vincoli di natura legislativa nazionale alle norme comunitarie nonché sottoporre a valutazione VIA tutte le istanze di autorizzazione.
Consiglio di Stato sez. IV, 09/09/2014 n.4566.
Con la decisione sopra riportata, il Consiglio di Stato ha espresso il seguente principio “Ai sensi della direttiva Ce n. 2001/77 e del d.lg. 29 dicembre 2003 n. 387, è illegittimo imporre limiti alla produzione di energia elettrica derivante da fonte eolica sia per via legislativa, in ragione della prevalenza del diritto comunitario su quello nazionale, sia utilizzando il pregiudiziale e sistematico rinvio alla valutazione VIA come strumento di ostruzionismo per rinviare ulteriormente la definizione delle richieste di autorizzazione unica per la realizzazione e l’esercizio di un impianto di energia elettrica di fonte eolica; tale comportamento procedimentale si pone infatti in diretta violazione del favor della normativa europea, emanata anche in relazione agli impegni assunti con il protocollo di Kyoto, per lo sviluppo, l’incremento e la promozione delle fonti energetiche rinnovabili”.
Il caso.
Il Dirigente del Servizio Ecologia della Regione (omissis), con determinazione n. 252 del 28 ottobre 2011 ha disposto di assoggettare a procedura di Valutazione di Impatto Ambientale il progetto relativo ad un impianto di produzione di energia da fonte eolica da realizzare nel Comune di (omissis) denominato “(omissis)” presentato dalla società (omissis).
La società ricorreva al Tar che però respingeva il ricorso.
Da qui l’appello al Consiglio di Stato.
L’appello è stato affidato alla denuncia della “violazione della normativa comunitaria in tema di razionalizzazione delle energie rinnovabili; del D.M. 10 settembre 2010 recante le linee guida nazionali; del d.lgs. n. 387/2003; dell’art. 14 ter, co. 8 della legge n. 241/1990; nonché dell’eccesso di potere per travisamento dei fatti relativamente alla confutazione dei primi otto motivi concernenti i presunti impatti ambientali negativi” e dell’omessa valutazione di molteplici censure.
Secondo il Consiglio di Stato, “premesso che l’imperatività del termine di conclusione va qualificato quale principio fondamentale della materia, essendo il d.lgs. n. 387/2003 ispirato alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità (cfr. Consiglio di Stato Sez. V, sent. n. 1139 del 26-02-2010), non vi sono conseguentemente dubbi che la sottoposizione a VIA costituisca comunque un aggravio temporale nel rilascio dell’A.U. che può essere giustificata solo in presenza dei presupposti previsti dalla disciplina comunitaria in materia. L’eccezione va dunque respinta perché il provvedimento finisce per incidere de facto sul termine dei 180 giorni assegnati per la conclusione del procedimento volto all’emissione del provvedimento autorizzatorio alla produzione di energia da fonti rinnovabili”.
Ancora, secondo il Consiglio di Stato, “i principi fondamentali fissati dal legislatore statale in attuazione della “Direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”, sono consacrati nell’art. 12, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 387 del 29 dicembre 2003, che ha disciplinato il procedimento amministrativo volto al rilascio dell’A.U. per la produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia anche alla luce degli impegni europei conseguenti all’adesione dell’Italia ai protocolli di Kyoto sul contenimento del CO2 ed alle successive integrazioni relative alla limitazione dell’uso dei combustibili fossili e degli idrocarburi. Si tratta, peraltro, di profili che in Italia interferiscono non solo con il piano ambientale, ma anche con quello propriamente economico, data la quasi totale dipendenza in materia di idrocarburi dalle importazioni. In conseguenza, la disciplina legislativa sul procedimento autorizzatorio degli impianti destinati alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ha natura di normativa speciale, informata al canone della massima semplificazione al fine di “… rendere più rapida la costruzione degli impianti di produzione di energia alternativa.. “(cfr. Corte costituzionale da ultimo n. 13 del 28 gennaio 2014). Il sostanziale favor del legislatore comunitario e nazionale, sottolineato anche dal Giudice delle Leggi come limite alla competenza legislativa delle Regioni (cfr. ancora Corte Cost. sentenza n. 224 del 17 ottobre 2012), comporta che il margine di intervento riconosciuto alla Regione non tolleri in alcun modo irragionevoli limitazioni, anche in via di fatto, all’istallazione dei generatori sul territorio regionale (come ad esempio “… la fissazione di un indice massimo di affollamento , il parametro di controllo P”: cfr. anche Corte Cost. sentenza n. 344/2010 del 26/11/2010). Ciò infatti contrasterebbe con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dalla ricordata disciplina statale ed europea (cfr. Corte Cost. sentenza n. 13 cit.). Sotto il profilo procedimentale, si deve sottolineare che esattamente l’appellante ricorda come l’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, tra l’altro, preveda in particolare che l’istanza di autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio dell’impianto (ivi comprese le opere di connessione alla rete elettrica ed ogni altro intervento necessario allo scopo), debba essere definita in un termine che non può essere superiore a novanta giorni, in un procedimento unico al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate e che costituisce titolo a costruire ed esercitare l’impianto. Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all’art. 2, co. 1, lett. c. (cioè impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili o comunque non assegnabili ai servizi di regolazione di punta) possono essere senz’altro ubicati anche in zone classificate “agricole” dai vigenti piani urbanistici tenendo presenti la valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali e rurali. La disciplina dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 cit., in coerenza con le finalità semplificatorie e di concentrazione procedimentale, vede nella conferenza di servizi il modulo procedimentale ordinario essenziale per la formazione del successivo titolo abilitativo funzionale alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili. L’Amministrazione, ai sensi dell’art. 2, L. 7 agosto 1990 n. 241 e dell’art. 12, d.lgs. 23 dicembre 2003 n. 387, ha il dovere di concludere il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica con un provvedimento espresso e motivato nel termine prescritto dalla legge. L’adozione del provvedimento finale è l’oggetto di un preciso obbligo di provvedere gravante sull’Amministrazione (arg. exConsiglio di Stato sez. V 09/09/2013 n. 4473). In tale arco temporale strettamente contingentato, la verifica di assoggettabilità deve avvenire, ai sensi dell’articolo 20 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 e s.m.i. “sul progetto preliminare” , proprio per consentire che l’ulteriore sviluppo dell’iniziativa tenga conto di tutti i suggerimenti e di tutte le modifiche necessarie. In tali casi, il termine massimo per la conclusione del procedimento unico, deve quindi essere computato al netto dei tempi previsti dall’art. 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 per il provvedimento di valutazione di impatto ambientale. Sotto il profilo sostanziale, l’art. 20 del D.lgs. n. 152/2006 prevede che la verifica degli elementi che impongono l’assoggettamento del progetto alla VIA vada fatta con precipuo riferimento agli interventi elencati nell’allegato IV, qualora “… il progetto abbia possibili effetti negativi e significativi sull’ambiente” . I parametri a tal fine rilevanti – di cui all’all. V del d.lgs. n. 152/2006 e s.m.i. “Criteri per la verifica di assoggettabilità di cui all’art. 20 dal 13 febbraio 2008 ” – sono individuati con riferimento rispettivamente: I. alle caratteristiche dimensionali e di cumulo con altri progetti; all’utilizzazione di risorse naturali; alla produzione di rifiuti; all’inquinamento ed ai disturbi ambientali; al rischio di incidenti, per quanto riguarda, in particolare, le sostanze o le tecnologie utilizzate; II. alla localizzazione dei progetti tenendo conto, tra l’altro, dell’utilizzazione attuale del territorio; della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona; della capacità di carico dell’ambiente naturale (zone umide, costiere, montuose o forestali, riserve e parchi naturali, classificate, o protette ecc.); zone a forte densità demografica; zone di importanza storica, culturale o archeologica; III. alle caratteristiche dell’impatto per la grandezza e la complessità dell’impatto, per la probabilità dell’impatto e per la durata, frequenza e reversibilità dell’impatto. In tale direzione è stato affermato in materia di impianti eolici che il ricordato carattere speciale, che è proprio del procedimento di A.U., distingue le valutazioni dell’impatto paesaggistico e ambientale rispetto a quelle ordinarie: di guisa che il modello procedimentale e provvedimentale legittimante l’installazione di siffatti impianti è esclusivamente quello dell’autorizzazione unica regionale, tipizzato espressamente dall’art. 12 d.lgs. n. 387/2003, la cui incidenza altrimenti finirebbe per essere del tutto attenuata (cfr. Consiglio di Stato sez. VI 07/08/2013 n. 4167). La VIA non consiste, infatti, nella mera verifica dell’astratta compatibilità dell’opera ma si sostanzia in un’analisi comparata tesa a valutare il reale sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio-economica, tenendo conto delle alternative praticabili (ivi compresa l’opzione zero). In tale prospettiva, se si tiene conto che la conversione dell’energia cinetica di una massa d’aria, che si muove con una certa velocità in energia meccanica (e poi in elettrica) è una risorsa abbondante, economica, inesauribile, e soprattutto che non immette nessun tipo di sostabientale e paesaggistica, in caso di procedimento per il rilascio del titolo abilitativo funzionale alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti eoliche, debbano ordinariamente essere demandati alla conferenza di servizi (cfr. Consiglio di Stato Sez. VI 27/11/2012 5994)”.
Pertanto – prosegue il Consiglio – “nel caso in esame, non si vuole quindi negare, in linea di principio come vorrebbe l’appellante, la possibilità della Regione di valutare le specifiche esigenze di tutela del paesaggio, della biodiversità, del patrimonio culturale, del paesanze inquinanti né di rifiuti nell’ambiente, appare abbastanza difficile giustificare il rinvio “automatico” alla VIA di tutte le richieste di istallazione di impianti eolici, sull’astratto presupposto della sua eccessiva visibilità. In base al coordinato disposto si cui all’art. 12 per cui ” …rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico” , e all’art. 20 del d.lgs n. 152 per cui l’assoggettabilità alla VIA è necessaria al di sopra della soglia di 1 megawatt (exAllegato 4 alla parte II del d.lgs. n. 152/2006), si deve dunque concludere che le valutazioni della compatibilità amggio rurale, dell’impatto visivo e del paesaggio, dell’impatto acustico, delle interferenze elettromagnetiche e degli impianti di produzione di energia eolica ma si deve affermare che, ai sensi dell’art. 12 co. 7, d.lgs. 29 dicembre 2003 n. 387, e dell’art. 14 del D.M. 10.9.2010, tutti i predetti profili possono – e devono – essere considerati nella competente e tempestiva conferenza dei servizi che deve essere exlege convocata entro 30 gg. dalla presentazione dell’istanza. Nel caso, in particolare, appare dunque evidente come nella conduzione dell’istruttoria de quo la Regione abbia assolutamente disatteso le esigenze di semplificazione e di sollecitudine nella definizione del provvedimento finale”.
“In conclusione – afferma il Consiglio di Stato – la decisione di avviare il progetto a VIA a quasi cinque anni dalla presentazione dell’istanza di autorizzazione di un impianto eolico, nel caso in esame, appare ex se alquanto pretestuosa in linea generale e ciò proprio in relazione alle singole argomentazioni addotte nel provvedimento (…).”
Dall’esame della decisione possiamo accorgerci come lo Stato si disperda, a volte, in iter burocratici inconferenti.
Chi vuole impiantare un’attività nuova, che crea ricchezza per tutti, dovrebbe, per ciò solo, non essere ostacolato.
Chi vuole impiantare un’attività nuova, che crea ricchezza per tutti, e tale attività mira a tutelare e rispettare l’ambiente, dovrebbe, soprattutto per questo, non solo non essere ostacolato, ma essere aiutato.
Qui il testo integrale della sentenza (Consiglio di Stato 9_9_2014_4566)
Puoi collegarti da qui al sito del Ministero dell’ambiente.
Avv. Filippo Pagano (f.pagano@clouvell.com)
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